(C.Bott.) In un incontro con Christel Naveau il ricordo di Herman Haudenuyse, morto nel 2012, che sul tetto della sua casa aveva ricostruito con le tegole colorate la scritta “Moto Guzzi” e che ogni anno in sella sua motocicletta era solito raggiungere Mandello Lario per incontrare gli amici. Una storia d’amore per l’Aquila e per Mandello. Sì, soltanto una delle storie raccontate e rivisitate in questi giorni di motoraduno internazionale allo “Square Art Center / Lake Como” in via Volta.
Tanti spazi informativi, tante occasioni per efficaci scambi culturali. E tante emozioni. Giuseppe Caleffi, presidente della casa museo “Antonio Ligabue” di Gualtieri, ha spiegato - attraverso le testimonianze dirette della propria famiglia, che aveva ospitato l’artista - chi era veramente quel grande pittore e scultore del quale è stata esposta la sua Guzzi Sport 14 del 1930. Curiosità, testimonianze e aneddoti utili per riscrivere e approfondire il vero Ligabue.
Interessante anche il dialogo con Rosandro Cattaneo, mandellese, appassionato fotografo del reportage sul motoraduno del 1991, che ha riscosso un bellissimo successo. Una memoria condivisa da tutti gli intervenuti. Fiorenza Longoni, 92 anni, una vita accanto a Umberto Todero, componente con Giulio Cesare Carcano ed Enrico Cantoni dello storico staff tecnico a cui si devono alcune tra le più prestigiose “due ruote” della Moto Guzzi, ha ricordato l’operato del marito, mentre Alis Agostini, figlia dell’indimenticato Duilio, ha narrato le donne della Guzzi.
C’era anche Lorenzo Simonazzi, figlio del proprietario del garage di Gualtieri dove Ligabue acquistò le sue Guzzi. E c’era come detto Giuseppe Caleffi, direttore e fondatore insieme alla moglie, Gilda Sassi, della casa museo di Gualtieri e autore del libro Antonio Ligabue e il mondo piccolo.
“Il comitato organizzatore del motoraduno - afferma Emiliana Longoni, curatrice dell’iniziativa unitamente al marito Gastone Turrin - ci è stato vicino in tutti questi giorni e ci ha efficacemente supportato. Merita quindi un grande ringraziamento”. “Sono stati giorni intensi - aggiunge - ma ne è valsa la pena averli vissuti. Siamo tutti rimasti molto colpiti dalla visita di una persona non vedente con il proprio accompagnatore. Simonazzi ha voluto che quella persona toccasse la motocicletta appartenuta a Ligabue, mentre il suo amico spiegava. Toccando la targa ha decifrato i numeri. Eravamo tutti emozionati nel vedere quanto grande fosse la sua gioia appunto nel toccare quella moto”.
C’era anche Fulvio Baratti, affermato pittore reggiano, giunto sul Lario con la valigia di Antonio Ligabue. Sì, anche questo è motoraduno.
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