Roberto Azzoni e il ricordo di chi ha perso la vita negli anni della prima guerra mondiale: “Noi siamo chiamati a un compito più semplice, ossia rispettare le direttive e le indicazioni delle autorità sanitarie”
Il monumento ai caduti di Abbadia Lariana. |
Giornata dell’unità nazionale e delle forze armate senza cerimonie pubbliche, ieri anche ad Abbadia Lariana. Quelle che seguono sono le riflessioni del sindaco, Roberto Azzoni, sul senso e sul significato della ricorrenza:
“Come il 31 marzo scorso, giornata dedicata alla commemorazione delle vittime del coronavirus, e come accaduto anche il 25 Aprile, anniversario della Liberazione, ero davanti al monumento ai caduti in solitudine. In tutte queste occasioni la pandemia e il doveroso senso di responsabilità ci hanno imposto di evitare manifestazioni pubbliche per limitare la diffusione del virus e proteggere i nostri genitori, i nostri nonni e tutti coloro che sono più fragili.
Il 4 novembre, anniversario dell’armistizio di Villa Giusti che pose fine al primo conflitto mondiale, si è celebrata la giornata dell’unità nazionale e delle forze armate, ricordando tutti quei ragazzi che hanno perso la vita al fronte. Chiamati a lasciare, magari per la prima volta, il proprio paese per combattere in luoghi sconosciuti, lontani e contro un nemico a loro ignoto.
A quella chiamata quei ragazzi risposero per puro senso del dovere, seppur consci dell’enorme sacrificio che poteva attenderli.
Ora noi siamo chiamati a un compito decisamente più semplice, che è quello di rispettare le direttive e le indicazioni delle autorità sanitarie per superare questa seconda fase dell’epidemia. A loro era stato ordinato di lasciare i propri cari, a noi viene chiesto di stare il più possibile nel nucleo familiare. A loro era stato ordinato di andare lontano, a noi viene chiesto di sportarci il meno possibile.
A loro era stato ordinato di armarsi di fucile, a noi viene chiesto di indossare una mascherina. A loro era stato ordinato di uccidere, a noi viene chiesto di proteggere gli altri, i nostri amici, la nostra famiglia e noi stessi.
Cosa direbbero questi ragazzi di noi se potessero essere qui oggi? Rispettare le regole che ormai tutti conosciamo, proteggendoci a vicenda, è il minimo che possiamo fare per onorare la memoria di quei ragazzi.
Troppi di loro sono morti per la patria, una patria che ci hanno orgogliosamente consegnato: cosa rimane oggi di quel dovere civico?
Un giorno tutto questo sarà un capitolo dei libri di storia. Cerchiamo di guadagnarci il rispetto e la stima delle generazioni future per aver saputo superare, con un forte senso di unità nazionale, questo difficile momento storico”.
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