28 giugno 2021

“La Resistenza in Brianza”. Pagine di storia e un invito esplicito a sfidare il qualunquismo

Nella prefazione del libro di Pietro Arienti si legge: “C’è bisogno di conoscenza e di rigore scientifico, oltre che di emozioni. C’è bisogno di ricercatori attenti ed emozionati che non rinuncino a raccontarci i fatti che stanno dietro gli affetti”



di Claudio Redaelli

Di quel volume Giancarla Pessina, in quegli anni alla guida dell’Anpi provinciale lecchese, non esitò a dire che si trattava di “un lavoro molto serio, uno dei migliori libri scritti sull’argomento”. In tal modo ne sollecitò all’allora sindaco di Merate Giovanni Battista Albani la ristampa. Detto e fatto.

Albani ne parlò all’ingegner Luigi Zappa, noto per il suo amore per la trasmissione della memoria che lo rese meticoloso ricercatore e conservatore di quei documenti offerti alla conoscenza delle giovani generazioni nella sezione storica del museo civico di Merate, e il progetto di ristampa si mise immediatamente in moto.

Era il 2005. Un anno dopo la seconda edizione de La Resistenza in Brianza 1943-1945 di Pietro Arienti era realtà. E lo stesso Albani, alla vigilia della ricorrenza del 25 aprile appunto del 2006 ebbe a dire: “La lettura di importanti pagine di storia e di sacrificio possano essere un invito a resistere  a quel malessere fatto di qualunquismo, di discredito delle istituzioni democratiche che tenta di minare la nostra società e siano di stimolo verso gli impegni civili e sociali per il mantenimento dell’insostituibile valore della libertà”.

Parole di stretta attualità, verrebbe da dire, anche a distanza di 15 anni da quando furono pronunciate. E sempre attuali sono anche i contenuti del libro di Arienti, che Raffaele Mantegazza, docente di pedagogia interculturale e della cooperazione  presso la facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Milano Bicocca, non esitò a definire “un libro di storie e di storia, che si costruisce mediando l’inevitabile dimensione affettiva con il rigore della ricostruzione, estraendo il discorso sulla Resistenza dalle secche della retorica e dell’emozione pura per immergerlo nel bagno del rigore scientifico, senza però fargli perdere nulla della sua capacità di indignare il lettore”.



Noi viviamo in un’epoca nella quale per la prima volta nella storia la specie umana ha costruito la tecnologia che può distruggere la vita sul pianeta. Se un tempo, nelle guerre, erano i villaggi e le grandi città a essere coinvolti, oggi ad andarci di mezzo potrebbe essere tutta la Terra. E tutto ciò ci fa capire che siamo in una situazione inedita: battaglie, guerre e morti ci sono sempre stati ma non i campi di sterminio e la bomba atomica, con il 90 per cento di civili morti in una guerra dopo il 1945.

E allora lo stesso Mantegazza ricordava nella prefazione de La Resistenza in Brianza che “ciò ha bisogno di conoscenza, di rigore scientifico e di storia, oltre che di emozioni. Ha bisogno di ricercatori attenti ed emozionati che non rinuncino a raccontarci i fatti che stanno dietro gli affetti”.

Nell’introduzione, poi, veniva ribadito che “è sempre necessaria una puntualizzazione sulla Resistenza, di fronte all’incalzante revisionismo storico, spesso usato in senso strumentale”.



Ecco allora il fenomeno della lotta partigiana inteso come moto di ribellione a un regime dittatoriale prima e come promozione di una nuova società basata sui princìpi della democrazia poi.

L’Italia nata dopo la fine della guerra era inequivocabilmente figlia della Resistenza. E la democrazia italiana vide formarsi in quei momenti le sue radici.

Il libro di Pietro Arienti ha dunque un grande significato, perché spalanca le porte alla visione di una Resistenza che ha avuto spunti di grande coraggio, creando non poche preoccupazioni agli occupanti e ai loro alleati. Una Resistenza che, malgrado le difficoltà di sviluppo in un ambiente tradizionalmente moderato e poco incline alla ribellione, seppe guadagnarsi una sua dignità morale, politica e militare.

E questo è anche il messaggio che gli oltre 200 caduti brianzoli, gli oltre duecento deportati tra sopravvissuti e deceduti e l’imprecisato numero dei combattenti e dei patrioti devono comunicare, anche attraverso le pagine de La Resistenza in Brianza 1943-1945.


 

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