Il particolare del porto di Mandello nella mappa del 1892.
Altri appunti di storia, altri “passaggi” riguardanti gli sviluppi della zona a lago di Mandello Lario. La “firma” è come sempre quella di Luciano Rossi.
Il Lombardo-veneto, a quanto risulta, ha fatto in tempo a costruire il porto. Ma ora siamo nel ’62 e nel Regno d’Italia. Il nuovo porto con il molo è a ridosso della casa Anelli (oggi Pini) e c’è chi l’ha acquistata a fine ’59 “nella piena persuasione che al momento della costruzione del Molo in Gera” tutto fosse stato eseguito a regola d’arte.
A scriverlo al Comune è il tutore dei figli minorenni di tale Pasquale Moneta, probabilmente morto dopo l’acquisto. Il tutore sostiene che “la cattiva costruzione del muro di parapetto, in apparenza solido”, ha minato le fondamenta della parte settentrionale della casa, quella appunto verso il porto, che ora minaccia di cadere. Non chiede soldi ma solo, “per prevenire maggiori danni e eventuali disgrazie”, di poter intraprendere subito i lavori “richiesti dalla natura del pericolo sulla proprietà comunale”.
Il Comune gli risponde di precisare in cosa consistono questi lavori per poter dare il proprio assenso, ma qui si chiude per noi la corrispondenza e non ne sappiamo altro, se non appunto che il porto c’era.
Trent’anni dopo, nel 1892, abbiamo la prova del nove che non solo il porto c’era, ma era molto simile a quello odierno: ne abbiamo il disegno! Basta riguardare con attenzione la mappa sul progettato spurgo del Meria dopo la piena dell’anno precedente.
Lasciamo stare il torrente e andiamo verso il borgo: ecco il dettaglio del porto, con il suo bacino rettangolare, l’accostamento alla casa Pini, le due rampe di discesa e il molo di protezione. Tutto a posto, dunque, tutto definito? Sì e no, perché è in arrivo un altro guaio.
Pochi anni dopo, infatti, nel 1896 c’è una nuova alluvione. E insieme ritornano tutte le preoccupazioni di quegli anni: il Meria, il molo, il cimitero e l’eterna mancanza di soldi del Comune. Solo la stazione e la ferrovia, ormai sistemate e entrate in servizio, sono fuori discussione.
E’ probabilmente il sindaco, in una successiva minuta non firmata, rivolta all’“Eccelso ministero”, a ricordargli i danni subìti dal Comune per lo straripamento del torrente “a cagione delle continue piogge di quell’autunno”, e in più la frana nel lago di “una metà dell’ala del molo formante il porto comunale”.
Così ora occorre intervenire con notevoli spese, per cui non si hanno i soldi, su due versanti: le consuete “opere urgenti di riparazione e difesa contro il torrente” e la ricostruzione del molo. Come il ministero sa, sarà indispensabile il suo contributo, che in effetti questa volta, seppure largamente insufficiente, arriverà.
Il Comune è alle strette. Delle opere da eseguire sul torrente, cioè l’arginatura, in realtà non fa più parola, ma in un consiglio comunale di fine 1899 il sindaco Giacomo Valpolini mette in fila le sue lagnanze.
Il cimitero, pagato a metà tra noi e Rongio, è costato 875 lire in più del previsto che dobbiamo ancora saldare. Per i terreni occupati, dobbiamo 2.000 lire. Per la cappella 1.000 lire. Per il porto, dedotto il contributo governativo di 1.000 lire, ne mancano 3.263,83. Messe tutte insieme, fanno 7.000 lire, per le quali non possiamo far altro che chiedere un mutuo.
Ma il primo cittadino ha in serbo nella manica un vero asso, nella persona dell’assessore Virgilio Ghianda, il quale - continua il sindaco - vedendo la situazione di necessità e “volendo dare una prova della sua benevolenza pel paese, si è dichiarato disposto di cedere egli al Comune la somma occorrente di lire settemila senza obbligo di restituzione da parte del Comune, ed alla sola condizione del pagamento, vita di lui durante, dell’interesse del 5 per cento, netto d’imposta, cioè di lire 350 annue”.
Il Consiglio approva all’unanimità e il Comune tira il fiato. Una riserva la esprime solo la Sotto-prefettura, che controlla i conti e scrive al sindaco: bene che non dovete restituire il capitale di 7.000 lire, ma che garanzie date “per quanto concerne la corresponsione degli interessi”?
Non ho trovato la risposta del Comune, ma è probabile che un’intesa si sia trovata e i lavori eseguiti perché neppure tre anni dopo, nel 1902, la Società Pro Mandello chiede l’autorizzazione al Comune di poter realizzare, assumendosi tutte le spese, un nuovo piazzale all’imbarcadero al posto del vecchio porticciolo che arrivava fino a ridosso della Torre. E’ l’attuale piazza Italia e l’intento è di “migliorare il paese, rendendolo sempre più gradito soggiorno dei forestieri, e per provvedere nello stesso tempo ad un bisogno vivamente sentito”.
Il Comune ringrazia la Pro Mandello considerando, insieme “all’utile grande che dall’opera ne verrà alla generalità degli abitanti”, anche il migliore accesso ai piroscafi, e dice subito sì. Difficile pensare che l’avrebbe detto se in Gera non avesse già avuto un porto adeguato, con il molo rifatto e in piena funzione.
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