Silvia Colombo |
Si intitola L’altrove è qui e ne è autrice Silvia Colombo di Mandello Lario. Il libro si ispira alla vicenda di Saman Abbas, la diciottenne pakistana massacrata dalla propria famiglia perché voleva vivere libera. Scomparsa il 1° maggio 2021 a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, il suo corpo senza vita fu ritrovato all’interno di un vecchio casolare abbandonato nel novembre dello scorso anno.
“Ho provato a sovrapporre il disegno della breve vita di quella ragazza e della sua giovinezza spezzata a quella che invece è stata la mia, di mia figlia, di mia nipote - dice Silvia Colombo, insegnante di professione - Le donne della mia generazione hanno lottato per conquistare taluni diritti che le figlie danno per scontati. Mia nipote crescerà pensandosi in un futuro aperto a ogni sua scelta personale e professionale. La discrepanza tra queste realtà del femminile era così grande, così dolorosa e stridente che in qualche modo mi chiedeva voce”.
Come è nato L’altrove è qui?
“Ripensando a Saman e a tutte le donne oppresse, a ogni latitudine, ho sentito il bisogno, prima ancora del desiderio, di immergermi nel suo contesto di vita e di rielaborare la sua storia attraverso una forma letteraria. Nel racconto, i personaggi attraversano - con le fatiche, le cadute ma anche la forza dei propri desideri - tematiche sociali che ci interrogano come individui e come comunità: la migrazione come urgenza di fuga dalla miseria o dalla violenza, la costruzione dell’identità, l’impegno, il bullismo, la capacità e la volontà di accoglienza e di cura. Ecco perché confido che il libro possa interessare anche un pubblico di giovani lettori”.
La sua attività nel volontariato ha avuto un ruolo nella decisione di scrivere questo libro?
“Sono attiva da anni nel volontariato, in una organizzazione che si occupa principalmente dell’insegnamento dell’italiano alle persone straniere. E proprio gli incontri con persone partite da un altrove per me difficile da immaginare, prima che da comprendere, hanno cambiato il mio sguardo. I miei ex studenti, che ora sono i miei amici, sono nati in Albania, Serbia, Pakistan, Afghanistan, Mali, Senegal, Ghana, Gambia, Costa d’Avorio. C’è voluto molto tempo prima che potessero raccontare le loro vite, il loro viaggio, i loro progetti. E le loro le speranze. Alcune esperienze sono rimaste indicibili soprattutto per le donne, che faticano moltissimo nel loro percorso di emancipazione”.
E nello scrivere si è in qualche modo rivista nella protagonista?
“Samira, la protagonista di L’altrove è qui, è diversa da me in tutto: è giovanissima, è afghana, vive in un’altra regione italiana. Eppure, nel raccontare una storia “altra”, ho visto prima infiltrarsi e poi irrompere la mia storia personale. A riprova del fatto che quando si scrive, si scrive inevitabilmente di sé. Memorie, dettagli, pensieri, incontri. E, come accade nella realtà, per i protagonisti sono proprio gli incontri a orientare il corso degli eventi”.
C’è un messaggio che vorrebbe lasciare a chi si troverà a leggere il suo libro?
“Io credo che “nessuno si salva da solo” e che due cose debbano assolutamente essere ascoltate: il desiderio e l’istinto. Le due voci che possono guidarci, prima per sopravvivere poi per vivere pienamente la vita che ci è data in dono”.
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