Concluso il corso di formazione rivolto ai docenti della scuola dell’infanzia e della primaria. Relatrici la mandellese Adriana Lafranconi e Rossella Magistro, dirigente scolastica dell’Ics di Viggiù
Si è concluso questa settimana il corso di formazione organizzato dall’Associazione italiana maestri cattolici di Lecco per i docenti della scuola dell’infanzia e della primaria. “Ci interroghiamo sui modelli di scuola, per una scelta consapevole in merito” il tema del corso.
Obiettivo di questo percorso era sollecitare negli insegnanti una riflessione sui vari approcci educativo-didattici, per orientarsi in modo costruttivamente critico tra le varie proposte. Relatrici sono state la mandellese Adriana Lafranconi, nel ruolo di consulente pedagogico-didattica, e Rossella Magistro, dirigente scolastica dell’Ics di Viggiù, accompagnata da alcune docenti.
Nei primi due incontri, con Adriana Lafranconi sono stati presi in considerazione alcuni modelli di scuola e approfondite in particolare le proposte che rimandano alla personalizzazione dei percorsi educativi e alla scuola “Senza zaino”.
“Della personalizzazione - spiega Maria Pastore, presidente dell’Aimc lecchese - è stata messa in evidenza la coerenza con la concezione di persona umana, perché il fine di questo modello è proprio quello di permettere a ciascuno di realizzarsi al meglio nel proprio progetto di vita. Non sono state sottaciute le difficoltà della sua realizzazione, che richiede sia docenti molto competenti e motivati sia un sistema scolastico meno ingessato dell’attuale. Una tensione, in sintesi, dall’essere di ogni contesto scolastico al dover essere verso cui costantemente tendere”.
“Del modello “Senza zaino” - aggiunge - sono stati considerati tre aspetti: la cura dell’ambiente, la funzione degli strumenti didattici, la differenziazione dell’insegnamento. La tesi sviluppata in merito è stata quella che tutti e tre questi sono elementi di valore, ma non sono esclusivi di “Senza zaino”. La storia della pedagogia e della didattica documenta infatti molte esperienze, anche di un passato lontano, in cui questi valori sono stati realizzati in contesti diversi, attraverso la partecipazione fattiva non soltanto dei docenti ma anche degli stessi allievi nell’allestimento del setting e nel suo impiego, e con realizzazioni di qualità molto elevata”.
Al di là di nomi noti (da don Lorenzo Milani a Mario Lodi, per restare ai più conosciuti dal grande pubblico) sono state condivise anche esperienze che, senza clamore mediatico o accademico, hanno fatto grande la scuola italiana, attraverso l’azione di insegnanti e dirigenti scolastici mossi da grandi idealità, colti, capaci di assumere in prima persona grandi sfide, in scuole senza etichette.
Anche la lettura di passi delle attuali Indicazioni nazionali per il curricolo, il documento programmatico del sistema scolastico italiano, ha confermato che tutte le istituzioni scolastiche, appartenenti o meno alla rete “Senza zaino”, sono tenute alla realizzazione di questo quadro pedagogico didattico, nella varietà possibile del suo concretizzarsi.
La conclusione di questi primi due interventi è che non c’è nessun modello di scuola valido in assoluto, perché la realtà scolastica è molto complessa, e che è meglio avvalersi degli aspetti di ogni modello che risultano punti di forza nello specifico contesto, perché coerenti con la concezione di bambino, di docente, di apprendimento in cui ogni istituzione scolastica si riconosce.
La differenza nella qualità della scuola è fatta, a giudizio di Adriana Lafranconi, dai docenti. Dove ci sono insegnanti motivati, colti, saggi e capaci di etica la qualità può essere perseguita, anche in situazioni difficili.
Questa stessa tesi è stata sostenuta nell’ultimo incontro da Rossella Magistro, nel cui istituto vi sono sia scuole dell’infanzia e primaria a orientamento Montessori, sia plessi afferenti alla rete “Senza zaino”. Inizialmente è stata la stessa dirigente a coinvolgere un nutrito gruppo di docenti nella formazione (550 ore) con “Opera Nazionale Montessori”, con l’obiettivo di verificare in che misura i materiali di sviluppo montessoriani potessero essere un’ulteriore risorsa nella scuola da lei diretta, impegnata nel modello di maturazione delle competenze, in un’ottica di personalizzazione.
Nella circolarità fra studio teorico, successiva coerente azione didattica, documentazione, riflessione collegiale sugli esiti dell’esperienza in atto, con il collegio docenti ha verificato che la proposta Montessori poteva andare ad arricchire la “cassetta degli attrezzi” dei docenti dell’istituto, a cui attingere in modo consapevole dopo aver osservato i desideri e i bisogni formativi dei bambini e delle bambine di ogni sezione o di ogni classe.
Non quindi un’adesione in toto al modello Montessori ma una possibilità in più, che è andata ad affiancarsi a quanto già nell’istituto era stato messo a punto, per rendere più fattiva la possibilità di un’offerta differenziata, in risposta alle esigenze del singolo o del gruppo.
Questa prima esperienza ha fatto da volàno per i docenti che per motivi personali o istituzionali non avevano potuto impegnarsi in una prospettiva, quella montessoriana appunto, tanto impegnativa in termini di formazione e di azione. C’è quindi stata, in altri plessi dello stesso istituto, l’adesione alla rete “Senza zaino”, ma sempre nella prospettiva di servirsi di questa proposta limitatamente a quanto valutato come possibile risorsa per lo specifico contesto dell’istituto.
Di nuovo non un’adesione in toto, perché non sono stati sottaciuti i fattori di debolezza presenti anche in questo modello di scuola. A fare da filtro, pure in questo caso, le concezioni di bambino, di docente, di apprendimento che il Collegio dei docenti aveva nel corso degli anni fatto proprie. In conclusione la dirigente Magistro ha ribadito che, pur in questo contesto virtuoso, non è in grado di garantire all’intera utenza la stessa qualità del servizio formativo, perché una variabile significativa è quella dei docenti in campo.
Vale allora la pena di concludere con queste parole di don Milani: “Spesso gli amici mi chiedono come faccio a far scuola e come faccio ad averla piena… Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare per fare scuola, ma solo di come bisogna essere per poter far scuola”. Gli fa eco Aldo Agazzi: “Quel che conta, per chi ama l’umanità, non è un programma ma un maestro, cioè un’anima. Date a un maestro geniale una linea sommaria del suo compito, additategli una meta e lasciatelo libero di esplicarsi, in quei confini, con completa spontaneità: che si educhi i suoi alunni a suo modo, responsabile dei risultati: avrete la scuola” (…). La scuola non è né il luogo, né le pareti dell’aula, ma l’educatore che “convive” con i propri scolari”.
“La speranza è che questa iniziativa abbia contribuito a una certamente utile riflessione personale - conclude Maria Pastore - e il mio grazie sentito va alle relatrici e ai partecipanti al corso di formazione”.
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