Un legame forte, anche se durato pochi anni, quello del presidente della
Aprilia con la Casa dell’Aquila di Mandello Lario
Ivano Beggio, scomparso nel marzo 2018. |
di Claudio Bottagisi
“Sono d’accordo, Moto Guzzi ha un’anima che le altre
moto non hanno. Le altre sono belle, colorate, accattivanti, scattanti, ma soltanto
la Guzzi si può chiamare… moto. Prende l’anima e lo fa conquistandoti per
sempre, come una bella donna. E’ viva ed è fedele, un amore che passa da nonno
a padre, da padre a figlio. Quelli che non la amano è perché non la conoscono,
non ne conoscono le vittorie i fasti, i tormenti passati e i pregi attuali. Non
ne hanno colpa, solo non sanno che è ed è stata come il tricolore: un simbolo,
una scuola, un prodigio per l’Italia nel mondo intero”.
Quello appena riportato è soltanto uno dei commenti
che si sono accompagnati al servizio dedicato alla recente pubblicazione
dell’autobiografia postuma di Ivano Beggio, il presidente della Aprilia
scomparso nel 2018 all’età di 73 anni.
Al suo nome, come noto, si legano alcuni anni della
storia della Moto Guzzi, acquisita nel 2000 dalla casa motociclistica di Noale che,
fondata nel 1945, dalla fine del 2004 fa parte del Gruppo Piaggio.
Un percorso imprenditoriale, quello di Beggio, che è
dunque passato per qualche anno anche attraverso il cammino dell’azienda lariana.
E numerosi sono appunto i commenti positivi sull’Aquila di Mandello. “Ho avuto
una Griso - scrive un lettore - e sono stati 50.000 chilometri di goduria. E’
vero, le Guzzi hanno un’anima che si fa sentire. Poi ho avuto Ducati, Honda,
Suzuki e ora una stupenda Aprilia Caponord, ma nessuna mi ha dato le stesse
sensazioni della Guzzi”. E un altro: “Io ho una Norge 1200 del 2006 con 120.000
chilometri e me la tengo. Sali in sella e te la godi... pure da ferma”.
E ancora: “Dopo tante giapponesi, per i miei 60 anni
mi sono regalato una V85TT. Era stato amore a prima vista e adesso è passione
pura! Mai provato niente del genere e non tornerò più indietro. Viva la Moto
Guzzi”.
Significativo anche questo commento: “Come far capire
cosa si provava a girare con una Le Mans 1000? Una moto con un motore
straordinario, un’evoluzione di altre motociclette provate negli anni. Una
passione che non si spegne neppure ora… Che altro dire? C’è un vuoto in me per
non aver continuato a coltivare questa passione cedendo alle avversioni della
vita. E’ quasi come aver tradito...”.
E questi altri tre: “Ho una Guzzi 750 i.e. Tutte le
volte che la uso per itinerari in montagna rimango estasiato. Che moto
fantastica!”. “Da quando, qualche anno fa, è entrata in me, tutto il resto è
sparito. Non avrò mai un’altra moto che non sia una Guzzi”. “Per me, dopo tanti
scooter, è arrivato il tempo della prima moto. Ho girato per acquistarne una e
ne ho viste e provate tante, ma quando sono salito sulla V85 TT ho provato qualcosa di
indescrivibile. Quando si mette in moto, quel rumore unico e inconfondibile è
una goduria”.
Un altro guzzista ha scritto: “Ho tre “ragazze”: una
California, una V 50 Monza e un V7 III Special. Tutto ciò grazie a quegli gli
uomini che hanno creduto e sentito che Moto Guzzi non è soltanto… una moto ma
qualcosa di speciale. Qualcosa che non può essere spiegato ma provato e chi possiede
una Guzzi sa di cosa sto parlando”.
Positivi anche i giudizi su Beggio. Uno, su tutti: “Un
grande uomo prima di essere un grande industriale. Metteva il cuore al primo
posto e non il portafoglio, vittima di un mondo di pirati…”.
“Concordo pienamente con le tue riflessioni - gli fa
eco un altro lettore - Ho iniziato a vendere Aprilia nel 1975 e ho avuto un
bellissimo rapporto con il signor Ivano. L’ultima Aprilia l’ho venduta nel 2018
ma dal 2000 le cose erano peggiorate, non per colpa di Beggio ma di alcuni suoi
più importanti manager… Onore a lui, alla sua signora e ai collaboratori
onesti”.
Che quello con la Guzzi dell’imprenditore originario
di Rio San Martino di Scorzè, nel Veneziano, sia stato un legame forte, anche se
durato pochi anni, lo dimostrò del resto quanto ebbe a scrivere Goffredo
Puccetti sul sito Internet dell’associazione “Anima guzzista” nel marzo di due
anni fa, all’indomani della scomparsa del manager.
“Ivano Beggio - affermava - si presentò così:
attaccandosi la scritta Anima guzzista addosso. Fu amore a prima vista. Noi
eravamo quelli difficili, quelli complicati, i “talebani” dicevano, appioppando
ad Anima guzzista uno dei soprannomi più idioti e fuorvianti che si siano mai
visti. Beggio, però, capì la passione e l’amore per la Moto Guzzi e per
Mandello che ci animava e ci cercò: in conferenza stampa, presentando quella
che sarebbe stata la gamma completamente rinnovata. Si raccomandò: “Dove sono
quelli di Anima guzzista? Ecco, li vedete i modelli nuovi? Guardate che roba!
Scrivetelo, sul vostro sito: Ce la stiamo mettendo tutta!”.
E
più avanti: “Chi c’era alle "Giornate mondiali Guzzi" del 2002 sa di cosa parlo:
orgoglio di possedere una Guzzi, condivisione, passione e speranza. Speranza
per un nuovo corso che avrebbe finalmente smosso le acque. Ci credevamo tutti,
l’aquila sarebbe tornata a volare. Eravamo allibiti, senza parole… Finché durò,
fu vero amore.
Non
durò molto. Bastarono le prime scelte di marketing poco attento alla storia del
marchio per fare incrinare il cristallo delle nostre speranze”.
Poi
la beffa finale con la crisi di Aprilia, che non cancellò la stima nei
confronti di Beggio. Scrisse ancora Puccetti: “Ricordiamo il capo d’impresa che
si presenta al raduno in moto, che grida: “Datemi fiducia, ho l’anima guzzista”.
Ecco, io ricorderò questo, di Ivano Beggio. Si innamorò della Guzzi perché
amava davvero le moto. Se ne innamorò come si innamorò delle corse, di Biaggi,
di Rossi, di Capirossi e di tutti i grandi che Aprilia ha lanciato nel
motociclismo”. Poi il commiato: “Addio Ivano, quella poca strada fatta insieme
non la dimenticheremo”.
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