(C.Bott.) E' scampato
nell’autunno del 1943 all’eccidio della Divisione “Acqui” a Cefalonia. Lui è
Michele Zucchi, mandellese. E a lui l’Associazione nazionale Divisione “Acqui”,
che riunisce superstiti, reduci e famiglie dei caduti di quella stessa Divisione,
aveva consegnato nel 2019 due croci al merito di guerra. La
cerimonia si era svolta in sala consiliare a Mandello Lario. Due
croci, si è detto, attribuitegli dal Comando militare esercito “Lombardia”: una
per la campagna 1940-43, l’altra per quella che va dal ’43 al ‘45. Due
riconoscimenti giunti a distanza di oltre 70 anni dagli eventi che ebbero per
protagonista proprio l’artigliere mandellese.
Oggi
Michele Zucchi compie 100 anni. E’ nato infatti a Luzzeno di Mandello il 12 marzo
1923 da Ambrogina e Gerolamo Zucchi. La sua era una famiglia contadina, lui il
maggiore di sei figli, rimasto orfano di madre all’età di 15 anni.
Partito
per il servizio militare, Michele fu inviato a Cefalonia con la Divisione
“Acqui”. Dopo l’8 settembre del ‘43 visse i momenti più tragici della
Divisione: il rifiuto dell’umiliazione di una resa ai tedeschi, i bombardamenti
aerei e i giorni di resistenza (con l’uccisione di molti prigionieri), quindi
la resa. Portato in Russia, lui e altri militari italiani si ritrovarono
prigionieri a fasi alterne prima dei tedeschi poi dei russi.
Fu
tra i prigionieri ad Argostoli, venne a sapere della fucilazione degli
ufficiali alla “casetta rossa” e fu tra i soldati deportati su due navi, una
delle quali venne affondata (dei 1.300 militari italiani imbarcati se ne
salvarono 306). Lui cadde in mare, ma fu salvato dall’equipaggio della seconda
nave che trasportava altri prigionieri italiani. Molti suoi compagni, invece,
non scamparono al naufragio.
Il
20 ottobre 1943 dal Pireo giunse in treno ad Atene, dove venne lasciato con gli
altri compagni per otto giorni senza acqua né cibo. I sopravvissuti furono
deportati in treno a Lublino, nella Polonia orientale.
Il
6 gennaio 1944 vennero trasferiti vicino a Minsk, poi in Ucraina. A fine 1944
fu destinato a Königsberg (cittadina situata nella Prussia orientale, poi
divenuta Kalinigrad), a quel tempo sul fronte russo-tedesco. A fine gennaio del
‘45 venne catturato due volte dai russi e altrettante dai tedeschi, che lo inviarono
a Danzica a lavorare nelle trincee.
Liberato
il 9 marzo dai russi, fu portato a Sluch, a sud di Minsk, in un campo di
concentramento. Il 12 settembre, sempre del ’45, partì per l’Italia e giunse a
Mandello il 3 ottobre. “Quello - ha sempre raccontato Zucchi - è stato il
giorno più bello della mia vita”.
Lo
scorso 16 settembre in municipio a Mandello si era tenuto un incontro
organizzato dall’assessorato all’Istruzione e alla cultura. In quella sede era
stato presentato il libro Abbiamo detto
no. Dieci internati militari nei campi nazisti 1943-45. Tra i protagonisti
di quella pubblicazione vi è il
mandellese Michele Zucchi, l’unico ancora in vita dei dieci internati. Zucchi a
quell’incontro era presente e aveva raccontato lucidamente e senza tralasciare
alcun dettaglio la sua terribile avventura.
Nel
2019 il presidente della Repubblica gli ha conferito la medaglia d’onore ai
cittadini italiani deportati e internati nel lager nazisti 1943-1945. E quello
stesso anno l’Associazione nazionale Divisione “Acqui”, che riunisce
superstiti, reduci e famiglie dei caduti di quella Divisione, gli aveva
consegnato due croci al merito di guerra. La cerimonia si era svolta in sala
consiliare a Mandello Lario.
Due
croci, si è detto, attribuitegli dal Comando militare esercito “Lombardia”: una
per la campagna 1940-43, l’altra per quella che va dal ’43 al ‘45. Due
riconoscimenti giunti a distanza di oltre 70 anni dagli eventi che ebbero per
protagonista proprio l’artigliere mandellese.
Tanti auguri a Michele dal consiglio e dai soci dell'Archivio. Degli 80 IMI Internati Militari Italiani di Mandello censiti dall' Archivio l' unico ancora in vita, un fenomeno di resistenza. Quella foto qui pubblicata ci riporta alle attività svolte coi ragazzi dell' Ics A. Volta con il laboratorio degli intervistatori.
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