Il missionario liernese scrive dalla Thailandia: “Mi auguro di poter condividere presto con tutti voi notizie di altro tenore, con l’augurio che questo tempo di paura e di incertezza, segnato dal buio e dalla sofferenza, possa ritrovare quella luce piena di serenità e gioia”
Padre Alberto Pensa all'Holy family catholic centre di Ban Pong, in Thailandia. |
(C.Bott.) “Carissimi amici, vi raggiungo con questa lettera durante il periodo delle vacanze scolastiche. E’ iniziato anche il periodo più caldo dell’anno. Se la prima come la seconda ondata del Covid-19 hanno risparmiato il Paese, nulla in confronto a quello che è successo in Italia, la terza si sta rilevando molto più preoccupante. Infatti, se si confrontano i dati, in marzo la media dei nuovi casi settimanali era di 140, mentre oggi siamo a oltre 1.500”.
Dalla Thailandia, dove ha potuto fare ritorno sul finire dello scorso anno dopo alcuni mesi forzatamente trascorsi in Italia, padre Alberto Pensa lancia un grido d’allarme. “Se i casi fino a poche settimane fa erano distribuiti nella zona di Bangkok e al Sud - scrive il missionario di origini liernesi - oggi la zona del Nord del Paese, dove vivo, è quella che registra il maggior numero di contagi. Anche la nostra attività è segnata dalla pandemia. Abbiamo potuto celebrare la Pasqua, pur con le dovute restrizioni: mascherina e distanziamento, ma subito dopo è iniziato il lockdown. Nonostante le restrizioni sui trasferimenti, molti di quelli che lavoravano a Bangkok sono ritornati per vivere qualche giorno in famiglia. Probabilmente ciò spiega l’aumento dei contagi nella nostra zona”.
Parla anche, padre Alberto, dell’anno scolastico che avrebbe dovuto iniziare a metà maggio che ad oggi è già stato posticipato ai primi di giugno. E della vita all’“Holy family catholic centre” di Ban Pong.
“La pandemia si è fatta sentire anche sull’aspetto della vita del Centro - spiega - e infatti con le restrizioni imposte e l’impossibilità di viaggiare quest’anno abbiamo riscontrato una drastica riduzione di arrivi sia di volontari sia di visitatori che giungevano qui per conoscere la nostra realtà e acquistare i nostri prodotti. Grazie al ricavato delle vendite si poteva sostenere parte del Centro, cosa che oggi non è più possibile”.
“Pasqua per noi qui al Centro non era una ricorrenza importante perché cadeva sempre durante le vacanze scolastiche - scrive sempre il missionario, classe 1940 - Le poche persone che rimanevano seguivano i padri nei villaggi. Quest’anno, invece, la chiusura dell’anno scolastico è stata posticipata a metà aprile. Così ho potuto vivere la Pasqua insieme a tutti i bambini, alle ragazze e al personale presenti. Gli altri padri sono andati nei villaggi. Sabato 10 aprile si è svolta la tradizionale festa del “grazie”: commozione, gioia e un velo di tristezza hanno segnato la festa. La giornata non solo ha rappresentato l’inizio delle vacanze estive per i bambini e per le ragazze, ma per sei di loro è anche coincisa con il saluto al Centro, avendo concluso gli anni delle elementari…”.
“La festa - si legge sempre nella missiva di padre Alberto - è proseguita di sera con danze e esibizioni varie, con il saluto delle tre ragazze e dei tre ragazzi, con i loro genitori venuti per l’occasione e culminata con l’abbraccio alla famiglia del Centro. Un papà ha detto: “Sono qui per abbracciare mia figlia che ha terminato la scuola elementare. Ho passato qui 8 anni. Adesso ho qui i miei tre figli”. Un altro papà proveniva da un villaggio protestante. Ha ricordato che le sue sorelle hanno imparato qui a leggere e a scrivere, hanno fatto un buon apprendistato di preparazione alla vita”.
Il missionario spiega che a loro è stato donato un “braccialetto” segno del legame indissolubile che è nato, è cresciuto e continuerà a essere vivo in ricordo della loro seconda famiglia: l’“Holy family catholic centre”.
Poi altre considerazioni del missionario: “E’ sempre un momento emozionante anche se questa giornata è diventata una tradizione. Il sentimento cambia di anno in anno. Ricordo quando questi bambini, accompagnati dai genitori e un po’ impauriti, sono arrivati al Centro. Non ho mai considerato questo momento come un addio, ma un arrivederci: ciò che è stato seminato qui al Centro germoglierà e loro avranno sempre un posto speciale in questa famiglia. Tutti i bambini e parte delle ragazze hanno raggiunto le loro famiglie nei villaggi di montagna. Qui sono rimaste invece le ragazze provenienti dal Myanmar bloccate dalla chiusure delle frontiere a seguito del colpo di Stato avvenuto nel Paese. La situazione è grave e purtroppo ben pochi ne parlano se non durante i primi giorni di scontri”.
Infine i saluti: “Mi auguro di poter condividere presto con tutti voi notizie di altro tenore, con l’augurio che questo tempo di paura e di incertezza, segnato dal buio e dalla sofferenza, possa ritrovare quella luce piena di serenità e gioia”.
Nessun commento:
Posta un commento