Emanuela Colombo, hair stylist, ci scrive: “Non ho la presunzione di sapere cosa sia giusto e cosa sbagliato. So che esiste un virus feroce e so che non riusciamo a svolgere la nostra professione in serenità”
(C.Bott.) Soltanto una settimana fa, a pochi giorni di distanza dai provvedimenti che decretavano tra l’altro l’inclusione della Lombardia tra le “aree rosse” individuate dal Governo per arginare il diffondersi dei contagi di Covid-19, aveva lanciato - a nome dell’intera categoria - un vero e proprio grido d’allarme, denunciando in particolare l’incongruenza di aver consentito che rimassero aperte determinate attività, tra le quali quella dei parrucchieri, impedendo tuttavia alla clientela non residente nel comune in cui ha sede l’attività stessa di spostarsi, neppure se munita del modulo di autocertificazione. Ora Emanuela Colombo, hair stylist a Lecco, torna a far sentire la sua voce, anche alla luce di alcune novità nel frattempo intervenute. Quella che segue è la sua testimonianza:
E’ trascorsa una settimana e da allora, dopo il mio primo intervento, molti colleghi si sono uniti a noi per sostenerci e combattere la nostra battaglia tutti insieme. In particolare c’è stato l’intervento di Fabio Castagna, parrucchiere, referente per Lecco della Napi, la nuova associazione di categoria.
Questa settimana guardavamo le nostre agende pressoché vuote di appuntamenti e le saracinesche abbassate di alcuni colleghi. Ci siamo sentiti e abbiamo pensato che era arrivato il momento di darci da fare.
Sono stati chiamati sindaci, prefetture, Comuni, politici. Abbiamo fatto interviste ribadendo l’esigenza di poter lavorare con la nostra clientela dei paesi limitrofi e non di altre regioni e neppure di altre province.
Quello che abbiamo ottenuto dalla prefettura è un permesso che dice testualmente: “E’ possibile recarsi anche presso il parrucchiere del comune presso il quale si svolge attività lavorativa... Possono essere altresì raggiunti i parrucchieri che si trovino lungo il percorso già previsto, in occasione degli spostamenti comunque consentiti, cioè quelli determinati da comprovate esigenze lavorative o da necessità, in modo che in caso di controllo da parte delle forze dell’ordine si possa esibire o rendere la prevista autodichiarazione”.
Sicuramente si tratta di un piccolo aiuto, che però a noi non basta. La difficoltà di lavorare c’è, certamente anche a causa della paura che inevitabilmente il Covid incute alle persone.
Già questo comporta un calo del lavoro, ma anche il fatto di non consentire a una persona uno spostamento non necessariamente comprovato da lavoro o necessità per noi è un grandissimo limite. Sarebbe molto più semplice dire: “Si può andare dal parrucchiere, basta avere l’autocertificazione e risiedere in zone limitrofe”. Altre prefetture di altri comuni lombardi hanno dato questo permesso.
Io non ho la presunzione di sapere cosa sia giusto e cosa invece sbagliato. So che esiste un virus feroce e so che non riusciamo a lavorare in serenità. So che siamo aperti e facciamo fatica a lavorare, che non abbiamo diritto ad alcun tipo di aiuto economico e che dovremo rispettare le varie scadenze.
Tutti dobbiamo però ricordare che dal primo lockdown sono passati poco più di 5 mesi e ancora non ci si era completamente rialzati. Iniziavamo forse ora a rimetterci in sesto ed ecco arrivarne un altro!
Io credo sia arrivato il momento di fare le cose bene. Ma, beninteso, da parte di tutti indistintamente: dallo Stato che ci governa, da chi nei comuni è chiamato a prendere decisioni e, non ultimo, da tutti noi cittadini, che a causa di questa anomala situazione forse un po’ di buon senso l’abbiamo perso.
Emanuela Colombo
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