L’audiomessaggio
del sacerdote che fu vicario a Mandello verrà diffuso domenica alla
partenza della camminata missionaria
(C.Bott.) “Sono
contentissimo che abbiate voluto organizzare questa iniziativa pensando anche a
me e a questa nostra missione diocesana. Sono felice di essere qui, il posto è
bello e c’è brava gente. Ed essere qui mi aiuta ad avere più sete di vita, più
sete di felicità vera, più sete di Gesù Cristo”.
In
un audiomessaggio che domenica prossima, 9 ottobre, verrà diffuso prima
dell’inizio della camminata organizzata dall’Oratorio, don Filippo Macchi si
rivolge agli “amici mandellesi” a quasi un anno dalla sua partenza alla volta
dell’Africa, destinazione la missione diocesana in Mozambico nella provincia di
Nampula.
Il
sacerdote, che fu vicario a Mandello “Sacro Cuore” dal 2006 al 2012, dice di voler
entrare sempre più nel cuore della gente del posto. “Non è semplice - afferma -
ma ci si prova, giorno per giorno e tra un errore e l’altro”.
Poi
alcuni riferimenti alla situazione di grande incertezza e preoccupazione che il
Mozambico vive da ormai un mese e che a inizio settembre è costata la vita a
suor Maria De Coppi, originaria di Vittorio Veneto, in Africa fin dai primi
anni Sessanta, vittima di un attacco terroristico che ha interessato la
missione cattolica di Chipene, nella diocesi Nacala, dove operano le suore
comboniane e i missionari “fidei donum” della diocesi di Pordenone.
Chipene
è la missione che un anno fa aveva accolto don Filippo subito dopo il suo
arrivo in terra africana. “Il 7 settembre - racconta il sacerdote - una ventina
di persone armate, appena maggiorenni, sono arrivate di notte con l’intento di
bruciare la missione e togliere alla gente ciò che dava loro speranza. L’interno
delle strutture della missione, costate anni e anni di lavoro, è stato dato
alle fiamme, alcune suore sono rientrate in Italia e in città è rimasto soltanto
il parroco”.
“Molti
sono fuggiti dai villaggi - aggiunge - e centinaia di famiglie si sono viste
costrette a lasciare le loro case e i loro campi, abbandonate a una precarietà
senza grandi speranze”.
Poi
un appello: “L’aiuto vero, quello che realmente ci serve è non sentirci soli. In
questi mesi ho sperimentato la vicinanza di tanti amici, anche sulle rive del
vostro lago, la paternità del nostro vescovo e l’affetto della diocesi di Como.
Sappiate che qui, nonostante tutto, c’è sempre tanta fiducia nella vita e tanta
voglia di riprendere il filo delle cose, di gioire, di fare festa quando c’è
bisogno e anche la disponibilità a sostenersi vicendevolmente”.
E
un’ultima sollecitazione ai destinatari dell’audiomessaggio: “Tenete lo sguardo
aperto al mondo”.
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