Il sacerdote mandellese morto lo scorso 1° novembre parlò nel 2021 della religiosa uccisa a Chiavenna in un incontro online del vicariato di Torno e Bellagio: “Noi dobbiamo guardare alla luce che la religiosa ha evidenziato con il suo coraggio e la sua fede, illuminata dalla perla del perdono”
Monsignor Ambrogio Balatti (1940-2024). |
(C.Bott.) “Sono stato l’ultima persona amica a incontrare suor Maria Laura pochi minuti prima che fosse uccisa. Mi aveva spiegato il motivo per cui quella sera sarebbe uscita dall’istituto. Era molto attiva, buona, dinamica, gracile ma determinata e attenta ai bisogni del prossimo. Era molto vicina alle mamme, ai bambini e si occupava anche delle persone povere che andava a trovare. La sua è stata una testimonianza indimenticabile”.
Era l’aprile 2021 e un paio di mesi dopo la religiosa originaria di Colico assassinata da tre ragazze la sera del 6 giugno 2000 a Chiavenna sarebbe stata beatificata da papa Francesco. Don Ambrogio Balatti, che proprio a Chiavenna fu arciprete dal 1994 al 2016, parlava così in un incontro online organizzato dal vicariato di Torno e Bellagio. Ricordava quei drammatici giorni di ventun anni prima e descriveva lucidamente la figura di suor Maria Laura Mainetti, a partire da alcuni pensieri sul mistero dell’incarnazione del Signore che hanno guidato il cammino dell’esistenza della stessa religiosa anche nel momento del suo sacrificio.
Don Ambrogio, morto lo scorso 1° novembre a Mandello Lario all’età di 84 anni, tornava innanzitutto alla sera del 3 giugno del 2000, quando la religiosa della congregazione delle "Figlie della croce" era stata contattata telefonicamente da una ragazza che aveva detto di chiamarsi Erica e che le aveva manifestato il suo disagio per essere stata violentata e in seguito abbandonata dai suoi familiari. “Quella giovane le aveva chiesto un appuntamento in un parco di Chiavenna accanto alla stazione ferroviaria - affermava il sacerdote - La suora incontrò la ragazza, che appariva triste e addolorata per ciò che le era accaduto. Stabilirono di rivedersi di lì a qualche giorno. Suor Maria Laura me lo raccontò la sera del 5 giugno dopo un incontro in sala parrocchiale”.
Il 6 giugno Erica contatta nuovamente la religiosa. Viene fissato un altro incontro tra loro ma prima di lasciare il suo istituto suor Maria Laura informa don Ambrogio e lo prega di raggiungerle “per un giro di controllo”, indicandogli il luogo dove si sarebbero incontrate. “Mi disse che si sarebbero viste in piazza Castello - spiegava l’ex arciprete - Io uscii in bicicletta ma incontrai la religiosa in un’altra via. Lei mi disse che aveva già incontrato la giovane, la quale aveva accettato di recarsi quella sera stessa nel suo istituto. Ci siamo lasciati convinti entrambi che tutto sarebbe andato per il meglio. Purtroppo così non è stato”.
Nel racconto di don Ambrogio c’è posto per la telefonata ricevuta il mattino successivo dal comandante dei carabinieri che lo informava del ritrovamento in via Poiatengo di una donna morta. “Sono uscito in bicicletta - spiegava - ho raggiunto quella via e mi sono subito reso conto che si trattava di suor Maria Laura”.
Quindi le prime supposizioni, i primi sospetti, a partire dall’ipotesi che a uccidere la suora potesse essere stato il presunto violentatore della ragazza. E, al termine delle indagini, la terribile verità dell’assassinio compiuto da tre amiche minorenni per un rito satanico. “Su di me come su tutta la comunità di Chiavenna - affermava don Ambrogio - calò un grande buio. Tutti a domandarsi: ma perché, perché l’hanno fatto?”.
Poi, a conclusione del suo dettagliato racconto, una serie di riflessioni su suor Maria Laura: “Io da subito, prima ancora delle ammissioni delle ragazze, avevo pensato che quella suora era una martire. Era uscita per incontrare una persona che chiedeva aiuto e ha incontrato la morte. Il suo è stato un martirio di carità. Lo dissi anche all’allora vescovo di Como monsignor Alessandro Maggiolini, che dopo aver saputo che suor Maria Laura aveva anche perdonato chi la stava uccidendo invitò le religiose della congregazione a “investigare” sulla sua vita personale e spirituale per conoscere il cammino da lei compiuto, nella convinzione che il martirio non si improvvisa e che non si può trovare il coraggio di perdonare se non si è preparati”.
“Quello di suor Maria Laura non fu soltanto un delitto - aggiungeva don Ambrogio - Certo, ci sono molte tenebre ma c’è anche tanta luce. Suor Maria Laura è una martire. Non è stata uccisa per vendetta, è stata uccisa perché era credente, perché era buona e aveva fatto soltanto del bene, quindi una martire per la fede”.
E ancora: “Noi dobbiamo guardare alla luce che suor Maria Laura ha evidenziato con il suo coraggio e con la sua fede, illuminata dalla perla del perdono. Invochiamo allora la sua protezione sulle famiglie, sui giovani. E non dimentichiamo che quelle ragazze sono cadute per così dire anche in una contraddizione: con il loro gesto volevano dimostrare la superiorità del male sul bene ma perché il loro progetto potesse andare in porto dovevano trovare una persona realmente buona, una persona che incarnasse la bontà e suor Maria Laura era esattamente così. E alla fine a trionfare è stato l’amore”.
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