L'ex presidente della Canottieri Guzzi: “Ci ha insegnato che con l’impegno, la dedizione e la fatica ogni risultato può essere possibile. Per lui erano importanti la storia e l’amicizia delle persone conosciute praticando il canottaggio”
Giovanni Zucchi con Livio Micheli. |
(C.Bott.) “Pensando a Zucchi sono tanti i ricordi che affiorano nella mia mente. L’ho conosciuto nel lontano 1964 e non posso che partire da quel momento per ricordare il Giovanni, da tutti poi definito “Giuvanon” per l’imponenza del suo fisico. Io, giovanissimo, avevo appena iniziato a frequentare la Canottieri Moto Guzzi come giovane apprendista dello sport del canottaggio. Lui, assieme ai compagni Romano Sgheiz, Fulvio Balatti e Luciano Sgheiz, si stava preparando per la trasferta alle Olimpiadi di Tokio 1964”.
Così Livio Micheli, per lunghi anni ai vertici della gloriosa società remiera mandellese, da lui guidata ininterrottamente dal 1994 al 2019, introduce il suo personale ricordo di Giovanni Zucchi.
“L’immagine di questo giovanottone dall’aspetto imponente, che nelle pause di allenamento saltava la corda con un’agilità fuori dal comune e per tempi che sembravano a me interminabili, mi si è impressa nella mente e non l’ho mai dimenticata - aggiunge - Sono partito da questo ricordo lontano perché ho sempre pensato che la mia passione per il canottaggio si sia generata in quel periodo. Quindi “il Giovanni” è una di quelle persone che hanno contribuito alla nascita di questa mia sana passione verso questo meraviglioso sport. Passione che in epoca più recente mi ha portato a restare all’interno di questa disciplina per oltre un quarto di secolo”.
“In tutti questi anni - osserva sempre Micheli - ci siamo visti spesso e soprattutto di recente, perché a volte lui seguiva il nipote Davide sui campi di gara. Vedere il nipote emulare le gesta del nonno sicuramente lo riempiva d’orgoglio, ma senza mai sbandierarlo. Questo era nel suo stile”.
“La storia agonistica e morale di personaggi come Giovanni - sottolinea ancora l’ex presidente della Canottieri Guzzi - ha rappresentato e rappresenterà sempre un esempio da emulare, perché ci ha insegnato che con l’impegno, la dedizione e la fatica ogni risultato può essere possibile. Per lui il canottaggio rappresentava un mantello che avvolgeva tutti coloro che erano stati compagni e avversari negli anni della sua carriera agonistica. Per ricordare le gesta dei tanti campioni degli anni d’oro della Canottieri Moto Guzzi e della Canottieri Varese, senza dimenticare quelli della “Falck” di Dongo, ogni anno veniva organizzata una rimpatriata di tutte queste glorie che finiva sempre in un fastoso pranzo”.
Poi le ultime considerazioni: “Ho avuto la fortuna di partecipare diverse volte a queste rimpatriate quale presidente della Canottieri Guzzi e credo che Giovanni non ne abbia mai mancata una, a dimostrazione di quanto fossero per lui importanti la storia e l’amicizia delle persone conosciute praticando il suo sport. Era quasi come essere in una famiglia. Negli ultimi anni, sempre più spesso, a queste riunioni conviviali si notava la mancanza di qualcuno che veniva ricordato quasi come fosse ancora presente tra gli amici di sempre. Alla prossima mancherà il nostro “Giuvanon”, ma rimarrà sempre vivo in noi il suo ricordo”.
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