Protagoniste della spedizione furono Eliana Zanetti, “Lena” Mainetti, Carla Balatti e Rosanna Valli. Con loro ci sarà Sara Bonfanti, che ha percorso in solitaria i quasi 8.000 chilometri del sentiero Italia che da Muggia, in provincia di Trieste, attraverso le Alpi, gli Appennini e la Sicilia raggiunge Santa Teresa di Gallura
Estate 1960: le quattro mandellesi in cima al Monte Rosa. |
(C.Bott.) Sono passati quasi 64 anni da quella meravigliosa avventura. Era infatti l’estate del 1960 quando quattro donne mandellesi furono tra le protagoniste della spedizione “100 donne sul Monte Rosa” voluta dal giornalista e scrittore Fulvio Campiotti e organizzata dal Cai Menaggio. Quelle quattro donne erano Eliana Zanetti, Elena “Lena” Mainetti, Carla Balatti e Rosanna Valli.
Partite da Gressoney, raggiunsero la Capanna “Regina Margherita”, il rifugio più alto d’Europa posto a oltre 4.550 metri di quota (la sua inaugurazione risale al 1893, anno in cui vi pernottò appunto Margherita di Savoia). Prima della loro partenza, sul sagrato del Duomo di Milano alle donne protagoniste di quella storica impresa erano state consegnate due riproduzioni dorate della Madonnina da deporre alla Capanna Margherita e le corde, di uno speciale materiale sintetico, da utilizzare nella scalata.
Venerdì 8 marzo, data particolarmente significativa perché coincide come noto con la Giornata internazionale della donna, il Cai Grigne e l’assessorato alle Pari opportunità del Comune di Mandello Lario dedicheranno la serata proprio a loro, rievocando un’impresa rimasta nella storia dell’alpinismo.
“Donna e montagna” il filo conduttore dell’evento, che oltre a Zanetti, Mainetti, Balatti e Valli avrà un’altra ospite: Sara Bonfanti, che come regalo per i suoi 40 anni nel 2022 ha voluto percorrere in solitaria, in sette mesi, il sentiero Italia che da Muggia, in provincia di Trieste, attraverso le Alpi, gli Appennini e la Sicilia raggiunge Santa Teresa di Gallura, in Sardegna, per complessivi quasi 8.000 chilometri.
L’appuntamento è per le ore 21 al teatro comunale “Fabrizio De André” in piazza Leonardo da Vinci.
Tornando a “100 donne sul Monte Rosa” va detto che anni fa la guida alpina mandellese Giovanni Zucchi raccontò come venne preparata quella magnifica avventura in un suo scritto pubblicato sul Notiziario del Cai Grigne. Vi si leggeva: “Il 27 luglio 1960 delle centodiciotto donne partite centoquindici arrivano al rifugio Regina Margherita, il più alto sulle Alpi a 4.559 metri, in cima alla punta Gnifetti. Carla, Lena e Rosanna sono le tre mandellesi autoctone che insieme a Eliana, originaria del Bresciano e mandellese d’adozione, formeranno la squadra del Cai Grigne. Quattro belle e brave ragazze (tra i 19 e i 22 anni), coraggiose quanto basta da non temere di affrontare un evento quantomeno insolito per l’epoca, quando il concetto delle pari opportunità è ancora da inventare”.
“All’inizio di luglio - scriveva Zucchi - tocca a Paolo e a me accompagnarle nell’ultima salita di allenamento, che prevede la percorrenza dello stesso itinerario che dovranno affrontare, insieme alle altre, a fine mese. Nino Lozza, il vicepresidente, organizza una gita sociale a Gressoney con salita e pernottamento al rifugio Gnifetti. Dopo il viaggio in pullman e la salita in seggiovia a Punta Jolanda inizia la lunga “scarpinata”: oltre mille e quattrocento metri di dislivello, a una quota che incomincia a farsi sentire. Lasciamo che sia Nino a cadenzare il passo della comitiva, mentre Paolo e io acceleriamo un po’ per salire oltre il rifugio a prendere visione di quello che ci aspetterà domani. Una decisione che ci tornerà veramente utile…”.
Sara Bonfanti |
E più avanti: “Come sempre, quando si intraprendono ascensioni in alta quota, la sveglia è prima delle 4. Mentre riempiono di thè caldo i nostri thermos, i rifugisti ci informano che il tempo s’è messo al brutto: ci sono nebbia e nubi basse. Un portatore di Gressoney, che dovrebbe salire alla “Margherita” con un carico di combustibile, decide di non partire. Non mi vergogno di chiedere il parere dei rifugisti che, come detto, sono guide alpine; con quelle condizioni di tempo ci consigliano di non andare più su del Colle della Scoperta, a 4.135 metri di quota, oltre il quale potremmo avere problemi di orientamento, perciò la salita fino in cima alla Punta Gnifetti è da scartare, ma le ragazze vogliono salire più in alto possibile. Ecco che ci torna utile la breve esplorazione fatta il giorno prima. Un po’ a destra del Colle della Scoperta (che molti impropriamente chiamano Colle del Lys) abbiamo visto il bivacco Giordano al Balmenhorn con la statua del Cristo delle vette, una meta di ripiego comunque molto ambita dagli alpinisti… Pur in assenza di difficoltà tecniche è necessario legarsi in cordata per l’insidia dei crepacci…”.
Il racconto di Giovanni Zucchi proseguiva: “Le precedenti salite di allenamento stanno dando i loro frutti e le ragazze tengono un buon passo. Una corda fissa agevola il superamento delle rocce prima del bivacco Giordano, accarezziamo la statua del Cristo e continuiamo a salire, raggiungiamo il colle del Lys (quello vero) e ancora su, fin oltre i 4.300 metri. Ormai ci sono poche rocce da superare per arrivare in cima al Corno Nero: forse sono facili e forse no e non abbiamo portato chiodi, la visibilità sta peggiorando e intravediamo appena l’ultima bandierina che abbiamo messo. Le ragazze stanno benissimo e, tutto sommato, non abbiamo sprecato la giornata. Ritiriamo le bandierine per evitare che possano in seguito fuorviare qualcuno e torniamo al rifugio”.
E così si concludeva: “Nino sta passeggiando nervosamente sul terrazzo e ci saluta con evidente sollievo. I rifugisti vogliono sapere… poi si congratulano con le ragazze, non usando le solite parole di circostanza ma con un significativo commento: “Se anche le altre novantasette si sono preparate come voi, incominciamo a credere che questa idea, un po’ balorda, di voler far arrivare in cima alla Punta Gnifetti una fila di almeno cento donne, suddivise in una quarantina di cordate senza assistenza diretta delle guide, potrebbe anche riuscire”. Poi, di loro iniziativa, promettono alle nostre che per loro avranno un occhio di riguardo; non sarà difficile riconoscerle in mezzo alle “cento” perché indosseranno i nostri maglioni neri con quattro righe rosse alla manica sinistra. Possiamo prendercela comoda e arrivare a Punta Jolanda che la seggiovia è ancora in funzione, poi sul pullman potremo sonnecchiare per qualche ora”.
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