Il vescovo Oscar Cantoni: “Era un mite e la mitezza è la viva immagine di Cristo buon pastore”. Don Vittorio Bianchi, suo compagno di messa: “Era il mio riferimento costante specie a livello teologico ed era un uomo saggio”. Il sindaco di Chiavenna: “Grazie don Ambrogio per tutto quello che hai fatto e ricorda, non hai nulla da farti perdonare”
(C.Bott.) “Don Ambrogio è stato chiamato dal Padre alla pienezza della vita in un giorno speciale, in una data molto significativa per noi cristiani, quella in cui la Chiesa festeggia tutti i santi e manifesta la sua gioia per tanti nostri fratelli e sorelle che godono già della visione di Dio e partecipano dei suoi beni. E ad accompagnare il viaggio di purificazione di don Ambrogio si è certamente interposta la beata suor Maria Laura, alla quale era strettamente legato e che quotidianamente invocava, perché il suo martirio l’ha direttamente coinvolto in prima persona”.
Il cardinale Oscar Cantoni ha introdotto stamattina con queste parole la sua omelìa ai funerali di don Ambrogio Balatti, morto a Mandello Lario all’età di 84 anni. In tanti si sono ritrovati per l’ultimo saluto a un sacerdote che ha svolto il suo ministero “con semplicità e con gioia, nel generoso dono di sé, senza risparmio alcuno, in un pieno e totale coinvolgimento”. “Sapeva accogliere le persone con generosa disponibilità e con una grande affabilità - ha ricordato il vescovo di Como - unite a una ponderata saggezza”.
C’era anche monsignor Dante Lafranconi, vescovo emerito di Cremona, compagno di messa di don Ambrogio, all’altare della chiesa parrocchiale del Sacro Cuore. E c’erano settanta sacerdoti.
Inevitabile e doveroso, nell’omelìa del cardinale Cantoni, il ricordo di suor Maria Laura Mainetti e di ciò che la religiosa uccisa a Chiavenna una sera di giugno del 2000 costituiva per il sacerdote mandellese. “Si commuoveva profondamente e fino alle lacrime, don Ambrogio, parlando di lei - ha detto il prelato - e ricordava con ammirazione il suo tratto di bontà e tenerezza nei confronti di tutti, in particolare dei giovani e dei poveri. Ne esaltava le sue molteplici virtù, ammirato dal suo gesto di perdono che le ha consentito di affrontare il martirio con animo sereno”.
Poi il riferimento al cammino sacerdotale di don Ambrogio: “Tutta la sua vita è stata un crescendo continuo, arricchito dalle responsabilità sempre più impegnative e coinvolgenti che gli sono state affidate: da vicario parrocchiale a Cadorago a parroco prima di Pognana poi di San Rocco in Como, da insegnante di religione a rettore del Seminario e a parroco di Chiavenna San Lorenzo per ben 22 anni. Per concludere qui a Mandello in un servizio pastorale in piena collaborazione con sacerdoti e fedeli”.
Parlava delle beatitudini, il Vangelo odierno di Matteo. E il vescovo ha accostato a don Ambrogio in particolare la beatitudine della mitezza, “la virtù dei forti capace di definire la profondità di una persona”. “Sappiamo bene - ha evidenziato il cardinale - che la mitezza può essere interpretata dalla mentalità odierna come un segno di debolezza o di mancanza di coraggio, quando invece è frutto di un lento e non comune cammino ascetico che permette di esercitare in sommo grado la pazienza e non si lascia condizionare dalle reazioni negative di quanti vorrebbero prevalere con ogni mezzo”.
“La mitezza è di chi non avanza pretese di dominio nei confronti degli altri - ha aggiunto - è la viva immagine di Cristo buon pastore. L’intera sua missione è avvenuta in un clima di rispettosa discrezione, senza imporsi a nessuno. Don Ambrogio sapeva avvicinare le persone con grande amabilità. In lui era assente ogni spirito polemico o di parte. Era mite con tutti, anche quando era chiamato a interventi di autorità”.
Quindi il passaggio conclusivo della sua omelìa: “Caro don Ambrogio, ti ringrazio per il tanto bene che hai distribuito lungo il tuo lungo e fecondo ministero, con il quale hai onorato la nostra diocesi, che a sua volta ti riconosce come uno dei suoi figli più virtuosi e stimati. L’hai amata teneramente e l’hai servita senza nulla pretendere in cambio. Dio ti ricompensi per le tue fatiche apostoliche e ti ammetta a lodarlo in eterno in compagnia fraterna e gioiosa con la beata suor Maria Laura e con i tanti sacerdoti e laici che hanno lavorato con te nella vigna del Signore”.
Al termine del rito eucaristico è stato don Vittorio Bianchi, ordinato lo stesso giorno, lo stesso mese e lo stesso anno di don Ambrogio, a ricordare quanto viva e stabile sia stata la presenza dell’amico ex arciprete di Chiavenna nella sua esistenza e nel suo cammino sacerdotale. “Era il mio riferimento costante - ha detto - specie a livello teologico ed era un uomo saggio e mite. Da lui tutti trovavano una porta aperta e negli ultimi tempi della sua vita terrena ha anche saputo accogliere la solidarietà umana”.
Prima della conclusione del rito funebre è stato il vescovo Dante Lafranconi a manifestare la certezza che “ora per don Ambrogio si compie ciò che lui ha chiesto: godere per sempre della gloria del Signore in paradiso”.
Il sindaco di Chiavenna, Luca Della Bitta, ha voluto ricordare don Ambrogio rivolgendosi idealmente proprio a lui. “Nei lunghi anni del ministero sacerdotale svolto presso la nostra comunità - ha affermato - abbiamo apprezzato la tua capacità di ascolto e la tua discrezione. Grazie per tutto quello che hai fatto e ricorda, non hai nulla da farti perdonare, neppure ripensando a quel 6 giugno di 24 anni fa. Sei stato invece un protagonista di un progetto tragico per l’uomo e luminoso per Dio”.
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