(C.Bott.) Nei primi mesi dello scorso anno aveva pubblicato Dado e le farfalle silenti, un libro agile e ad un tempo dai contenuti profondi, scritto con tanto entusiasmo e caratterizzato da una prosa lineare e da una scrittura non priva di un ritmo e di un’ironia capaci di coinvolgere il lettore e di farlo partecipe delle emozioni dei protagonisti.
Quella pubblicazione, che aveva ottenuto un successo più che lusinghiero, faceva seguito ai suoi esordi nel campo letterario datati 2016, anno in cui si era cimentato per la prima volta nella scrittura dando alle stampe Dall’officina alla cucina. Quattro chiacchiere tra i fornelli. Raccontava, quel libro, come in definitiva non vi sia una grande differenza tra lavorare un blocco di metallo e amalgamare il burro. In tutti e due i casi, infatti, per ottenere un buon risultato ci vogliono passione e consapevolezza degli obiettivi.
Ora Alberto Magatti, 57 anni, imprenditore di Mandello Lario capace di indagare i sentimenti dell’animo umano e di interpretare la scrittura alla stregua di un’avventura, torna nelle librerie e sulle piattaforme online con Ludovico detto Vico, il suo secondo romanzo (“TAM Editore”).
Ludovico detto Vico è in qualche misura un romanzo di formazione. Si svolge tra la Sicilia e un paese del Lago di Como, dalla fine degli anni Cinquanta ai giorni nostri. Racconta le vicende di Anna, una ragazza siciliana orfana di madre che perde il padre nella tragedia di Marcinelle ed è costretta a fuggire dalla sua casa a causa di una violenza sessuale.
Riparerà a Palermo in un orfanotrofio, dove incontrerà il suo destino che ha il volto di due fratelli, Ludovico e Sofia. Sullo sfondo delle vite dei protagonisti scorre la storia del Bel Paese, di un’Italia dimenticata: quella dell’emigrazione, dei matrimoni riparatori, delle Fiat 600 e del boom economico.
Un romanzo che ancora una volta parla al cuore e accompagna il lettore “dentro” l’anima stessa dei protagonisti, con uno stile narrativo immediato e come sempre personalissimo.
“E’ stato un cammino lungo, intenso e profondo - osserva Magatti - ed è vero che alla fine ci si innamora dei propri personaggi. Con Ludovico detto Vico ho potuto affrontare le questioni che più mi stanno a cuore, quelle a cui il più delle volte è difficile dare spiegazioni logiche: l’amore che lega le persone e la difficile scelta di lasciar andare chi si ama per davvero, la maternità del cuore e non del corpo, quella che sancisce affetti particolari tra figli adottivi e i propri genitori”.
“Insomma mi sono posto tante domande - aggiunge - a cui ognuno troverà nel libro le proprie risposte. Ma la cosa più importante, per me, è rimanere sempre dalla parte dei più deboli”.
Il terreno su cui si avventura Magatti con questo romanzo non è semplice: i temi che affronta colpiscono duro, ma non mancano la tenerezza dello sguardo incantato sull’amore e la sua capacità di leggere i “piccoli spostamenti del cuore” che restituiscono intensità alla vita.
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