Il 23 aprile 2005 il successore di
Giovanni Paolo II incontrò i giornalisti alla vigilia della messa
di inizio del pontificato
(C.Bott.) Era il 23 aprile 2005 e
raggiungevamo San Pietro quattro giorni dopo l’elezione a papa di Joseph
Ratzinger, morto questa mattina all’età di 95 anni. Nell’immediata vigilia
della messa che appunto il giorno successivo avrebbe segnato l’inizio del suo
pontificato, Benedetto XVI incontrò i giornalisti.
L’appuntamento
era per metà mattina nella sala Paolo VI in Vaticano, proprio sotto il
Cupolone. Un privilegio per 4.000 giornalisti arrivati a Roma da tutta Italia e
da tutto il mondo. Con loro Joaquin Navarro Valls, portavoce della Santa Sede.
Il
nuovo pontefice arrivò puntualissimo alle 11, accolto da un caloroso applauso.
Si fermò due, tre, quattro volte prima di raggiungere il centro della sala. Da
quel momento il “palcoscenico” fu tutto per lui, che salutò unendo le mani e
alzandole sopra la testa, proprio come il mondo gli aveva visto fare il giorno
della sua elezione.
Salutò
e sorrise, Benedetto XVI. In piedi, recitò il Padre nostro e invitò i giornalisti a fare altrettanto. Poi
pronunciò il suo indirizzo di saluto. Non sollecitò chi lo ascoltava a dire
sempre e soltanto la verità. “Forse vorrebbe farlo”, sussurrò un collega. Ma
quel giorno per i mezzi di comunicazione il pontefice ebbe soltanto parole di
elogio e soprattutto espressioni di sentito ringraziamento nei riguardi dei
mass media “per il servizio prestato in tutti questi giorni”.
Si
interruppe, Benedetto XVI, e scrutò la platea dei giornalisti, quasi volesse
guardarli uno a uno, negli occhi. Non potendo farlo, si limitò a sorridere,
un’altra volta e un po’ più a lungo. Quindi riattaccò: “Grazie al vostro lavoro
- disse - per giorni e giorni l’attenzione del mondo è rimasta fissa sulla
Basilica di San Pietro e di questo vi sono grato”.
Parlò
dapprima in italiano, il pontefice. Poi in inglese, quindi in francese e infine
nella “sua” lingua tedesca. Un cenno al suo predecessore Giovanni Paolo II e la
benedizione, prima di congedarsi con un italianissimo “grazie e arrivederci”.
A
metà sala, entrati non si sa come, alcuni ragazzini sui 10-11 anni si misero a
scandire il nome di Benedetto XVI, che salutò e lasciò l’Aula.
Uscirono
anche i giornalisti e fuori era tutto un vociare. C’era un porporato che
concedeva un’intervista a una televisione messicana. C’erano tre giornalisti
brasiliani che si scambiavano opinioni. E c’era ancora quel gruppo di ragazzini
che continuava imperterrito a urlare il nome di Benedetto XVI.
In
piazza San Pietro era ormai tutto pronto per la cerimonia di inizio del
pontificato. C’erano le transenne, una lunga fila di sedie, i fiori e qualche
addobbo qua e là. La Libreria Internazionale Vaticana era già stata intitolata
a Giovanni Paolo II e sulla rampa di accesso agli scaffali dominava la figura
dolce di Wojtyla.
Sotto
l’obelisco alcuni giovani sventolavano bandiere. C’era quella della Germania e
c’era il vessillo della Baviera, la terra di Ratzinger. Erano orgogliosi, quei
ragazzi, di Benedetto XVI. Tre di loro improvvisarono un coro: “Il papa è
nostro, il papa è nostro”. La gente li guardò e sorrise compiaciuta.
Lasciammo
piazza San Pietro dopo aver rivolto lo sguardo alla finestra del palazzo
apostolico da cui era affacciato per oltre 26 anni, fino a un mese prima,
Giovanni Paolo II. Ai lati della piazza si snodava il serpentone della gente in
coda da ore per entrare in Basilica e rendere omaggio alla tomba di Wojtyla.
I
negozi di souvenir in via della Conciliazione vendevano già foto e cartoline
con l’effigie del nuovo papa. A noi restava la soddisfazione, professionale ma
prima ancora umana, di poter “raccontare” di lì a qualche ora il sorriso del
pontefice visto da vicino.
QUEL GIORNO DEL 2015 A COLICO CON PADRE GEORG
Il
nome e la figura di Benedetto XVI si legano come noto anche a padre Georg Gänswein,
segretario personale del pontefice e al fianco di Ratzinger anche negli ultimi
giorni di vita del papa emerito. Fu proprio padre Georg a celebrare a Colico la prima
domenica di febbraio del 2015 il settantaduesimo anniversario della storica
battaglia di Nikolajewka, combattuta negli anni della seconda guerra mondiale.
Quel
giorno si erano date appuntamento nel capoluogo dell’Alto Lario lecchese centinaia di
penne nere, con una decina di sezioni Ana rappresentate e oltre 100 gruppi
provenienti da varie province della Lombardia, oltre che dal Piemonte e dal
Veneto, ed era toccato a monsignor
Gänswein, da tre anni prefetto della Casa pontificia, presiedere
la celebrazione della messa nella chiesa di San Giorgio, affiancato dall’allora
parroco di Colico, don Giovanni
Quadrio, e da padre
Ludovico Valenti, priore abate dell’Abbazia cistercense di
Piona.
“VIVA GRATITUDINE” PER IL “DIARIO DI VIAGGIO”
Di
Benedetto XVI a chi scrive rimane anche la lettera inviatagli a nome del
pontefice da monsignor Gabriele Caccia, della Segreteria di Stato vaticana, pochi
giorni prima della ricorrenza dell’8 dicembre 2006 dopo che al papa era stato
recapitato il libro Argentina e Israele -
Diario di viaggio dato alle stampe pochi mesi prima dalle Edizioni Monte San Martino.
“Il
Santo Padre - si leggeva nella missiva - desidera manifestare viva gratitudine
per il dono della pubblicazione e, mentre formula voti di ogni bene, invoca la
materna protezione della Vergine Immacolata ed è lieto di impartire a lei e
alle persone care la benedizione apostolica, auspicio di serenità e di letizia
nel Signore”.
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