Un’altra puntata della storia dei giardini pubblici a lago di Mandello Lario. A scriverla e a inviarcela è come sempre Luciano Rossi e il periodo in cui si svolgono gli eventi in questione sono ancora gli anni Venti del secolo scorso:
Torniamo alle buche da colmare. E’ il 1924 e Falck ha denunciato l’abuso di scavare queste buche profonde per ricavarne sabbia sulla sponda sinistra del Meria, con pericolo per la sua proprietà (la vigna Bertarelli-Falck) e i terreni comunali.
In realtà il guaio era anche più grave e il commissario prefettizio Castelli interviene subito. In un manifesto del mese di agosto, in cui doveva aver piovuto tanto, ci informa sul deviamento del Meria “che in occasione della recente piena ha asportato una porzione lunga una sessantina di metri e larga oltre un metro della proprietà comunale alberata di Gera”.
Di conseguenza vieta immediatamente gli scavi di sabbia lungo la sponda sinistra e poco dopo ordina che si provveda a una sistemazione provvisoria della stessa, per evitare “un permanente pericolo per l’abitato”. Dunque il Meria esondava spesso, l’acqua allagava la Gera e arrivava a minacciare il borgo.
Fate caso anche alle parole usate. Qui si parla ancora di “proprietà comunale alberata di Gera”, come era stata da secoli, se ricordate il documento del Seicento riguardante Marcellino Airoldi, quello scritto in latino che avevamo visto agli albori della nostra storia. Ma i tempi sono maturi: neppure due anni e cominceremo a sentir parlare ufficialmente anche di “giardino comunale”, nella prospettiva di una sistemazione di tutta l’area.
Possiamo anche segnarci la data, sebbene sia una medaglia a due facce: 3 luglio 1926. E’ la delibera dello stesso commissario prefettizio, di cui purtroppo conosciamo solo l’oggetto, riportato in un altro documento, e non il testo: “arginatura delle sponde del torrente Meria, costruzione di un ponte in ferro sul torrente medesimo, di un nuovo bacino di scarico, nonché di un giardino comunale in piazza Gera”. Anche dell’intero progetto, elaborato nello stesso periodo dall’ingegner Guzzi, non abbiamo il testo né le mappe complete.
Ma cercando nelle testimonianze successive, qualcosa, tra molti dubbi e lacune, riusciamo a ricostruire. Sappiamo ad esempio che il ponte in ferro è sempre quello di via ai Mulini, promesso cinque anni prima in cemento armato per due terzi da Redaelli: la spesa prevista è ora di 20.000 lire a carico suo e della sua ditta e 10.000 del Comune.
Poi c’è il bacino di scarico, forse per la raccolta delle acque del paese, previsto a fianco della darsena Falck che già esisteva, e infine, collegati insieme, l’arginatura del Meria, il cui inizio verrà peraltro rinviato per anni, e i nostri giardini. E qui ci aspettano sorprese.
Nel frattempo al vertice di Mandello sta per cambiare chi comanda. E’ l’effetto di uno dei provvedimenti autocratici (li hanno chiamati “leggi fascistissime”) del ’25-26, con cui il Partito fascista, ormai ampiamente maggioritario anche in Parlamento dopo le elezioni del ’24, scioglie tutti gli altri partiti e le associazioni non fasciste, imbavaglia la stampa, istituisce il Tribunale speciale, il confino e la pena di morte, e insomma invade ogni precedente spazio di libertà e democrazia. A capo di ogni Comune mette il podestà, anche se spesso chiamato ancora commissario prefettizio, alle strette dipendenze del prefetto, di cui vengono ampliati i poteri. Tutti naturalmente nominati dal Governo tra i fedelissimi. Da noi arriva il cavalier Riccardo Garcea, che all’inizio del 1927 ci informa appunto di quella delibera sulla sistemazione del Meria e di come fronteggiare la spesa di 10.000 lire del Comune per il ponte. E per le altre opere?
Ecco la prima sorpresa, di cui veniamo a conoscenza proprio da una prolungata corrispondenza tra il podestà e il suo superiore, il prefetto di Como, che sembra non capire bene le modalità finanziarie della sistemazione del Meria e chiede ripetuti chiarimenti.
La sostanza è che si è raggiunto un accordo preliminare tra il Comune da un lato, e Redaelli, Falck e il capomastro Tagliaferri dall’altro. Questi eseguiranno le opere di sistemazione e arginatura del nuovo corso del Meria e il Comune in cambio cederà loro dei terreni di sua proprietà. Ma quali? Quelli appunto presso la nuova foce del Meria, la stessa che vediamo oggi, a destra e a sinistra.
Ma se a destra c’erano i terreni che Redaelli voleva già comprare, a sinistra c’è la nostra Gera, da sempre “proprietà comunale alberata”. Sta dunque per diventare parzialmente privata? E come mai una decisione del genere? E sono tutti d’accordo?
No, tutti d’accordo non sono, anzi ci sarà una tormentata controversia, come ci diranno, in qualche caso con dovizia di particolari, i prossimi documenti.
Luciano Maria Rossi
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