Riceviamo e pubblichiamo una nuova
riflessione di Luciano Maria Rossi, autore del libro “Storia della Gera e dei
nostri giardini”, pubblicato lo scorso anno e scritto per raccontare attraverso l’analisi di documenti, vecchie fotografie, antiche mappe e testimonianze orali come si è trasformata
nel corso dei secoli la zona a lago di Mandello Lario:
Vorrei
tornare alla Storia della Gera e dei
nostri giardini. L’ho scritta per far conoscere in modo documentato le
vicende passate di quella magica striscia di terra e per offrire a tutti (mi piace
sperare al meglio) eventuali elementi su cui riflettere in vista di scelte
future. Sono sulla strada giusta? Oppure non ho capito che l’utilità della
storia è sempre dubbia?
In
primo luogo c’è un dato che emerge da tutta la ricerca: la Gera e poi i
giardini sono sempre appartenuti alla nostra comunità. Nessun privato ne è mai
stato proprietario, nessuno ce ne ha fatto dono. Cambia qualcosa rispetto all’opinione
diffusa che sosteneva il contrario? A me pare di sì. Un
conto è ricevere un regalo bell’e pronto, anche fatto per pura generosità, un
altro è costruirsi da soli, tra incertezze e fatiche, qualcosa di importante
nel tempo.
L’attaccamento
che ne deriva, il senso di identificazione, sono molto diversi. Io lo scriverei
come intestazione su un arco all’ingresso dei giardini, per farlo sapere a
tutti e indurre al rispetto: “Giardini della comunità”.
Un
secondo rilievo è che i giardini sono nati un po’ alla volta, per tappe
successive, senza un piano globale preciso. Finora non abbiamo trovato
documenti neppure su progetti parziali, che pure ci saranno stati. Però la
linea di sviluppo lungo un secolo intero appare chiara: un piccolo esempio di
quelle che chiamano “necessità storiche”?
Partendo
dal primo scampolo di verde adiacente al borgo agli albori del ‘900, i giardini
si sono ampliati verso il Meria, hanno respinto sull’altra sponda la breve
avventura del lido e da ultimo si sono conquistati l’intera Poncia, mettendo
fine all’escavazione ormai negli anni Novanta. Tutto ciò vuol dire qualcosa?
Mi
sono fatto una domanda in questi ultimi anni: se avessimo saputo, prima di
iniziare i lavori, che il giardinetto di via Manzoni, vecchio di 120 anni,
aveva questo valore di documento storico l’avremmo demolito ugualmente? O
avremmo cercato una soluzione alternativa? So di esagerare ma io, oltre al
giardinetto, al monumento ai garibaldini mandellesi in vista, a una
pavimentazione in porfido ci riporterei anche la colonna votiva, cui coloro che
ci hanno preceduto tenevano tanto (lo stesso si potrebbe dire per altre cose,
ad esempio le “dune” in Poncia!).
Una
vicenda molto forte che può stimolarci a una riflessione è poi quella del 1928,
quando i cittadini difesero il loro giardinetto pubblico dal tentativo di
privatizzazione da parte di Falck e il podestà. Mi sono riletto il capitolo e
devo dire che, oltre ai fatti che conosciamo, ci sono quelle parole così
moderne dei “difensori” a colpirmi ancora: “ciò è in contrasto alle direttive
attualmente prescriventi gli spazi verdi e arborati”, “non è da trascurare l’affettività
che la popolazione porta a dette aree”, “tale concessione non si rendeva né
utile né tanto meno necessaria” e così via. Se non sapessimo la data, diremmo
che eravamo sotto il fascismo?
Quello
che trovo strano è che, subito dopo, questo episodio fu rimosso dalla nostra
memoria. Durante il mio lungo lavoro di ricerca non ho trovato nessuno che lo
conoscesse, mentre quasi tutti, compresi i novantenni, mi ripetevano che i
giardini ci erano stati “regalati dai Falck”, anche se poi non sapevano dirmi
quando.
Come
mai un tale ribaltamento della verità? E perché ci abbiamo creduto? Sarà il
fascino obliquo del potere la storia rimette a posto le cose...
L’altra
sponda: lido e campo sportivo. Anche qui la storia può darci una mano a capire
meglio. Ci racconta infatti che il campo sportivo fu messo lì nel 1935 solo
perché era un terreno che non serviva a niente, e quindi non ha nessun legame
specifico con la zona.
Il
lido invece (anche questa a quel tempo un’esigenza nuova) era nato in Poncia
nel ‘34, mentre la sponda destra era già occupata dalla colonia elioterapica.
Visse una decina d’anni tra le polemiche e dopo la guerra affiancò e poi
sostituì definitivamente la colonia. A lato aveva il Vellutificio Redaelli, ora
chiuso con la sua vasta area in attesa di utilizzo.
Sembra
che la storia ci strizzi l’occhio: “Ragazzi, non ve lo vedete davanti lo
stabilimento balneare più grande e attrezzato di tutto il lago?”.
Concludiamo.
I giardini hanno impiegato quasi un secolo, il Novecento, per diventare quello
che sono, ma non sono vecchi. Anzi oggi, con la transizione ecologica,
rivoluzione verde, non-consumo di suolo, raccomandazione di piantare alberi sono
più necessari che mai, senza aggiunte o sostituzioni. Naturalmente tenuti bene
e amati per tutto quello che ci danno.
“Corona
Mandello, in riva al lago, un largo prato ombreggiato a fresco, recentemente
sistemato a giardino, adibito a posto di riposo e svago dei cittadini...”.
Ricordate? Era la storia di un’oasi di pace nel 1937.
Ora
è il 2023 e vorrei aggiungere due cose. La prima è una proposta: una festa dei
giardini, riportati al loro fascino di sempre, ogni anno per tutto il mese di
maggio, con eventi di richiamo per residenti e turisti. La seconda, le
transenne. Uno “storico” deve sempre dire la verità: sono proprio brutte e ci fanno
sentire, noi mandellesi della comunità, espropriati di ciò che è bello e
nostro.
Luciano Maria Rossi (Mandello Lario)
Le considerazioni fatte sono precise, purtroppo le amministrazioni degli ultimi venti anni non hanno tenuto in considerazione la filosofia dei nostri predecessori.
RispondiEliminaVa anche detto che i mandellesi, sono totalmente assenti per ciò che riguarda il paese e questo lascia il campo libero all'amministrazione comunale di fare ciò che più gli aggrada.
Se non ci sarà una presa di posizione dei cittadini i giardini saranno testimoni dell'ennesimo scempio.