Un anno fa ha pubblicato “Mandello del Lario. La storia della Gera e dei nostri giardini”, libro in cui attraverso l’analisi di documenti, fotografie d’epoca, antiche mappe e testimonianze orali l’autore racconta come si è trasformata nel corso dei secoli, fino a quello trascorso, la zona a lago di Mandello posta tra l’antico borgo e il fiume Meria, chiamata appunto “la Gera”. Ora Luciano Maria Rossi affida alla pagina Facebook una sintesi in due puntate di quella stessa storia. Quella che segue è la prima puntata.
Fino a un paio d’anni fa erano in pochi a Mandello Lario a conoscere qualcosa della storia della Gera e dei giardini. Girava soltanto la falsa notizia che i giardini fossero stati regalati dai Falck, proprietari del parco adiacente. Nessuno sapeva dire quando, però quasi tutti ci credevano.
E’ stata questa la molla che mi ha spinto a una lunga ricerca d’archivio, culminata nell’autunno 2022 nel libro dal titolo Mandello del Lario. La storia della Gera e dei nostri giardini.
Cosa ne possiamo trarre? In linea generale, direi, l’evidenza che questa straordinaria striscia di terra ha in qualche modo rappresentato l’andamento del vasto mondo che le stava attorno, sia nel difficile combinare necessità e bilanci (non c’erano mai i soldi per arginare la foce del Meria) sia nell’interpretarne i mutamenti sociali e di sensibilità: dai residui del sistema feudale allo Stato liberale unitario, l’emergere delle masse nel Novecento, le guerre mondiali e il fascismo, la rinascita e il boom economico, fino alle enormi incognite, persino globali, di oggi.
Dentro ci troviamo quasi sempre la nostra piccola Gera e i nostri piccoli giardini. “Piccoli” per le dimensioni, un angolino fra terra e lago, ma anche per l’affetto che portiamo nei loro confronti: sono i nostri giardini e ci fanno tenerezza. E allora per quali percorsi sono arrivati a noi questi luoghi del cuore? E adesso dove vogliono andare?
Il primo dato certo, documentato, è che la Gera è sempre stata pubblica, della comunità mandellese, mai di un privato. Neppure a metà Seicento, quando la famiglia più potente del paese - i prossimi conti Airoldi che abitavano lì davanti, dove oggi sono i Falck - si fece riconoscere dal pretore la concessione del taglio e piantagione degli alberi in Gera, ma non la proprietà. E neppure quando un Marcellino della stessa casata, nel 1715, dopo aver espresso la volontà di comprare la Gera, per qualche motivo che non conosciamo ne fu impedito o ci rinunciò.
Così l’area continuava a essere una distesa pubblica di sabbia e ghiaia, come dice il nome stesso, ogni tanto allagata dalle esondazioni del lago e del Meria. In più aveva un po’ d’erba e soprattutto la presenza, sicuramente redditizia, di piante come pioppi o gelsi. Ai primi dell’Ottocento gli Airoldi in decadenza vendettero la concessione del taglio degli alberi, che passò per varie mani finché, a fine secolo, se la prese definitivamente il Comune.
Siamo alle soglie dei nostri giardini. Qui abbiamo una data da segnare, addirittura con il mese e il giorno: 15 agosto 1902. E’ la loro prima menzione. Su un giornale della Pro Mandello, numero unico, interamente dedicato al presente e al futuro del nostro paese, scrive Pacifico Provasi, insigne letterato dell’epoca: “Fra gli altri s’agita il progetto di convertire in giardinetto pubblico la piazza di Gera, che, ricca d’alberi ed erbosa, serve già di ritrovo e di passeggio”.
120 anni fa! Siamo nella zona più vicina al borgo, di fronte alle case che concludono via Manzoni, e siamo nei tempi in cui i sudditi-cittadini si fanno largo con nuove esigenze. I giardini, il ritrovo e il passeggio sono tra queste. L’opera fu subito realizzata e segnò per lungo tempo, con modifiche successive per questioni di viabilità, il panorama e le abitudini di Mandello. Ora quel che restava dell’antico giardinetto è scomparso con l’ultima trasformazione della piazza e penso sia un peccato, se consideriamo il singolare valore storico che aveva.
Comunque è tutto il Novecento a interessare i nostri giardini. Da questo primo scampolo di verde subito fuori porta, si sono ampliati verso il Meria per tappe successive, senza un piano globale preciso. Ma prima hanno dovuto superare una prova durissima, che li ha messi a rischio di scomparire.
Eravamo ai tempi del fascio - 1928 - e si discuteva ancora una volta dell’arginatura alla foce del fiume. Si arriva a un accordo, sostenuto dal podestà Garcea: Falck arginerà la sponda sinistra e Redaelli, proprietario del vicino vellutificio, quella destra. Ma in cambio di che cosa? Di terreni della Gera, sulle rispettive sponde. Per Redaelli non ci sono problemi ma a Falck, che tre anni prima ha costruito sul lago la darsena, Garcea riserva un appezzamento che amplierebbe la sua proprietà verso di essa. Solo che quello è il terreno del giardinetto pubblico e la gente si ribella all’idea di privarsene a favore di un privato.
Luciano Maria Rossi
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