02 gennaio 2025

Ritratti mandellesi. La “Lucia dèj giurnaj”, nella sua semplicità un esempio di amore per gli animali

Dal presepe "de Mandèl bass" allestito alla Canottieri Moto Guzzi di Mandello Lario un altro ritratto, quello di Lucia Bartesaghi:

Questa donna, la “Lucia dèj giurnaj”, è rimasta nella memoria di molti perché aveva l’edicola in Contrada Rubaconte, al lago. Un piccolo locale dove ci si fermava volentieri a fare due chiacchiere, sia quando c’era soltanto lei o suo fratello, èl Giuanén, sia più tardi quando, ormai anziana, si faceva aiutare da Giancarlo Balatti e dai suoi fratelli Sergio e "Vandrino".

Era semplice, la Lucia Bartesaghi. Le donne del vicinato, pur bonariamente, avevano sorriso di lei quando avevano scoperto che, vestendosi, prima si infilava la maglietta dell’intimo, poi la sottoveste e soltanto a quel punto, in terza posizione, il reggiseno. Evidentemente pensava che la sua funzione fosse quella di aumentare un po’ le curve, il che per lei, minuta e magrissima, non era male.

Ma le stesse che di lei allora hanno diffuso questa informazione sarebbero state capaci di risolvere un problema non da poco in cui una volta lei si imbatté? Pensando in particolare a qualcuna di loro, non ne sarei così certa. Dunque, il circolo Acli di Mandello, se ricordo bene, o la parrocchia, aveva organizzato una gita di un giorno a Venezia, in pullman. Anche lei faceva parte della comitiva. Ma presto, appena giunti in laguna, tra una calle e l’altra, tra un vaporetto e il successivo, forse anche per le sue difficoltà nel camminare la Lucia era rimasta indietro e aveva perso il gruppo. Quando gli organizzatori se ne accorsero, ormai era fatta: impossibile ritrovarla in zona.

Non so cosa abbiano fatto in quel di Venezia per tentare di ritrovarla, per segnalare il disguido. So però per certo che la sera, quando il pullman fu di ritorno a Mandello e qualcuno corse a casa della Lucia, se non altro per riferire il tutto a suo fratello, èl Giuanén, la trovarono che dormiva tranquillamente. Senza ricorrere alle forze dell’ordine, era riuscita a raggiungere da sola la stazione ferroviaria di Venezia Santa Lucia e a tornare a Mandello. Tanto per aggiungere una nota personale, di confronto con lo spirito di iniziativa della Lucia, io prima dell’avvento dei cellulari avendo perso di vista, in una città straniera da overtourism mio marito e mia figlia Marta, scoraggiata mi ero seduta su una panchina, piangendo addirittura. Nonostante, mi pare di poter dire, per certi aspetti fossi più attrezzata di lei.

Per molti altri di Mandèl bass lei è stata anche “la Lucia dei gatti”, tanti erano quelli che teneva in casa, puliva, accudiva - spesso aiutata da mio papà, soprattutto quando si trattava di liberarli dalle pulci o di medicare qualche loro ferita - e nutriva. Ricordo di essere capitata più volte a casa sua, all’ora del pranzo o della cena, e di averla vista seduta al tavolo consumando direttamente dalla carta del salumiere qualche fetta di prosciutto. Accanto a lei, allo stesso tavolo, due o tre mici, ognuno col muso nel proprio pacchetto.

E un’altra immagine affiora dal passato. Mi pare ancora adesso di vedere le sue mani accarezzare, con leggerezza, il pelo di un gatto rossiccio, piuttosto che di uno nero o, ancora, di uno tigrato. E di essermi allora chiesta come potessero quelle mani, rattrappite, che all’edicola faticavano a raccogliere le monete per darti il resto, essere così carezzevoli con i gatti. Nel 2016, diversi anni dopo la morte della Lucia, in un’udienza papa Francesco avrebbe detto: “La pietà non va confusa neppure con la compassione che proviamo per gli animali che vivono con noi; accade, infatti, che a volte si provi questo sentimento verso gli animali, e si rimanga indifferenti davanti alle sofferenze dei fratelli. Quante volte vediamo gente tanto attaccata ai gatti, ai cani, e poi lasciano senza aiuti il vicino, la vicina che ha bisogno… Così non va”.

Dobbiamo pensare che la “Lucia dèj giurnaj”, o dei gatti che dir si voglia, si sarebbe meritata questo rimprovero dal papa? A me pare di no, non tanto perché dei gatti lei aveva anche bisogno per riempire la sua solitudine, ma soprattutto perché nel suo cuore c’era posto, eccome, anche per le persone.

So con certezza che aiutava la Zaira, una sordomuta che abitava sul suo stesso pianerottolo, che aveva risolto il problema della disponibilità della casa a un’altra anziana, che cercava di assecondare i desideri di vicini e conoscenti. Io, per esempio, ho ancora in casa, pur se con altra funzione, un tavolino da lavoro femminile che lei mi aveva inaspettatamente donato, quasi sessant’anni fa, perché apprezzava che, poco più che bambina, mi dedicassi, come allora si usava, al ricamo. Da una mia amica ho appena saputo che, sempre in quei lontani anni Sessanta la Lucia, se non vendeva tutte le copie di “Mani di fata”, ne ritagliava la copertina per il reso, e le regalava la rivista, anche nel suo caso per sostenerla nelle attività femminili.

E allora non solo, come scrive Dostoevskij, “la bellezza salverà il mondo”, anche l’amore salverà il mondo, purché non rivolto esclusivamente agli animali. Come ci ha insegnato la Lucia.

Adriana Lafranconi

Nessun commento:

Posta un commento