Il sacerdote all’omelìa: “Ci apprestiamo a compiere un gesto cristiano difficile da capire, ma per chi ha fede questo è soltanto un passaggio, non la fine di tutto”
(C.Bott.) Tanti giovani, tanti amici. E tanti occhi lucidi. Mandello ha tributato oggi pomeriggio l’estremo saluto a Enrico Centali, il ventinovenne vittima dell’incidente stradale accaduto domenica pomeriggio nel tunnel della nuova Lecco-Ballabio. Tanti sguardi attoniti e, al centro dell’arcipretale di San Lorenzo, posata a terra appena sotto i gradini che conducono al presbiterio, la bara di legno chiaro coperta di fiori.
Tanta incredulità e un dolore immenso. E una grande mestizia. La tristezza che inevitabilmente si accompagna a ogni rito funebre sembra stridere con la maestosità e la bellezza della chiesa.
“Enrico è stato tragicamente chiamato dal Signore - premette don Giuliano Zanotta all’inizio delle esequie - e noi oggi siamo qui per sostenere i suoi cari e i suoi amici nella solidarietà e nell’affetto sincero”. “Quello che ci apprestiamo a compiere - aggiunge il parroco della comunità pastorale di Mandello - è un gesto cristiano difficile da capire, ma per chi ha fede questo è soltanto un passaggio, non la fine di tutto”.
La seconda lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi, poi il Vangelo di Matteo. Pagine della Scrittura che invitano alla riflessione. E la sollecitazione a interrogarsi sul senso della vita (e della morte) arriva anche dal sacerdote, all’omelìa. “Vogliamoci bene finché ne abbiamo la possibilità”, dice don Giuliano, che subito riprende e rafforza il concetto espresso all’inizio del rito: “E’ vero, non c’è una spiegazione razionale a quanto accaduto e la sola risposta, per un cristiano, è nella fede”.
Poi l’invito a vivere sempre in pienezza la nostra esistenza, “lunga o corta che sia”. “Così è stato per Enrico - aggiunge - che era un generoso e al quale piacevano tante cose belle della vita”.
Infine l’invocazione al Signore “perché ci dia la forza per affrontare e superare questo momento così difficile e tuttavia il più importante della vita cristiana di Enrico, che ora è al centro della chiesa, rivolto verso l’altare e verso Dio”.
Il rito dell’aspersione e dell’incensazione del feretro, poi nella chiesa sale alto l’applauso. Sono gli amici a portare a spalla la bara fuori dall’arcipretale.
Sul sagrato pochi ragazzi riescono a trattenere le lacrime, specie quanto gli altoparlanti diffondono le note di Now we are free, la colonna sonora del Gladiatore. Ora siamo liberi. Una donna si avvicina alla bara e vi depone un girasole e una rosa bianca. Il brano musicale si conclude e Mandello tributa a Enrico un altro lungo applauso.
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