Per ricordare
Michele Barra, stroncato nel 2015 da un tumore toracico, i suoi compagni hanno messo a dimora un ulivo in uno spazio verde antistante
il municipio del paese
(C.Bott.) Michele Barra abitava
ad Abbadia Lariana e oggi, 29 marzo, avrebbe compiuto 18 anni e sarebbe
diventato maggiorenne. Avrebbe compiuto e sarebbe diventato, già. Perché
“Michy”, come tutti lo chiamavano, classe 2005, è morto un giorno di novembre
del 2015, quando dunque di anni ne aveva soltanto 10.
Nel 2014 gli era stato diagnosticato un
tumore toracico raro e aggressivo. Combatté con tutte le sue forze per vincere
quella terribile battaglia (non a caso suo padre Stefano ha sempre definito suo
figlio “il mio grande guerriero”). Sembrava avercela fatta, poi - cinque mesi dopo
essere stato operato - ecco la recidiva del tumore a livello osseo, le
ulteriori cure e la chemioterapia. E, il 26 novembre di otto anni fa, la sua
morte.
Il dottor Paolo Scanagatta, il chirurgo
che all’Istituto nazionale dei tumori di Milano operò “Michy”, un giorno
raccontò: “Quando gli venne diagnosticato un tumore toracico il suo mondo si
capovolse ma lui non smise di sorridere. Sapeva interpretare le immagini della
TAC e pochi giorni prima di essere operato mi spiegò che aveva fatto ricerche
su vari siti Internet e che voleva guarire per diventare lui stesso un
chirurgo, magari proprio un chirurgo toracico. Rimasi catturato da quel
ragazzino di 9 anni come non mi era mai capitato nella mia carriera. Lo guardai
e fu come rivedere me stesso…”.
Un giorno “Michy” regalò al dottor Scanagatta un suo disegno. Raffigurava
lui in sala operatoria e, sul foglio, c’era una dedica: “Per il mio
amico chirurgo dottor Paolo Scanagatta”.
Raccontando del loro ultimo incontro,
una decina di giorni prima che Michele mancasse, il medico disse: “Era sotto
morfina per i forti dolori ma era in piedi, con un sorriso coraggioso sul viso.
Gli toccai il braccio e lui fece subito una smorfia di dolore, che però svanì
velocemente. “Ehi, dottore, ricordati che nel braccio ho l’ago sottocutaneo”,
mi disse. “Scusami”, gli risposi. E lui: “Nessun problema! Ricordati però che
mi devi portare in sala operatoria con te”. E si mise a ridere… Capii che “Michy”
mi aveva dato una grande lezione, che io avevo imparato. La lezione era questa:
a volte ti ritrovi coinvolto nella dinamica di immedesimazione tra medico e
paziente e semplicemente non puoi farci niente”.
Qualche tempo dopo la sua morte ad
Abbadia Lariana venne costituita un’associazione che, voluta da mamma
Paola e papà Stefano nel nome e nel ricordo di "Michy", da allora si segnala per
una serie di iniziative finalizzate a raccogliere fondi a scopo benefico e destinate in particolare alla Pediatria
oncologica proprio dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano.
Oggi
pomeriggio, come detto nel giorno del diciottesimo compleanno di “Michy”, un
gruppo di suoi coetanei, affiancato da alcuni genitori, ha messo a dimora un ulivo nello spazio verde
sovrastante piazza Carlo Guzzi, davanti al municipio del paese. Tra i suoi rami
un nastro arancione su cui ogni compagno di "Michy" ha lasciato uno scritto. Buon
compleanno, “guerriero”!
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