Nel 1978, due anni dopo la tragica scomparsa dell’indimenticato parlamentare e sindaco della città di Lecco, venne data alle stampe a cura del Circolo Salvemini una pubblicazione con una serie di significative testimonianze
di Claudio Redaelli
Era il 1978 e il Comune di Lecco dava alle stampe, a cura del Circolo Salvemini, una preziosa pubblicazione dedicata a Ugo Bartesaghi, “raccontato” attraverso le parole e le testimonianze di monsignor Enrico Assi, Aroldo Benini, Pietro Gaetani, Giorgio Gasparotti, Ulisse Guzzi, Gabriele Invernizzi, Mario Melloni, Pietro Oriana, Armando Panzeri, Carlo Panzeri, Elio Quercioli (che fu segretario regionale e membro della direzione del Partito comunista), Claudio Redaelli, Pino Resinelli, Leopoldo Rossi, Giulio Spini, Rodolfo Tirinzoni, padre David Maria Turoldo e don Egidio Valtorta, vicerettore del Collegio San Carlo di Milano.
A introdurre Lecco per Ugo Bartesaghi (questo il titolo della pubblicazione) l’allora sindaco della città Giuseppe Resinelli, il quale non esitava a parlare di “un uomo davvero grande” e dell’opportunità di “riflettere e ripensare una vicenda umana della quale Bartesaghi non è stato astratto protagonista ma interprete vero e autentico”.
La vicenda umana di colui che, richiamato alla politica come a un dovere, scopre in quella stessa attività “la più sublime delle attività, il vero impegno del sapiente, e vi dedica non i ritagli del suo tempo ma tutto se stesso, perché in quell’attività che ha per fine le regole della convivenza cerca davvero e crede di scoprire la verità”.
Già, la verità. La ricercava, Ugo Bartesaghi, nel contatto con gli uomini, nella disponibilità a difendere le cause dei deboli e dei vinti. La ricercava nelle idee e nell’atteggiarsi dei singoli Stati, nella loro politica estera.
Era uomo di dialogo e un antesignano della distensione, un precorritore della teoria dell’incontro e non già dello scontro “anche se - come ebbe a scrivere sempre Resinelli - per teorizzarla e affermarla non sdegnò in qualche occasione la contraddizione e lo scontro”.
“E’ stato detto di lui, come del ribelle di Olivelli, “segno di contraddizione” - osservava ancora il sindaco della città manzoniana - ma anche di incontro. Come il suo ponte che congiunge le due rive e che consente a tutti, peccatori e santi, di attraversare il fiume. Il fiume che percorriamo tutti e che è destinato a portarci lontano dalla nostra vita di oggi”.
Via quindi alle qualificate testimonianze, a partire dall’omelìa pronunciata da monsignor Enrico Assi quel 20 marzo del ’76 in occasione dei funerali di Ugo Bartesaghi, che era nato a Erba il 30 maggio 1920 e che fu parlamentare (eletto deputato per la prima volta alle politiche del ’53) e, dal 1948 al ’54, sindaco della città di Lecco.
Chi scrive ricordò a sua volta in quella pubblicazione, in qualità di esponente della segreteria della Federazione lecchese del Pci, Ugo Bartesaghi. Ricordai innanzitutto l’incontro del marzo del 1958 proprio nella sede del partito, in una atmosfera cordiale e amichevole. E la sua scelta di portare avanti la politica della distensione e della pace.
Poi un episodio della campagna elettorale del ’63, quando il partito mi aveva incaricato di seguire, per una trentina di sere, la “campagna” di Bartesaghi. Al cinema della Società operaia di Chiavenna incontrò i frontalieri. E io ricordai nella mia testimonianza l’affollarsi delle domande, degli interrogativi, delle esposizioni di situazioni spesso angosciose delle quali quegli uomini erano protagonisti.
Infine un terzo episodio. Ero stato assente da Lecco per qualche giorno, in quei giorni di marzo del ’76, e Bartesaghi era venuto a cercarmi per sottopormi una questione che gli stava a cuore e che riguardava anche l’amministrazione dell’ospedale cittadino. Non poteva partire per Roma senza essersi documentato. E io ho avuto la ventura di accompagnarlo alla stazione di Lecco, al treno delle 9.47, al marciapiede del quinto binario.
Mi mostrò alcuni fogli di appunti, mi espose tutti gli aspetti contraddittori della vicenda e mi salutò dal treno con una vigorosa stretta di mano. Poi, al giornale, appresi la notizia terribile che sconvolse tutti, seguita da una domanda: perché?
Ugo Bartesaghi è stato un uomo che con le sue scelte, con il suo coraggio, con la sua generosa disponibilità tanto ha operato - come cattolico accanto ai comunisti - per la causa del progresso della società, del miglioramento di tutti noi, dandoci una lezione indimenticabile di coerenza, serenità e coraggio.
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