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La Madonna orante nell'affresco della chiesa di San Giorgio a Mandello. |
Un pomeriggio dedicato alla Madonna del latte e ai canti di ispirazione mariana alla vigilia della festa dell’Annunciazione. Si terrà oggi a Mandello Lario presso il Santuario della Beata Vergine del fiume e prevede alle 15 un incontro con Roberto Pozzi, appassionato cultore di storia locale, che accompagnerà i presenti in un percorso iconografico sul tema “La Madonna del latte da protettrice delle madri a simbolo del Dio fatto uomo”. All’incontro seguirà un rinfresco. Alle 17 la mandellese Linda Spandri proporrà una serie di canti popolari italiani di ispirazione mariana.
Sul tema oggetto dell’incontro di oggi pomeriggio pubblichiamo di seguito uno scritto a firma di Roberto Pozzi.
L’immagine della Madonna del latte è stata per secoli venerata nella chiesa di Debbio, a Mandello Lario, non soltanto dalle madri che invocavano la protezione della Vergine per avere un parto sereno e un allattamento immune da infezioni, ma anche da molte altre persone in momenti tragici della loro esistenza, come testimoniato dai numerosi ex voto, una piccola parte dei quali è stata raccolta nel museo di arte sacra di Mandello. Questo ci segnala che l’immagine nasconde significati occulti.
Per comprendere in profondità questi significati occorre seguire passo dopo passo l’evoluzione dell’iconografia mariana e così rendersi conto di come si è verificata una trasformazione della rappresentazione - quindi del culto e della devozione - di Maria madre di Dio a Maria mamma di un bambino. La tappa finale di questo lungo percorso ha consentito di identificarsi con maggiore autenticità con la gioiosa novella di un Dio che, diventando uomo, ha voluto salvare l’umanità.
Questa evoluzione dell’iconografia della Madonna ha consentito di esprimere con sempre maggior chiarezza il misterioso evento definito in termini teologici “l’incarnazione del Verbo di Dio” o, detto in altra maniera, l’umanizzazione di Dio che decide di inaugurare una nuova umanità e dare avvio a quello che chiamiamo, con un linguaggio politico usato dallo stesso Gesù, il regno di Dio.
Le prime immagini affrescate nelle catacombe e su oggetti liturgici mostrano Maria orante/interceditrice. La Madonna è in piedi con le mani alzate in preghiera. Successivamente appare la Madonna in trono, seduta con in braccio il bambino benedicente: è la Madonna-matrona, la Madonna che riveste il ruolo di imperatrice. In questo modo i cristiani hanno voluto sottolineare la sua maternità divina e la sua grandezza - cantata nel Magnificat - di madre del Salvatore. In queste raffigurazioni il Bambino non mostra nessun segno di umanità ed è già diventato un “piccolo” Cristo presentato nella sua missione.
Le sempre frequenti epidemie del Medioevo portano i committenti e gli artisti di quel tempo a una nuova iconografia, la Madonna della misericordia. Maria viene rappresentata come un’imponente figura di donna che accoglie sotto il suo ampio mantello i fedeli, soprattutto i più deboli. In altre versioni di questo soggetto si vede la Madonna seduta in trono con in braccio il bambino e alle sue spalle una schiera di angioletti svolazzanti che sorreggono un ampio mantello per riparare l’umanità dall’ira di Dio che invia frecce (la peste).
Queste Madonne rendono visibile il ruolo di interceditrice di Maria sotto il cui presidio si mettono i fedeli. Da questa rappresentazione si passa, sempre nel medesimo periodo, alla Madonna dell’umiltà. Maria scende dal trono e si avvicina ai fedeli, sedendosi direttamente sull’humus, sulla terra come simbolo della fragilità umana. Maria non è solo la madre di Gesù, ma diventa anche nostra sorella.
Questa visione apre il passo alle rappresentazioni delle Sacre famiglie, i cui tre personaggi assurgono anche a modelli per donne, uomini e bambini. Si passa dalle grandi pale d’altare o ai tondi di illustri pittori per salotti signorili alle numerose stampe che troneggiavano ancora fino al secolo scorso sopra i letti dei nostri antenati. Sempre in questo periodo - fine Medioevo e inizio dell’Umanesimo e del Rinascimento - evolve un’altra classica rappresentazione del mistero dell’incarnazione/umanizzazione di Dio.
Nei primi secoli del cristianesimo sia l’arte bizantina sia quella che sfocia nel Romanico rappresentano l’incarnazione con la Madonna del parto: la puerpera è distesa in riposo accanto al neonato secondo le modalità consuete e universali di ogni parto naturale. L’accento è posto sull’evento soprannaturale sottolineato a volte dalla presenza di Dio padre, dello Spirito e degli angeli. Verso il Trecento emerge però una nuova Natività, che da allora diverrà vincente. In essa si vede la puerpera perfettamente ristabilita e già inginocchiata in adorazione del figlio, spesso con Giuseppe in ombra. In queste natività si fondono gli elementi divini con quelli umani: il bimbo sprigiona luce divina e la Madonna contempla e adora suo figlio come salvatore dell’umanità ma dal suo volto si percepisce l’affetto umano della madre che coinvolge emotivamente il devoto, intenerendo il suo cuore.
