09 maggio 2022

Mandello. Il monumento ai caduti e la proposta di Vincenzo Zucchi per la sistemazione dei giardini

Il monumento ai caduti, opera di Giannino Castiglioni.


Gli interessanti appunti a cura di Luciano Rossi sulla storia dei giardini pubblici e della zona a lago di Mandello Lario si soffermano in particolare, in questa “puntata”, sulla collocazione del monumento ai caduti.

 Ritorniamo sulla sponda sinistra, all’inizio degli anni Trenta, e cerchiamo di vedere che aspetto stanno prendendo i giardini. A capire un po’ meglio la situazione ci dà una mano Vincenzo Zucchi, non però col ricchissimo Oppidum Mandelli a cui lavorò con passione per tutto l’arco della sua lunga vita, bensì con una lettera che invia nell’ottobre del ’31 al podestà Carlo Dell’Oro, subentrato a Garcea, in merito al progetto di spostamento del monumento ai caduti della grande guerra dalla piazza della Stazione. Penso serva qualche spiegazione, innanzitutto sulla viabilità.

Chi allora veniva da Lecco e voleva proseguire in direzione Colico, arrivato dove oggi c’è la rotatoria, doveva entrare in paese passando sotto il ponte della ferrovia, percorrere tutta via Parodi, Tonzanico e via Risorgimento fin oltre le attuali scuole medie. Qui la strada riattraversava la ferrovia con un passaggio a livello, poi riprendeva normalmente verso nord.

La stazione, quindi, non aveva la Statale davanti a sé ma soltanto un grande spiazzo in cui pochi anni prima era stato posto il monumento. Ora però la Statale sta per cambiare percorso, assumendo quello attuale al di sotto della ferrovia, lo spiazzo sarà ridotto e il monumento spostato. Ma dove? Quale sarà la sua collocazione più degna?

La proposta di Zucchi è di metterlo “nella piazza Gera, precisamente nel mezzo dell’esistente parco”, cioè dei nostri giardini, che non avevano ancora in realtà una forma definita.

Il monumento quando era collocato accanto alla chiesa di San Lorenzo.

 

Spiega infatti: “Naturalmente, per fare questo, occorrerebbe eseguire prima la sistemazione del parco medesimo, tracciando come una grande croce, nel centro della quale verrebbe elevato il monumento”. Questo comporterebbe sradicare gli alberi fuori posto e piantarne altri in modo che, insieme al monumento, anche “il parco verrebbe convenientemente sistemato nel miglior modo possibile”. In sostanza propone che il parco venga costruito intorno e in funzione del monumento.

Ovviamente non troverebbe più spazio il prato destinato alle gare di tamburello, che “potrebbe essere sistemato altrove oppure lievemente spostato”. In allegato c’è anche un suo disegno del progetto. L’immagine è di un’area geometrica con aiuole alberate che delimitano uno spazio rigorosamente pubblico.

C’è però un altro aspetto che ci sta a cuore, diciamo più “umano”. Zucchi era un “ragazzo del ’99”, uno di quei diciottenni che dopo la rotta di Caporetto, in un’ora disperata per l’Italia, vennero urgentemente arruolati e mandati a combattere al fronte, dando così inizio, insieme ai veterani, alla controffensiva che portò alla vittoria.

Rileggiamo sulla lapide del monumento i nomi dei caduti mandellesi: chissà quanti erano amici e magari coetanei di Vincenzo! Il suo progetto assomiglia più a un Sacrario che a un normale giardino pubblico e noi ne capiamo il perché.

Il disegno con la proposta di Vincenzo Zucchi per la sistemazione dei giardini.


Altre zone della Gera vennero proposte come nuova sede del monumento e proprio tra quelle che avevano corso il rischio di essere privatizzate.

L’Associazione nazionale combattenti, cui apparteneva anche Zucchi, eseguì un accurato sopraluogo insieme all’autore dell’opera, lo scultore Giannino Castiglioni, che era bravo e amava dimorare a Lierna, e suggerirono di posizionarlo nel triangolo del giardinetto su via Manzoni davanti al muro Falck, rivolgendolo verso l’ingresso del borgo, oppure all’estremità dello sperone di destra del molo, dove oggi c’è il cannone.

I combattenti indicarono anche la sporgenza-belvedere di piazza Imbarcadero, quello con le panchine semicircolari, e soprattutto la piazza della chiesa arcipretale, alla base del campanile, che sembrò la soluzione preferita dal podestà. In realtà venne poi posto lì accanto, addossato alla parete della casa parrocchiale in cui è stata recentemente aperta la porta del museo e solo dopo una quarantina d’anni, nel 1971, trovò finalmente “riposo” nella sede attuale dei giardini, con una lapide in più per i caduti della seconda guerra mondiale e della Resistenza.

Luciano Maria Rossi

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