(fotoservizio Roberto Brembilla)
In molti si sono ritrovati ieri alla Montagnetta di Fiumelatte per ricordare i partigiani di Rancio e del Lago trucidati 80 anni fa. Era la mattina dell’8 gennaio 1945 quando i fascisti delle brigate nere, simulando un attacco, fecero scendere i sei partigiani dal camion che li stava traducendo a Como e li fucilarono. Vittime furono: Carlo Rusconi, nato nel 1920 a Vendrogno, Ambrogio “Lupo” Inverni, nato nel 1914 a Bellano, Domenico Pasut, nato nel 1922 a Mandello Lario, Giuseppe Maggi, nato nel 1924 a Lecco, Virgilio Panzeri “Ciccio”, nato nel 1924 a Lecco, e Carlo Bonacina nato nel 1921 a Lecco.
Una celebrazione sentita che ha visto la partecipazione del viceprefetto Marcella Nicoletti, dei sindaci Mauro Manzoni di Varenna e Riccardo Fasoli di Mandello Lario, dei consiglieri comunali Franco Redaelli di Bellano e Alberto Anghileri di Lecco, dei rappresentanti dell’Anpi provinciale e delle sezioni “Lario orientale” e di Rancio e delle associazioni d’arma, oltre che del comandante della stazione Carabinieri di Bellano maresciallo Gennaro Cassano e del parroco di Varenna. Presenti anche Eros e Nikos Maggi, nipoti di Domenico Pasut, uno dei partigiani uccisi, rappresentanti dell’Ana di Varenna, dell’Associazione nazionale carabinieri di Calolziocorte e dell’Associazione Famiglie caduti e dispersi in guerra.
Nel ricordare i partigiani, il rappresentante dell’Anpi ha ricordato come la violenza e i disvalori costruiti nel ventennio dal regime fascista si basino su un’idea sbagliata della convivenza umana, quella in cui esistono uomini e sottouomini, sommersi e salvati, in cui il diritto della forza prevale sulla forza del diritto.
“Il sacrificio di questi uomini ha contribuito alla nostra libertà - ha ricordato nel suo intervento il sindaco di Varenna, Mauro Manzoni - che ciascuno di noi oggi può assaporare. Noi abbiamo il privilegio di poter ricordare e trasmettere la gratitudine a questi uomini e allo stesso tempo il compito di trasmettere i valori della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà ai giovani d’oggi”.
Ha poi aggiunto: “Mi chiedo: quali sono i valori a cui la gente di oggi fa riferimento? Da quale speranza sono mossi gli uomini e le donne del nostro tempo? Per cosa sarebbero disposti oggi a dare la vita? Abbiamo un ideale che ci trascende e che dà senso alle nostre vite? Questi sei uomini uccisi ci rammentano che le vite guidate da un ideale nobile come era il loro emanano una grande luce e rischiarano i nostri cammini, disseminati a volte di stanchezze, delusioni e inciampi. Le notti della storia sono state innumerevoli e sono diventate, in alcune circostanze, tenebra fitta a causa della mancata vigilanza di molti di fronte a certi piccoli segni di barbarie che avanzavano sotto traccia nelle società e che non si sono voluti vedere e denunciare per tempo”.
Parole confermate anche dal viceprefetto Marcella Nicoletti, la quale ha ricordato l’importanza di trasmettere ai giovani i valori di libertà che hanno mosso i partigiani.
Le celebrazioni per gli 80 anni dell’eccidio alla Montagnetta di Fiumelatte erano iniziate sabato sera nella sala polifunzionale di Varenna con “CantaResistenza”: 35 valsassinesi e non soltanto coinvolti nel laboratorio ideato per trasmettere canti e emozioni, con esibizioni che prima si sono svolte a Pasturo, Barzio e Bellano, utilizzando le canzoni come strumento di espressione diretto e immediato. Si è voluto così ricordare la storia, la vita e le emozioni con canti dei partigiani e letture di poesie di David Maria Turoldo.
La cerimonia di ieri si è conclusa con la lettura di una poesia di David Maria Turoldo da parte del sindaco Manzoni dedicata ai combattenti della Resistenza dal titolo “Ritorniamo ai giorni del rischio”. Questo il testo: Torniamo ai giorni del rischio, quando tu salutavi a sera senza essere certo mai di rivedere l’amico al mattino. E i passi della ronda nazista dal selciato ti facevano eco dentro il cervello, nel nero silenzio della notte. Torniamo a sperare come primavera torna ogni anno a fiorire. E i bimbi nascano ancora, profezia e segno che Dio non s’è pentito. Torniamo a credere pur se le voci dai pergami persuadono a fatica e altro vento spira di più raffinata barbarie. Torniamo all’amore, pur se anche del familiare il dubbio ti morde, e solitudine pare invalicabile.
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