Avanti con le vicende che hanno contrassegnato la storia dei giardini pubblici di Mandello Lario. Altre pagine scritte da Luciano Maria Rossi per documentare fatti e retroscena fin qui ai più certamente sconosciuti.
E’ il 1928 e abbiamo visto le proteste dei cittadini contro la cessione a un privato (Falck) del nuovo giardino pubblico attiguo all’area per il mercato in Gera. E Garcea, il podestà bersaglio di tante critiche, cosa fa? Intanto diciamo che la sua giurisdizione si è allargata, perché il Comune di Mandello, che prima comprendeva soltanto il borgo a lago, i Mulini e Maggiana, nel ‘27 ha inglobato i soppressi Comuni di Olcio, Rongio e Somana. La popolazione è così passata da circa 1.500 abitanti a più di 4.500.
Ma lui che tipo era? Abbiamo pochi elementi per tracciarne un ritratto sicuro, però un paio di cose possiamo dirle. Era sicuramente ligio alle grandi direttive che gli arrivavano dal governo fascista. Sempre nel ’27 ad esempio, un anno dopo l’istituzione dei Balilla e delle Piccole italiane, aveva deplorato che a Mandello ancora non ci fossero, “in un paese nel quale così vivo e sentito è il sentimento di italianità e l’animo nobile e generoso”.
Aveva pertanto preparato, “in perfetta comunione di intenti” con il Fascio locale, una sorta di appello-circolare per chiedere contributi utili alla loro formazione “inquantoché, pur volendo, il Comune non potrebbe addossarsi la intera, per quanto modesta, inevitabile spesa inerente”. Che poi, per tanti di questi Balilla, ci fosse la guerra ad attenderli, è un pensiero che ancora oggi mette tristezza.
Ci sono inoltre i suoi rapporti con Falck, che non so quanto possano aver pesato nella nostra vicenda. A quanto pare Garcea si rivolgeva spesso a lui per risolvere problemi pubblici e privati, anche al di là della questione Gera.
In una breve lettera che Falck gli invia nell’agosto ’28, proprio pochi giorni prima delle proteste, vediamo che lo aggiorna su due sue precedenti richieste molto diverse tra loro. Prima lo informa che ha provveduto, tramite il Rotary, a parlare con il condirettore generale della Stipel in merito alla rete telefonica di Mandello, che era stata staccata da Lecco con un aggravio dei costi per gli utenti, poi lo rassicura sul mutuo di un milione richiesto dallo stesso Garcea alla Cassa di risparmio di Milano (mi sembra una cifra enorme e non so a cosa servisse, ma c’è scritto proprio così). Dice che conta di incontrare presto il presidente della Cassa “e può stare certo che raccomanderò caldamente la sua domanda”.
Torniamo alle proteste. Siamo a metà ottobre e Garcea reagisce. Non entra però, come ci saremmo aspettati, nel merito sociale delle richieste di Bruschetti, il suo vice, e di tanti cittadini di Mandello, ma sposta semplicemente il problema sulla difesa di Falck. Nella copia di una lettera riservata senza indirizzo (c’è scritto solo “Eccellenza”, forse il prefetto o qualcuno più in alto) scrive che il commendator Falck “non aveva ricevuto che degli affronti personali in risposta alle varie iniziative che aveva preso nell’interesse della cittadinanza mandellese”. Riporta poi che in un colloquio avuto con lui pochi giorni prima a Dongo, dove Falck, che lì era nato, era stato festeggiato dalle autorità, dalla banda cittadina e dalle maestranze dei suoi storici stabilimenti, questi gli aveva espresso “il desiderio di non parlare più oltre delle questioni in corso, poiché egli era fortemente disgustato del contegno di persistente ostilità da parte del Fascio di Mandello - ostilità ch’egli non sa spiegarsi trattandosi di Camerati”. Gli aveva però assicurato che le altre “richieste di concessioni a beneficio della popolazione saranno da lui ugualmente mantenute”. Con eleganza, sembra indicare una resa, almeno parziale, da parte di entrambi di fronte a una situazione divenuta difficilmente sostenibile.
La conferma viene, nel marzo 1929, da una comunicazione del prefetto allo stesso Garcea, avente per oggetto ancora l’arginatura del Meria. Si dice che “le proposte a suo tempo avanzate hanno ora subito notevoli e sostanziali modifiche” e perciò richiedono un nuovo accordo, perché Tagliaferri ha receduto dal suo proposito, e anche Falck ha spontaneamente rinunciato ai terreni della convenzione primitiva, accettando la sostituzione con altri.
Falck dunque eseguirà l’arginatura della sponda sinistra per oltre 200 metri e sistemerà l’alveo, costruendo anche un equivalente tratto di strada (dalla fontana a via Maestri Comacini) e sistemando a giardino un’area al momento incolta. In cambio avrà un “relitto di forma triangolare attiguo alla piazza del mercato” e un’area compresa “tra il lago di Como, il molo di Mandello e il piazzale Gera”, presumibilmente sempre quella attigua alla darsena.
Tale terreno e tutta “l’estesa interessante il progettato giardino” dovrà avere “aspetto estetico soddisfacente, e a tal uopo converrebbe al Comune gravare l’area in cessione del divieto di fabbrica”.
Quanto a Redaelli, arginerà la sponda destra, sistemerà l’alveo, costruirà il nuovo ponte pagandolo per due terzi e costruirà una strada che lo collega a quello vecchio (l’attuale via al Campo Sportivo). In cambio avrà il terreno risultante sulla sponda destra.
Questi almeno sembrano gli accordi. Ma le opere languiranno ancora. In settembre il prefetto invita nuovamente le parti a stipulare le convenzioni “che sono tuttora in stato di elaborazione”, e il podestà Garcea chiede all’incaricato di Falck di inviargli “copia della planimetria del lotto 6, quale dovrebbe essere ceduto al commendator Falck, dopo la prevista riduzione”.
Ci resta il dubbio di cosa rimanga dopo questa riduzione: forse la solita area, o parte di essa, presso la darsena. Comunque arriviamo alla fine del ’31 e il Genio civile chiede in visione e dopo tre settimane restituisce al Comune gli “allegati del progetto ingegner Guzzi per la sistemazione del torrente Meria”. Se interpreto bene la cosa, i lavori, a dieci anni dalla prima menzione, non sono ancora iniziati, e se volete la mia impressione, non inizieranno mai, almeno a quelle condizioni. Solo i nostri giardini (pubblici) cominciano a prendere forma. Ma i documenti sull’argomento si fermano qui e dobbiamo cercarne altri.
Allego, a completamento dei benemeriti cittadini che nella precedente puntata si opposero alla privatizzazione del verde, le firme dei frontisti e degli “imprenditori”.
Luciano Maria Rossi
“aspetto estetico soddisfacente, e a tal uopo converrebbe al Comune gravare l’area in cessione del divieto di fabbrica”... il governo fascista si dimostrava attento alla qualità verde dei giardini!! Memento
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