Aveva 95 anni. Il figlio Claudio, capogruppo degli alpini: “Gli piaceva ascoltare i nipoti mentre gli raccontavano dei loro interessi, della scuola, del lavoro e lo faceva con reale curiosità verso il loro mondo”
Pierluigi Bianchi, classe 1927. |
(C.Bott.) Mandello Lario piange Pierluigi Bianchi, il “Belverz”, morto all’età di 95 anni. Primogenito di 9 figli, era nato in paese - allora comune di Rongio - e aveva ereditato il soprannome dal nonno Luigi, classe 1865. Da giovane aveva lavorato alla Moto Guzzi pur continuando a collaborare con l’attività commerciale della famiglia fino al 1953, l’anno delle sue nozze.
La sua passione per le motociclette lo aveva portato, con la moglie Benvenuta e la sua fidata Guzzi, a intraprendere da pioniere lunghi viaggi in giro per l’Italia, fino a toccare la Sicilia e la Sardegna. Conosceva ogni particolare tecnico dei modelli di moto che uscivano dalla Casa dell’Aquila e anche negli ultimi anni gli si illuminavano gli occhi ricordando aneddoti e persone che hanno lavorato con lui.
Amava tenersi informato un po’ su tutto, dai temi di attualità alla scienza e in particolare alla natura. Sapeva conversare su qualsiasi argomento e non soltanto con suoi coetanei ma altresì con persone molto più giovani di lui. Si accalorava nelle discussioni e se si accorgeva di non essere abbastanza preparato su un argomento andava in biblioteca per informarsi. Amava tra l’altro la lettura e spingeva anche i nipoti ad appassionarsi al sapere.
Tra le più grandi passioni di Bianchi, come detto, vi era la natura. Trovava grande soddisfazione nel coltivare l’orto, conosceva tutto sulle piante e sul suo balcone faceva esperimenti con semi e piantine. Gli piaceva passeggiare per giardini in mezzo al verde e ha sempre allevato canarini.
E’ stato uno degli ultimi “roccolatori” della provincia: stava anche settimane fuori casa e ha gestito i roccoli ai Piani Resinelli, ai Roccoli Lorla e a Fuentes. Gli piaceva seguire le migrazioni degli uccelli, che registrava meticolosamente.
Era poi un bravo e instancabile ballerino e non mancava mai alle feste danzanti in piazza Gera e altrove.
Un’altra sua passione era il calcio: ha fatto per anni l’arbitro e con il suo amico Giuseppe Moioli andava in motocicletta ad assistere alle partite a San Siro.
Pierluigi era padre di due figli: Claudio e Alberto. E’ proprio Claudio, dallo scorso anno capogruppo degli alpini di Mandello, a ricordare come suo padre sia stato un nonno affettuoso e premuroso. “Gli piaceva ascoltare i nipoti mentre gli raccontavano dei loro interessi, della scuola, del lavoro - dice - e lo faceva prestando loro attenzione, con reale curiosità verso il loro mondo, così diverso dal suo per le prospettive ma ancora solido nei valori umani”.
“Negli ultimi anni - aggiunge - erano arrivate anche due bisnipoti e gli occhi gli brillavano quando lo chiamavano “nonno bis” e lo coinvolgevano nei loro giochi. In loro vedeva quel futuro che lui, soprattutto negli ultimi mesi, sentiva di non poter più afferrare”.
“Papà mancherà a tutti coloro i quali l’hanno conosciuto - conclude il figlio - Consola il fatto che abbia vissuto pienamente la sua vita fino all’ultimo dei suoi giorni terreni”.
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