Il “caso Enzo Tortora” approda al Festival della letteratura di Mandello Lario. Questa sera alle 21 (ingresso libero) al teatro comunale “Fabrizio De André” di piazza Leonardo da Vinci verrà infatti rappresentato “Nell’occhio del labirinto”, spettacolo scritto e diretto da Chicco Dossi e interpretato dal giovane e talentuoso Simone Tudda, che va oltre la rievocazione storica penetrando nella psicologia del condannato innocente.
Al popolare conduttore, giornalista e autore televisivo si lega come noto il clamoroso caso di malagiustizia di cui fu vittima (fu accusato di gravi reati, incarcerato e nel 1986 assolto dalla Corte d’Appello con sentenza confermata l’anno successivo dalla Cassazione).
Nello spettacolo in scena stasera l’autore indaga e si accorge di accuse mosse senza nessuna prova, di magistrati smaniosi di arrestare il “nome grosso”, che non leggono gli atti dei processi, di blitz antimafia venduti alla stampa ancora prima che avvengano. Il tutto ai danni di un uomo totalmente estraneo ai fatti e non associato in alcun modo agli ambienti camorristici.
Il caso Tortora è l’esempio lampante di come la manipolazione delle informazioni affondi le sue radici ben più indietro nel tempo rispetto ai giorni nostri: testate autorevoli e firme di tutto rispetto hanno contribuito a questa grottesca macchina del fango basata su “pettegolezzi giudiziari”, fiumi di calunnie imperniate sul “sentito dire”, cacce grosse allo scoop più bieco per dipingere una persona onesta come un mostro dalla doppia faccia: quella del presentatore che intrattiene le famiglie sulla Tv di Stato e quella del malavitoso capace di spostare milioni di lire e chili di cocaina.
La storia di Tortora è anche quella di un uomo che, dall’alto della sua posizione di personaggio pubblico, decise di farsi portavoce di una battaglia che non aveva colore politico: quella della giustizia giusta.
Il monologo di Tudda, segnalato al Premio Hystrio 2021, si dipana in una narrazione continua dove i dati sono sempre raccontati in maniera essenziale e si alterna tra la terza persona di un narratore onnisciente che va a spiare i detenuti del carcere di Forte Longone e la prima persona del giornalista, fino a scavare nella sua interiorità nel momento dell’arresto, provando a immaginare come possa essersi sentito, braccato in piena notte dai carabinieri all’Hotel Plaza di Roma.
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