A ogni modo anche in queste raffigurazioni prevale la volontà di rappresentare il divino. Solo con Giotto, che per la prima volta nella sua Maestà aveva dipinto Maria come vera donna madre, si inaugura, nel riquadro della Natività nella cappella degli Scrovegni, una decisiva svolta psicologica e comportamentale della relazione umanizzata in quello sguardo totalizzante ed empatico che vibra nell’aria tra la madre e il bambino.
Da questi due filoni - le Sacre famiglie e la nuova Natività - si sviluppa ulteriormente l’umanizzazione di Maria e del pargolo suo figlio attraverso una serie di iconografie note come la Madonna del colloquio e dello sguardo, che mettono in luce principalmente la relazione madre-figlio.
Questo doppio percorso trova la più autentica umanizzazione con la Madonna del latte, merito dei fratelli Lorenzetti, pittori senesi. Questa rappresentazione avrà un’immensa fortuna sia nelle grandi pale di cattedrali o cappelle dedicate alla Vergine sia nella devozione popolare che vorrà affrescare questo soggetto nei santuari - vedi il ì piccolo santuario di Debbio - ma anche sui muri dei borghi per sentire più vicina la sua protezione.
Con il pathos interiore armonicamente espresso dai due fratelli Lorenzetti la pittura giungerà, poco prima della scultura, a questa scena che evidenzia e celebra la qualità umana dei due personaggi divini - madre e figlio - e si propone di coinvolgere emotivamente i devoti fino a una identificazione sentimentale con l’immagine rappresentata. Si ha così una più intima rappresentazione con l’intento di accrescerne l’effetto e la carica devozionale. In questa nuova iconografia appare emblematica una dimensione religiosa che da sacralità antica e aulica sfocia in una quotidianità rassicurante che consente ed esprime investimenti affettivi emergenti concettualmente sempre presenti ma iconograficamente sino ad ora sempre assenti.
Questa rappresentazione dell’umanizzazione di Maria e di Gesù prosegue con molteplici altre iconografie note come Madonna dello scollo / del solletico / del cucchiaio / della pappa, dove Maria è raffigurata come una comune madre del popolo e il bambino Gesù come un normale bebè come tutti i bambini del mondo.
Questa modalità di presentare il rapporto tra Maria e Gesù registra un brusco arresto con il Concilio di Trento e il movimento di Controriforma nella Chiesa cattolica promosso e realizzato sul nostro territorio da Carlo Borromeo. Cosa è successo? Il seno che nell’antichità era simbolo di fertilità - dall’egizia Horus alla Diana romana - e che nel primo millennio e mezzo di cristianesimo era considerato fonte di vita attraverso l’allattamento, ora dal Seicento in poi viene visto come emblema di attrazione sessuale e di lussuria. Perciò è da nascondere.
Agli artisti viene imposto di rappresentare solo immagini ed eventi che facciano riferimento ai libri della Bibbia e che rifiutino qualsiasi suggerimento proveniente da libri apocrifi. Federico Borromeo scriverà nel capitolo De nudo della sua De pictura sacra: “Si ritiene sconveniente effigiare il divino infante poppante in modo da mostrare denudati il seno e la gola della Beata Vergine”.
A motivo di queste proibizioni i pittori evitano di dipingere Madonne del latte e solerti pastori si affrettano a far abbottonare le camicette delle Madonne che allattano, come è avvenuto alla nostra di Debbio. Soltanto più tardi queste effigi sono state riportate alla loro originale versione.
Da qui l’iconografia mariana si sviluppa raffigurando le immagini di Maria che esaltano i suoi privilegi come l’Immacolata - la Madonna di Lourdes - e l’Assunta, assieme alla Vergine dei dolori e alla Vergine sotto la croce, come nelle nostre chiese di San Zeno e della Madonna del fiume. Soltanto recentemente, dopo il Concilio Vaticano II, si inaugura una nuova iconografia che presenta Maria come nostra sorella e madre di un bambino.
A conclusione rispondiamo alla domanda iniziale: perché la Madonna del latte ha esercitato un fascino particolare sulla popolazione ed è presente sul nostro territorio non solo nel nostro santuario di Debbio ma in molti altri santuari, in molte chiese e cappelle? La Madonna del latte è la raffigurazione che simbolicamente meglio rappresenta l’umanizzazione del nostro Dio perché nell’allattamento si ricompone l’unità tra madre e figlio spezzata quasi violentemente nell’atto del parto e si stabilisce una nuova relazione in cui la madre continua a nutrire il figlio traendone una sua gratificazione e il figlio gioisce aggrappandosi al seno della madre e guardandola negli occhi.
Invocando la Madonna del latte il devoto riesce a mettersi in contatto con il Dio che si è fatto conoscere nell’umanità di un uomo, nel bimbo Gesù che si nutre dalla madre e che da grande lotterà per migliorare le relazioni umane, difendere la libertà di ogni persona. Così lo ricordavano i primi cristiani: “Egli è andato dappertutto facendo del bene e guarendo tutti coloro che erano sotto il dominio del diavolo, perché Dio era con lui” (Att. 10,38).
Per questo il devoto percepisce in questa immagine la presenza divina che libera l’uomo da tutto ciò che si oppone alla vita - il diavolo - come molto concretamente si può osservare negli eventi raffigurati negli ex voto del santuario di Debbio, cioè malattie, incidenti mortali, disgrazie, conflitti.
Roberto Pozzi
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