I partecipanti alla spedizione lecchese al Cerro Torre.
“Mai come in quel momento avvertiamo che il Cerro Torre non è stato vinto da qualcuno dei Ragni, ma da tutti i Ragni. L’esultanza è di tutti, e non si saprebbe distinguere chi è giunto in vetta e chi ha invece dovuto rinunciare, sempre per la causa della vittoria. Avevamo voluto il rilancio del gruppo in una forma concreta: l’obiettivo era stato raggiunto. Lo vedemmo subito sulla vetta, all’Estancia, a Lecco, dove ritrovammo il calore e l’affetto di tutti. Lo vedremo tra mesi, lo vedremo certamente tra anni”.
Così scriveva nel maggio 1974 la Rivista mensile del Club Alpino Italiano dopo l’avvenuta conquista da parte della spedizione “Città di Lecco” della Ovest del Cerro Torre.
E su un numero della rivista Uomini e Sport del 2013 si legge: “L’impresa, che rimane forse l’emblema più glorioso dei Ragni, non avrebbe avuto bisogno di un richiamo per rinfrescarne la memoria, tanto riteniamo sia profondamente insediata nel cuore di chi a Lecco ama l’alpinismo e si sente sempre orgoglioso delle sue più eccelse conquiste. La vittoria sulla tremenda parete Ovest del Cerro Torre appartiene infatti al genere delle imprese che passano alla storia per non più tramontare, riuscendo a tenere vivo l’entusiasmo per moltissimi anni”.
Nell’approssimarsi dell’anniversario di quella storica conquista il lecchese Renato Frigerio, grande appassionato di montagna e attento cultore di tutto ciò che si lega alla storia dell’alpinismo, ci invia l’intervento che di seguito pubblichiamo:
Gennaio 2022 rappresenterà per l’alpinismo lecchese un rinnovato anniversario che non può passare sotto tono per il valore eccezionale di un’impresa realizzata dopo innumerevoli tentativi da parte di chi individuava nella parete Ovest del Cerro Torre una tra le più superbe conquiste di ogni tempo.
La conquista della Ovest del Torre aveva avuto allora risonanza mondiale e non poteva essere diversamente. Segnò una tappa fondamentale nella storia dell’alpinismo, un successo che qualifica chi lo raggiunge, che nobilita la storia stessa dell’alpinismo.
Tornare con il ricordo alla Ovest del Cerro Torre significa tornare ai tempi più prestigiosi del nostro alpinismo per ricaricarsi della stessa passione, della stessa volontà, della stessa preparazione.
Mario Conti, uno dei quattro alpinisti che raggiunsero la vetta del Torre nel gennaio 1974.
Nella narrazione sistematica delle vicende degne di memoria dell’alpinismo mondiale il Cerro Torre (3.128 metri) occupa una storia particolare e movimentata.
Il Torre, nel massiccio del Chaltèn, provincia argentina di Santa Cruz, grande quasi come l’Italia, è una spettacolare guglia della Patagonia meridionale che, considerato il prevalere del maltempo, offre alcune tra le scalate più difficili al mondo.
Il gruppo del Torre fa parte di una catena lunga 30 chilometri, che corre da Nord a Sud, tra il Paso Marconi e il Paso del viento, tra Cile e Argentina.
Il remoto versante occidentale del Cerro Torre è costituito da un’unica parete alta 1.200 metri, un impressionante precipizio verticale di roccia granitica, che termina con un fungo di neve e ghiaccio. Anche Lecco si era rivolta alla Ovest del Torre.
Nel 1958 fecero un primo tentativo Walter Bonatti e Carlo Mauri e nel 1970 una spedizione guidata dal “Bigio” ritentò la scalata. Quel secondo tentativo si interruppe, oltre il “cappuccio” sulla sommità di ghiaccio dell’Elmo, a poco meno di 250 metri dalla vetta.
Finalmente nel 1974, alle 17.45 del 13 gennaio, Casimiro Ferrari, Mario Conti, Daniele Chiappa e Pino Negri raggiunsero la cima scalando la parete Ovest e la cresta Sud-ovest, aprendo così la “via dei Ragni”.
Dal tentativo pioneristico del 1958 possiamo dire che i lecchesi, da protagonisti, hanno fatto la storia della stimolante Patagonia e del Cerro Torre in particolare. Senza dimenticare il Fitz Roy e lo stesso Torre, con i loro satelliti, inclusa l’estensione al Gruppo del Paine e a partire dal 1956, sul Sarmiento.
Il Cerro Torre con le sue vicende di successi e insuccessi ha testimoniato che la pratica dell’alpinismo di conquista, esattamente come all’epoca dei precursori, significa sogno e azione, il più delle volte all’estremo limite delle condizioni, a dimostrazione del possibile e che può comprendere inoltre e perfino anche elementi di competitività e di controversie via via espresse, attraverso i mezzi di comunicazione contemporanei, da scalatori esperti ed affermati provenienti da ogni parte del mondo.
La conquista della Ovest del Cerro Torre è un magnifico successo per la comunità della montagna, che coinvolge l’intera cittadinanza lecchese e che è anche un mezzo essenziale per la promozione dei grandi valori dell’alpinismo: inclusione sociale, avanzamento del territorio con maggiore visibilità e richiamo delle sue splendide realtà culturali, artigianali, economiche e commerciali, imprenditoriali, ma soprattutto un migliore richiamo e riferimento attrattivo che è espressione della riconosciuta tradizione e formazione alpinistica praticata e realizzata sulle pareti delle montagne del territorio lecchese.
E’ con questi propositi che intendiamo ricordare l’approssimarsi dell’anniversario della conquista della Ovest del Torre, nella fiducia che, chi è tuttora orgoglioso del prestigioso passato dell’alpinismo lecchese e dei suoi protagonisti, si senta sollecitato nel partecipare a contribuire con onore a quella memoria che ha la funzione di promuovere una passione per l’alpinismo in linea con quello che di più grandioso i lecchesi hanno realizzato in montagna.
Se poi è vero che le emozioni non invecchiano, non muoiono, ma albergano e vivono nel nostro cuore, allora c’era anche il Cerro Torre per riprovare lo stesso insieme, per ricordare quelle vibrazioni che il passato può regalare. La montagna è solo una parte della vita, ma qui è la cifra umana a stringere i sentimenti di un’amicizia che non sarà mai dimenticata.
Allora diamo il giusto valore a queste sensazioni. Infatti sono imprese simili che passano alla storia e che torniamo a rivivere, riuscendo così a tener vivo l’entusiasmo per moltissimi anni, nel cuore di chi a Lecco e altrove ama l’alpinismo e si sente orgoglioso di farne parte attiva, o più semplicemente appassionata.
Renato Frigerio
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