“Anche qui c’è molto da fare. I dati parlano di quasi 320mila morti per il virus e a ciò si aggiungono un grave conflitto razziale causa di scontri e di morti e un forte divario sociale, economico, sanitario e politico”
Suor Laura Canali, originaria di Abbadia Lariana. |
“Vengo a voi dopo un lungo e doloroso anno, con la speranza di trovarvi bene e con accesa la lampada della speranza e della fiducia nel Signore. Per Pasqua non vi ho scritto perché la voce “Covid-19” era tanto forte da occupare ogni spazio della nostra per il timore che esso infondeva. Dopo un’apparente pausa estiva, il coronavirus ha ripreso la sua forza mortale, illuminata ora dalla speranza di un vaccino. Come tutti voi, anch’io ho dovuto cambiare alcune mie attività. Infatti dal 14 marzo io e un’altra sorella siamo state dichiarate “pericolose per la società”, quindi imprigionate in casa. E lo siamo tuttora. Io non sono più andata dai miei amici alla mensa dei poveri di Saint John e alla Banca del cibo di Saint Peter, non più alla messa domenicale e neppure a fare il mio giro settimanale per la spesa della comunità. Solo ultimamente si è aperta una porticina per la messa vespertina del sabato”.
Inizia così la lettera che suor Laura Canali indirizza agli amici in occasione delle festività di fine anno.
Originaria di Abbadia Lariana, classe 1943, dal 1971 nella Società missionaria di Maria, opera dal 2010 a Worcester in Massachusetts, negli Stati Uniti d’America, dopo essere stata nella prima metà degli anni Ottanta anche in Sierra Leone.
“Mi piacerebbe aprire un “blog” - scrive la religiosa, la cui professione solenne risale all’ottobre 1977 - perché tutti potessimo comunicare qualcosa di questa esperienza: paura, ansia, sofferenza, morti, preoccupazione e corse per afferrare l’ultima confezione di disinfettante, di candeggina, di alcool. Insieme a preghiere e suppliche per non essere infettati dal terribile virus. In attesa delle vostre risposte, io inizio... La prima e immediata realtà è stato vedere come il Covid nella sua stretta mortale ha rivelato una grande solidarietà, una generosità capace del dono di se stessi fino all’ultimo respiro, altruismo, condivisione. Per un momento sono caduti muri, barriere, divisioni e razze per lasciare spazio a un’umanità che, colpita da uno stesso male, combatte unita per un unico bene”.
Suor Laura cita poi papa Francesco (“La fraternità è la profonda vocazione dell’umanità… La tragedia mondiale del Covid ci dà la consapevolezza che nessuno si salva da solo, ma che ci si può salvare soltanto insieme”) e osserva che il pontefice intuendo la nostra solitudine e paura si è fatto parroco del mondo con la messa di ogni mattina alle 7 celebrata in Santa Marta, con i suoi messaggi, con l’Angelus della domenica e con il triduo pasquale da piazza San Pietro. “Chi non si è commosso nel vedere la sua figura bianca salire da solo, sotto la pioggia, la scalinata della Basilica? - scrive - La piazza apparentemente vuota conteneva il volto di tutti i colori del mondo: uomini, donne, bambini, bambine, razze e religioni”.
Aggiunge suor Laura: “Un’altra realtà è accorgermi che la vita non si è fermata o ridotta. Dopo un primo momento di silenzio e di sconcerto è ripartita su due piani: quella normale sotto i nostri occhi e quella virtuale, che invisibile e silenziosa è entrata come parte importante della nostra vita quotidiana. Mi fermo alle realtà dove siamo presenti come comunità: la parrocchia “Our lady of providence” e “St. Paul Cathedral” e il Servizio ai poveri. Dopo un primo momento di ripensamento e di riorganizzazione le attività sono ripartite in modo virtuale con i vari mezzi di comunicazione moderna. Abbiamo assistito a celebrazioni eucaristiche, ascoltato, pregato, meditato. A “Our lady of providence” dopo la messa c’era un incontro spontaneo per vedersi e per parlare”.
Poi altre considerazioni: “Sono stati ripresi gli incontri dei vari gruppi parrocchiali. A volte mamme, catechiste e responsabili seguono l’incontro in auto tornando dal lavoro o preparando la cena. E’ ripartita anche la catechesi con la preparazione ai sacramenti. A volte, quando a causa del lavoro la catechista tiene l’incontro verso le 8 o le 9 del mattino, si vedono bambine e bambini spuntare dalle finestrine del cellphone ancora in pigiama. La mensa dei poveri di St. John, che ha visto aumentare di molto i suoi “clienti”, ha continuato il suo servizio mettendo due tende nel parcheggio e seguendo la “social distance”. Così anche la Banca del cibo di Saint Peter, che ha visto quadruplicare il numero delle famiglie. Mense dei poveri e Banche del cibo sono state e sono ancora punti vitali per chi ha bisogno. Ho constatato che il volontariato è la perla più preziosa della cultura americana. Comunque, come in tutto il mondo, anche qui c’è molto da fare. I dati parlano di quasi 320mila morti per Covid. A ciò si aggiungono un grave conflitto razziale causa di scontri e di morti, un forte divario sociale, economico, sanitario e politico. Si calcola che presto ci saranno 50 milioni di persone senza sufficiente cibo né possibilità di curarsi, in particolare le minoranze latino e afro-americane”.
“Mentre noi guardiamo con paura, ansia e preoccupazione quanto sta succedendo in questa grande barca del mondo che tutti ci contiene - scrive sempre nella sua “lettera aperta” la religiosa di Abbadia Lariana - alziamo gli occhi al cielo per avere una risposta. Ed ecco, Dio squarcia i cieli e dal suo cuore di padre manda Gesù, suo figlio. Egli viene e mette la sua tenda in mezzo a noi e ci invita a entrare nella sua casa dove regnano l’amore, la pace e la comunione. Ci libera dalla paura e ci dona la gioia della libertà che si fa coraggio per riprendere il nostro cammino e gettare ovunque i semi della sua presenza, della giustizia e della fraternità universale”.
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