Nel suo libro il direttore del Consorzio di cooperative sociali Sol.Co di Sondrio tocca anche un tasto di dolore, “la malaombra”, un periodo dove si evidenziava come in Valtellina ci fosse un alto tasso di suicidi
Massimo Bevilacqua |
Lui è Massimo Bevilacqua, ha 48 anni e dal 2017 è direttore del Consorzio di cooperative sociali Sol.Co di Sondrio, organizzazione attiva a favore dello sviluppo sociale e comunitario del territorio provinciale. Bevilacqua, che lavora nel campo della cooperazione sociale dal 1997, è autore dei libro “La cooperazione come possibile sistema di una comunità locale - Trascendere la cooperativa per arrivare alla cooperazione come strumento”.
Nel libro l’autore racconta, attraverso il percorso da lui compiuto, l’esperienza vissuta nei comuni dell’Ambito territoriale, finalizzata a rompere gli schemi, a sbloccare situazioni, ad aprire nuovi spazi e a mettere nuova luce sui significati connessi alla dimensione comunitaria.
Il libro è un viaggio tra le difficoltà, le soddisfazioni, il senso comunitario e la cooperazione. E insegna come le cose possono cambiare se si cambia il modo di guardarle.
Quella che segue è la recensione scritta da Monica Taschetti, sindaco di Fusine e vicepresidente dell’assemblea dei sindaci dell’Ufficio di Piano dell’Ambito territoriale di Sondrio.
“Io la mano l’alzai”. E’ una mano che non si è mai abbassata, quella di Massimo Max Bevilacqua. E nella stesura del suo primo libro si respira la fiducia, silente, di un uomo che è cresciuto all’ombra della cooperazione sociale. Una testimonianza, la sua, che si è espressa in una pubblicazione dal titolo “La cooperazione come possibile sistema di una comunità locale - Trascendere la cooperativa per arrivare alla cooperazione come strumento”.
La Cooperativa è il luogo privilegiato da cui Bevilacqua parte per intraprendere un percorso che lo porta (e ci porta) in vetta, utilizzando la musica, le immagini e le sue esperienze come bagaglio, risalendo i sentieri che da Ganda (luogo dell’infanzia) lo portano a Ganda (luogo di comunità).
Ed è proprio la “mappa comunitaria” a rendere il testo originale, uno sguardo bifocale che accompagna il lettore dentro se stesso e fuori da sé, un necessario esercizio per definire che la comunità è “quel sentire che aggrega e di cui abbiamo bisogno”, un richiamo indipendente da noi, che si sviluppa attraverso di noi. Uno spunto di riflessione, una domanda aperta che invita a ricercare ognuno la propria mappa comunitaria.
L’autore ci conduce ancora un passo avanti, tocca un tasto di dolore, “la malaombra”, un periodo esaminato anche dai media dove si evidenziava come in Valtellina ci fosse un alto tasso di suicidi. Il passo vacilla ma non si ferma e così questa dolorosa verità prende il sentiero della consapevolezza dell’impreparazione delle comunità a sentire se stesse “un problema di disabitudine e di impreparazione a dar voce al vuoto che si può avvertire e che ha bisogno di essere ascoltato con coraggio, oltre il senso di impotenza”.
Ed è il titolo del capitolo “Vita, (quasi) morte, resurrezione e miracoli del Consorzio, cioè l’energia inaspettata e del sentire cooperativo tra le generazioni” a cambiare il ritmo che ritorna in quella affermazione di Bevilacqua “Io la mano l’alzai perché dentro lo sconforto, dentro quel vuoto si era condensato tutto quanto avevo conosciuto prima, tutto quanto la cooperazione, nella sua postura silente e fiduciosa mi aveva donato. La mano la alzavo per…”.
Di questa frase volutamente lasciamo al lettore scoprire il finale. Altrettanto volutamente lasciamo al lettore scrivere il proprio finale, per andare a ricercare quel sentire cooperativo che contiene energie inaspettate, perché è proprio quando la fatica si fa sentire, quando la vetta sembra lontana che si scoprono nuove risorse, quando si esce dalla propria zona confortevole (come ha fatto Massimo Bevilacqua scrivendo un libro anziché poesie e canzoni) che si attivano nuovi sguardi. “Le nostre risorse umane creano valore per il territorio e il loro agire è ripagato dal territorio stesso”, scrive nelle ultime pagine.
Un condensato che racconta anni di esperienze, di formazione, di passione e di competenze, dove la relazione è una realtà su cui fondare “le cose” perché “ciò che ricordiamo, molto spesso, non è cosa abbiamo fatto, ma come e perché siamo stati insieme”. L’invito è quindi quello di contribuire alla costruzione di occasioni condivise per esplorare futuri possibili e migliori per i nostri territori. Bevilacqua ha tracciato la sua mappa per noi.
Monica Taschetti - Sindaco di Fusine, vicepresidente dell’assemblea dei sindaci dell’Ufficio di Piano dell’Ambito territoriale di Sondrio
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