Il disegno del progetto iniziale del 1856 per il porto di Mandello.
I giardini pubblici, il porto e lo sviluppo della zona a lago di Mandello Lario in un nuovo capitolo della storia analizzata e descritta da Luciano Rossi. Di seguito il testo della nuova puntata.
Si diceva dei progetti di porto realizzati nell’Ottocento. Il primo è quello del 1832: dove doveva essere esattamente? Lo direbbe con sicurezza soltanto il disegno perduto, ma l’indicazione della “località riconosciuta come la più favorita dalla natura” fa pensare alla stessa del porto attuale, con i previsti “moli di riparo dai venti tanto settentrionali che meridionali”, benché sembri strana la “figura di una porzione di elisse”.
Quello però non è ancora il porto che vediamo oggi: per quello, o qualcosa che gli assomiglia, dobbiamo aspettare un paio di decenni e poco più. Sarà la “ricostruzione del porto lacuale di Mandello”.
Troviamo la prima notizia in un avviso d’asta del luglio 1856 per l’appalto delle opere e successiva manutenzione a tutto il 1861. Lo pubblica l’Imperiale regio commissario del lombardo-veneto dopo una delibera della Deputazione comunale e siamo negli stessi anni del progetto per l’arginatura del Meria, gli anni difficili che cambiano l’Italia.
Incaricato del progetto è l’ingegner Cosmo Pini. Non sappiamo se appartenesse alla famiglia di garibaldini che conosciamo. Certo non abitavano nella casa adiacente il porto, che acquisteranno più tardi e allora, come indica il documento stesso, era di proprietà Anelli.
Pini spiega bene le motivazioni della nuova opera in sostituzione di quella esistente del ʼ32. Dice che “il porto non deve servire che in tempo d’estate, quando cioè il lago è in piena. In tempo di magra tutta la spiaggia del paese di Mandello serve benissimo di porto, mentre in tempo di piena non ha porto alcuno che sia sicuro. L’unico porto che serva in tempo di piena è l’attuale, posto al luogo di Gera, perché ivi havvi una riva sufficientemente inclinata e sufficientemente prolungata, difesa dall’impeto dei venti settentrionali”.
Però questo porto, cioè quello del ’32, non ha fondo né forma regolare, quindi va rifatto, secondo il disegno che allega, basato non sulla “magra segnata zero nell’idrometro”, bensì sulla “piena ordinaria”, considerata a metri 1,80 (se vi incuriosisce la mutevole altezza del lago, c’è l’asta graduata di un idrometro nella darsena Falck: andrebbe ripulita e sistemata, ma la si può almeno intravedere, parzialmente e con un po’ di fatica, dal ponticello di accesso alla darsena, guardando attraverso il cancello verso il muro di fronte).
In realtà il progetto, sebbene già consegnato all’appaltatore Giovanni Gagetta, verrà subito modificato, come richiesto da “quella popolazione per maggior comodo e sicurezza delle barche”. E le modifiche sono quelle che configurano il porto di oggi. Infatti verrà prolungato “fin contro la casa Anelli sopprimendo la predella e la rampa di discesa, che a fianco di quella casa eran prescritti”, e costruendo un muro a difesa della casa. Inoltre si dovrà fabbricare il molo “contro i forti venti di mezzodì”, molo che non era stato inserito nel progetto iniziale solo perché non ci stava nel bilancio, pur essendo assolutamente necessario, “giacché il porto non sarà mai sicuro” senza di esso.
Pini fa un po’ di conti e tira le somme: visto che siamo già in ballo (lui dice “in giornata”) con i sassi, la sabbia, gli attrezzi e tutto, conviene fare subito anche il molo, perché, se aspettiamo, l’appaltatore non riuscirà più a “costruirlo a 8 lire al metro cubo, dedotto il ribasso d’asta… trattandosi di un muro che va fondato tutto nell’acqua, e che va costrutto con lastroni di Moltrasio in corpi regolari”.
Già che ci siamo, “il vicin vecchio porto del paese dei Mulini, frazione di Mandello, ha il muro di difesa in istato vero di disfacimento. Ora quella frazione vede bensì volentieri che il paese di Mandello costruisca il suo nuovo porto in buono stato di difesa, ma desidera in pari tempo che sia ristorato il suo porto”.
Più che giusto. L’unica incognita è l’anno: 1857, mese di febbraio. Farà in tempo il lombardo-veneto, cui va dato atto di una notevole operosità, a vedere le opere finite (o quasi)? E saranno fatte bene? Alla prima domanda risponderemmo di sì, alla seconda giudicate un po’ voi, sulla base di un documento privato di pochi anni dopo, che è in realtà una protesta, e che vedremo la prossima volta.
Luciano Rossi
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