L’ex insegnante e dirigente scolastico mandellese interviene dopo la diffusione della foto scattata in una scuola primaria di Genova
La foto che ritrae gli alunni di una classe di una scuola primaria di Genova in ginocchio. |
La foto che ritrae gli alunni di una classe della scuola primaria “Maria Mazzini” di Genova in ginocchio intenti scrivere usando le sedie in sostituzione dei banchi promessi e non ancora arrivati ha fatto il giro dei social ed è divenuta virale.
L’episodio in questione ha ispirato una serie di riflessioni ad Adriana Lafranconi, mandellese, per lunghi anni insegnante, ex dirigente scolastico e cultrice di pedagogia presso l’Università degli studi di Bergamo, che ha inviato al dirigente scolastico dell’istituto ligure, professor Renzo Ronconi, lo scritto che di seguito pubblichiamo, che riporta considerazioni di interesse generale per il mondo della scuola.
Gentile collega, questa mattina su diversi quotidiani nazionali figurano la notizia e la foto di bambini in ginocchio sul pavimento, curvi a lavorare sulla seduta delle seggiole, nella scuola primaria “Maria Mazzini” dell’istituto che lei dirige (dal 1° settembre, come lei ha precisato nel comunicato alle famiglie che ho letto sul sito della scuola).
Da persona che ha a lungo insegnato nella scuola primaria e concluso il proprio percorso nel ruolo di dirigente scolastico, mi sono interrogata sulle ragioni di questa scelta. “Ingenuità, errore, non strumentalizzazione” sono le sue valutazioni in merito, che ho letto direttamente su una sua comunicazione o riportate dalla stampa.
Le credo. Nel profilo del dirigente scolastico non c’è infatti spazio per le strumentalizzazioni, di nessun genere. Se ci sono problemi, in un Paese democratico come il nostro lo strumento principe è la denuncia: puntuale, razionale, impietosa, se necessario, condotta nelle sedi opportune. In ogni caso, le scelte di un dirigente scolastico devono evitare di penalizzare gli allievi della cui crescita si condivide la responsabilità, insieme, in primis, alle loro famiglie.
Se è vero, come ho letto, che era questione di ore, che l’arrivo dei banchi è previsto per oggi, l’ingenuità emerge in tutta la sua consistenza. Era proprio il caso di correre il rischio di finire sulla cronaca nazionale per questo motivo? Non si poteva, infatti, non immaginare che qualcuno avrebbe diffuso la notizia.
Adriana Lafranconi |
Ma l’ingenuità, l’errore, soprattutto in un periodo come quello che stiamo vivendo, possono capitare, al di là delle migliori intenzioni e dell’impegno assunto. Chi ha passato una vita nella scuola lo sa bene. Ciò che più mi ha colpita e che mi ha spinta a scriverle, è il tipo di errore commesso: non una scelta contingente sbagliata, a cui si può abbastanza facilmente rimediare, ma l’errore pedagogico che ho respirato in questa situazione.
Nei mesi passati e ancor più nelle ultime settimane abbiamo potuto ascoltare la preoccupazione di chi, genitore di buon senso o esperto dell’educazione, segnalava il rischio di ridurre la scuola a un problema, tra gli altri, di banchi monoposto, con le rotelle.
Non intendo ovviamente sminuire l’importanza di arredi funzionali alla sicurezza e, personalmente, ho molto apprezzato i colleghi di tanti istituti che durante l’estate hanno provveduto a far ricavare banchi monoposto da quelli biposto già in dotazione della scuola, o che li hanno fatti costruire a spese dell’istituto, ricorrendo ad imprese del territorio: una scelta più ecologica, più economica, che può aver contribuito all’identità della scuola stessa.
Errore pedagogico perché non si è capito che il primo giorno di scuola, atteso con speranza, avrebbe dovuto restare nel ricordo dei protagonisti, in primis gli alunni, come un’esperienza gioiosa del ri-trovarsi. Errore pedagogico perché chi crede che per fare scuola un giorno sia necessario scrivere sul quaderno o disegnare sull’album mostra di non avere contezza di quanto si possa imparare dall’esperienza diretta.
Penso ad esempio, in questo momento, a una scuola che ha scelto di accompagnare i bambini di prima nell’esplorazione del territorio attorno all’edificio, dove i piccoli hanno scoperto scritte che hanno saputo interpretare sulla base del contesto, tornando a casa con un incremento di autostima, dicendo: “Sappiamo già leggere!”. O a quelli che sono andati a raccogliere elementi della natura con cui confezionare un dono per i compagni che li avevano accolti con gesti di affetto.
Correggere questo errore, purtroppo, potrebbe essere più impegnativo, più lungo, più costoso per tutti. In questi mesi abbiamo potuto leggere voci di autorevoli pedagogisti, anche lontani fra loro a livello culturale o ideologico, che avevano invitato dirigenti scolastici e insegnanti a far tesoro della difficile contingenza per riscoprire il valore dell’ascolto degli allievi, delle loro emozioni, di un’organizzazione più flessibile della scuola, volta a rispondere alle diverse esigenze formative degli allievi, di una didattica attiva, della scuola outdoor…
Ancora una volta, purtroppo, stiamo dimostrando quanto sia difficile per la scuola costruire sinergie. Due settimane fa si sono celebrati i 150 dalla nascita di Maria Montessori. Ieri, in un’aula della sua scuola primaria, si è scelta la soluzione, pur momentanea come lei scrive, di far mettere in ginocchio dei bambini per lavorare sul piano di una sedia. Scuola primaria che addirittura ha, al suo interno, proprio un intero corso Montessori.
Sul sito dell’istituto ho letto la relazione del Gruppo di lavoro per la riapertura della scuola, composto da insegnanti e da rappresentanti: il focus è sul distanziamento, sulle porte e sui tempi di ingresso differenziati, sugli arredi. Con questa prospettiva, non si è stati diversi dalla ministra Azzolina: si è ridotta l’esperienza scolastica a un problema di arredi.
Per discutere certe scelte ministeriali occorre mostrare di possedere altri sguardi, altre ali, per volare e vedere oltre. E in questo, certamente, un dirigente scolastico dovrebbe poter contare anche sulla collaborazione e sulla progettazione originale degli insegnanti.
Il mio augurio è che dalla sofferenza derivante dall’immagine dei bambini in ginocchio sul pavimento possa nascere un rinnovato impegno di innovazione pedagogico-didattica, non solo per la scuola “Mazzini” che lei dirige ma per la scuola tutta del nostro Paese. Allora, la scritta “Ridateci la scuola” nell’homepage del sito dell’Istituto Castelletto cesserebbe di essere mero slogan per ispirare la ricerca di un’esperienza scolastica carica di senso pedagogico.
Con comprensione
Adriana Lafranconi
Concordo pienamente, purtroppo la speranza che questa situazione potesse aprire qualche spiraglio per una scuola più viva, si sta tramutando in timore che l'emergenza possa portare a più severe rigidità.
RispondiEliminaCome il divieto per gli alunni di parlarsi, di giocare in giardino (paradossale), di cantare gli auguri ad un compagno... temo nuove regressioni.