L’oro conquistato ieri a Tokyo da Banti e Tita nei Nacra 17 riporta alla mente le imprese del mandellese, due volte terzo ai Giochi con “Dodo” Gorla nella classe Star
Alfio Peraboni |
(C.Bott.) La medaglia d’oro vinta ieri nella vela (classe Nacra 17) da Caterina Banti e Ruggero Tita, la quinta per l’Italia ai Giochi di “Tokyo 2020”, fa ripensare ai due splendidi bronzi olimpici conquistati a Mosca 1980 e a Los Angeles 1984 da Alfio Peraboni e Giorgio Gorla nella classe Star.
Erano gli anni Ottanta e con quelle due medaglie, ma anche con un alloro mondiale e tre primi posti ai campionati europei, Alfio e “Dodo” fecero rivivere le epiche imprese di Straulino e Rode e riuscirono a far tornare grande la vela italiana.
E’ a Mandello che Peraboni ha lasciato una traccia profonda. Sul Lario, infatti, mosse i suoi primi passi come prodiere, sempre in coppia con Gorla, e anche nei suoi ultimi anni di carriera non era raro incontrarlo durante le regate e gli allenamenti organizzati dalla Lega navale e dai circoli velici del Lago di Como.
Alfio Peraboni in una foto che lo ritrae con Giorgio Gorla. |
Così, anni fa, proprio gli amici di Mandello ricordavano Peraboni: “Alfio con la sua stazza immensa, la sua passione, la sua competenza e la sua classe di prodiere ineguagliabile aveva indubbiamente la stoffa del grande atleta. Alla fine di una carriera olimpica stratosferica si era dedicato ad altri aspetti della vela come la sperimentazione di materiali ultraleggeri, mantenendo sempre lo stesso carattere agonistico e impetuoso”.
“Con la battuta sagace sempre pronta - aggiungevano - l’irruenza appassionata e ironica che gli erano proprie e quel sacro fuoco che gli continuava a bruciare dentro, impedendogli di rimanere lontano dal mondo della vela, continuò ad allenare giovani velisti, non lesinando consigli e svelando i trucchi del mestiere”.
Nato a Monza l’8 maggio 1954 e in seguito trasferitosi con la famiglia a Mandello, Peraboni si dedicò inizialmente all’atletica partecipando a varie competizioni agonistiche e distinguendosi per disciplina e resistenza fisica. Decise poi di avvicinarsi al basket e approdò alla corte dell’Elettromeccanica Lecco.
Nel 1972 fu ceduto, con un’operazione per quegli anni clamorosa, alla “Pallacanestro All’Onestà”, la seconda squadra di Milano, che lo portò a debuttare in serie A. In seguito una serie di situazioni negative gli fecero però prendere la decisione di lasciare il basket.
Peraboni e Gorla dopo una delle loro vittorie nella classe Star.
A Mandello qualche tempo dopo avvenne l’incontro con quella che sarebbe diventata la grande passione della sua vita, appunto la vela. Grazie all’ingegner Giulio Cesare Carcano, progettista alla Moto Guzzi, e al costruttore di barche Danilo Folli, Peraboni salì per la prima volta su una barca della classe Star come prodiere del piemontese “Dodo” Gorla, farmacista di professione. Nacque così, quasi per caso, uno tra i migliori equipaggi di tutti i tempi.
Coniugando precisione e potenza, i due iniziarono a vincere tutto, a collezionare medaglie e allori. Nel 1984 a Vilamoura, in Portogallo, salirono sul gradino più alto del podio ai Mondiali e in seguito si aggiudicarono tre campionati europei. Nel loro palmarès figurano altresì cinque titoli italiani.
Peraboni morì il 12 gennaio 2011 a soli 56 anni.
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