Del fondatore dell’Operazione Mato Grosso è stato scritto: “E’ stato un uomo eccezionale. Estroso, sognatore, entusiasta e ottimista. Intelligenza acuta, memoria viva, musico, pittore ma soprattutto educatore, vero figlio di don Bosco”
di Claudio Redaelli
Ha dato avvio all’Operazione Mato Grosso, movimento educativo giovanile capace di far scommettere proprio i giovani sul fronte della carità e della solidarietà, nella ricerca di Dio come senso della vita.
Dalla prima del 1967 a Poxoreo, nel Mato Grosso, le “spedizioni” in Brasile, Bolivia, Ecuador e Perù sono state centinaia, con oltre 600 volontari permanenti in terra di missione: sacerdoti, famiglie, giovani e adulti.
Il riferimento è a padre Ugo De Censi, salesiano, morto a Lima il 2 dicembre 2018. “Sapeva leggere nell’anima - è stato scritto - guardava negli occhi e intuiva il desiderio del cuore perché sapeva ascoltare”.
A lui anni fa era stato dedicato un libro a cura di Ambrogio Galbusera, che nelle pagine introduttive scriveva: “E’ stato un uomo eccezionale, con doti particolari. Estroso, sognatore, entusiasta e ottimista. Intelligenza acuta, memoria viva, musico, pittore ma soprattutto educatore, vero figlio di don Bosco”.
Padre Ugo De Censi era originario di Polaggia di Berbenno, in terra valtellinese, dove era nato nel 1924. Trascorse oltre 40 anni della sua vita in Perù, mentre in Italia ha vissuto per due decenni al Centro salesiano di Arese con ragazzi in difficoltà.
Seppe voler bene a tanti giovani. E non solo. Non a caso tutti si sentivano prediletti da lui per la sua capacità di far sentire il bene a ciascuno in particolare.
Per lui non contavano le opere fatte a favore dei poveri, ma lo spirito che dava una direzione alla vita. E lo dimostrava con la sua stessae sistenza. Seppe dare l’esempio e fu sulla breccia fino all’ultimo.
Si è detto del libro che racchiude le sue riflessioni e i suoi pensieri più significativi. Introducendo proprio quella pubblicazione l’autore affermava che Padre Ugo “è andato dietro alla vita dei ragazzi, ai loro desideri buoni”. E, ancora, che “aveva una grandissima fiducia nei giovani, al punto da fargli dire Non sono io ad aver fatto, tutte le cose le hanno fatte i ragazzi”.
In un discorso a Lima, davanti al presidente della Repubblica, ebbe a dire: “La mia vita è il Perù, la mia patria l’Italia, il mio cuore i ragazzi”. E vivendo sulle Ande padre De Censi fu la guida di un cammino che voleva andare contro la corrente del mondo per arrivare a Dio.
Aveva convinzioni forti. “Si usa troppo il cervello e poco il cuore”, soleva dire. “E la superbia è l’egoismo dell’uomo… Occorre regalare la carità, fino a perdere”.
Per l’ultima pagina del libro su padre Ugo De Censi la scelta era caduta su una sua frase che così recitava: “Pur sentendomi un grande peccatore perché dimentico Dio, nonostante la lunga e bella vita, le tante persone care che mi amano e che amo, sento che la vita non ha alcun senso se alla morte non incontrerò Dio. Per questo solo Dio conta. E perché conti bisogna dargli la vita così, peccatori come siamo”.
Questo era padre Ugo, che scriveva: “Se vuoi educare un ragazzo guardalo con fiducia, ascoltalo con pazienza, preparati a soffrire con lui, aspettalo sempre. Non sarai un buon educatore se non sei ottimista e se non riconosci i tuoi errori”.
Nessun commento:
Posta un commento