Massimo Gilardoni con monsignor Luigi Prandi. |
Direttore di cori e da molti anni organista della parrocchia “Sacro Cuore” di Mandello, era legato a don Luigi Prandi da profonda amicizia. Quello che segue è il suo ricordo personale del sacerdote morto nella notte tra domenica e lunedì all’età di 79 anni.
Ho stretto amicizia con don Luigi Prandi 10 anni fa, quando mio padre Renzo morì in seguito a un grave incidente stradale. Ricordo che, con mia sorpresa, prese la parola alla fine del funerale per raccontare alcuni aneddoti passati da bambino con mio papà a Crebbio, o al Roccolo di San Giorgio, e per ricordare di quando lo vedeva passare quasi giornalmente da Vassena in bicicletta.
Da allora abbiamo trascorso anni in cui non sono mancati momenti di grande “divertimento”.
Ricordo i numerosi pranzi da “Orestino” sul lungolago di Lecco, oppure le visite a casa sua dove mi riceveva con i “famosi” zoccoli di legno (quelli che si usavano una volta). Mi chiamava a suonare in alcune “lunghe” celebrazioni a Vassena, ma alle critiche proprio sulla durata delle sue cerimonie non badava e andava avanti per la sua strada.
Il canto, poi, era parte di lui. In più occasioni mi chiese di registrargli (ancora su cassetta) alcune melodie per impararle e intonarle nelle varie funzioni religiose.
Altra sua passione era l’incenso usato con tanta abbondanza da arrivare a impedire la visuale o a dare problemi per cantare, ma anche su quell’aspetto don Luigi andava avanti per la sua strada.
Per il 50° anniversario di ordinazione sacerdotale feci parte dei numerosi ospiti che invitò dapprima per la messa dalle suore a Perego e successivamente al ristorante a Onno: fu una giornata memorabile, organizzata e ben gestita come fosse un banchetto nuziale.
Lo invitai, su autorizzazione di don Pietro Mitta, anche a celebrare la messa annuale per Santa Cecilia con i vari cori e lui venne volentieri anche a mangiare la pizza una volta terminata la cerimonia. Tra un racconto e l’altro ricordo quello di quando fu imprigionato per una notte, molti anni fa. Non si poteva non ridere, quando raccontava in modo eclatante, e forse aggiungendo anche qualche particolare di troppo, questi aneddoti. Insisteva perché gli dessi del tu, ma non ci sono mai riuscito.
Alcuni vicari del Sacro Cuore di allora mi scherzavano e lo facevano passare come se fosse mio “zio”, considerata la passione comune per il canto e per le celebrazioni.
La sua auto era riconoscibile e simile alla mia, come modello e per come era “conciata”. Ricordo quando andammo in Duomo a Como per vedere il presepe con statue ad altezza naturale che aveva regalato alla Cattedrale. Dopo pochi chilometri gli chiesi di poter guidare. Don Luigi mi disse: “Non ti fidi?”. Ma mi lasciò il posto.
Negli ultimi due anni le nostre strade si erano un po’ allontanate per vari motivi, ma io ricordo (e ricorderò sempre) le nostre risate spontanee.
Massimo Gilardoni
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