07 settembre 2020

Maria Beatrice Stasi: “Un’emozione grande quell’udienza privata da Papa Francesco”

Il direttore generale del “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo in Vaticano con una rappresentanza dell’ospedale in prima linea nella lotta alla pandemia

Maria Beatrice Stasi (prima a sinistra) in Vaticano con Simonetta Cesa e Fabio Pezzoli.


(C.Bott.) Ha vissuto in prima linea l’emergenza coronavirus. E l’ha vissuta anche in prima persona, essendo stata a sua volta contagiata dal Covid-19. Maria Beatrice Stasi, dal 1° gennaio 2019 direttore generale dell’ASST “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo dopo aver ricoperto dal 2016 al 2018 lo stesso ruolo all’ATS della Montagna a Sondrio ed essere stata in precedenza direttore generale dell’Azienda ospedaliera Valtellina e Valchiavenna, quel nemico invisibile l’ha insomma conosciuto molto da vicino.

Lo scorso mese di marzo i primi sintomi, gli accertamenti del caso, il tampone e la positività. E la scelta obbligata di isolarsi da tutto e da tutti. Lei nella sua casa di Calolziocorte - dove abita dal 1984, dove aver vissuto a Mandello con i genitori, con i fratelli Gino, Franco e Nino e con la sorella Laura - suo marito a Lierna.

Era l’inizio della terza decade di febbraio quando al “Papa Giovanni” di Bergamo venne ricoverato il primo paziente positivo al coronavirus. Tempo poche ore e Maria Beatrice Stasi, attiva nel settore della sanità pubblica fin dai primi anni Novanta, istituì l’unità di crisi. Ben 450 letti vennero “trasformati” per dedicarli proprio ai pazienti Covid e l’ospedale orobico arrivò ad avere oltre 90 posti di terapia intensiva occupati da persone contagiate dal virus.

Settimana dopo settimana, angoscia dopo angoscia, l’emergenza sanitaria è stata fortunatamente lasciata alle spalle. Ma nulla poteva (né doveva) essere dimenticato. Allo stesso modo Maria Beatrice Stasi non potrà mai cancellare dai propri ricordi l’udienza privata con Papa Francesco a cui ha avuto l’onore di presenziare sabato scorso in Vaticano.


 

Con lei c’erano il direttore sanitario Fabio Pezzoli, che aveva seguito ogni fase di attività dell’unità di crisi e che aveva a sua volta contratto il virus, e Simonetta Cesa, responsabile delle professioni infermieristiche e sanitarie (infermieri, operatori tecnici e sanitari, personale riabilitativo) e artefice con il suo staff del grande lavoro svolto per allestire i reparti Covid e per la formazione del personale destinato al trattamento dei pazienti bisognosi di ossigeno. Lei stessa aveva vissuto personalmente l’esperienza del coronavirus.

Con loro una delegazione dell’istituto ospedaliero “Fondazione Poliambulanza” di Brescia, altra terra toccata molto da vicino dalla pandemia, e una rappresentanza dei protagonisti dell’asta sportiva solidale “We Run Together” lanciata dallo stesso pontefice il 20 maggio scorso con un’udienza e un videomessaggio. All’iniziativa, il cui obiettivo non era soltanto raccogliere fondi ma anche testimoniare la possibilità di uno sport che sia davvero solidale e inclusivo, avevano partecipato oltre 150 atleti, molti dei quali con disabilità, e numerose squadre e società sportive internazionali. E in Vaticano c’era pure Manuela Olivieri, moglie di Pietro Mennea, il velocista campione olimpico dei 200 metri a Mosca 1980, morto nel marzo 2013.


 

Il Papa ha ringraziato il personale degli ospedali “Papa Giovanni XXIII” e “Fondazione Poliambulanza” per il loro servizio, svolto come detto in prima linea, nella lotta contro il Covid-19.

A tutti i partecipanti all’udienza Papa Francesco ha fatto personalmente dono del libro Mettersi in gioco, che raccoglie i pensieri del pontefice sullo sport, in segno di ringraziamento per l’opera svolta e per aver sostenuto l’iniziativa benefica, oltre che come testimonianza per rilanciare uno sport che sia realmente inclusivo e solidale.

“E’ stata un’emozione grande incontrare Papa Francesco - è il commento di Maria Beatrice Stasi - e la giornata di sabato 5 settembre rimarrà per sempre scolpita nella mia memoria”.

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