Armando Dellamano, Mandello 2007. |
(C.Bott.) Interrogato da un dipendente su cosa
fosse per lui il motocarro e sul perché avesse deciso di metterlo in
produzione, Carlo Guzzi rispose: “Ho fatto i motocarri perché sono su tre
piede”. E aggiunse: “Prendi un tavolino e fallo a quattro gambe, l’è mai fermu. Se lo fai con tre piedi è
sempre fermo. Su un terreno irregolare non ci sono mai quattro punti di
appoggio. E visto che il motocarro deve andare dappertutto, non solo in posti
lisci e piani o roba del genere, su tre punti appoggia sempre”.
L’aneddoto
è descritto nelle pagine introduttive del volume Le tre ruote d’oro - Storia del motocarro Guzzi pubblicato dall’Associazione
culturale “Luigi Scanagatta” di Varenna nell’estate 2011 in occasione dei 90
anni dell’Aquila, fondata come noto nel 1921.
Per
la Casa motociclistica di Mandello Lario
è ora alle porte il centenario e nell’anno che precede appunto quello storico
traguardo piace ricordare come oggetto di quel libro fu un prodotto del marchio
Guzzi che fino ad allora non era stato oggetto di una trattazione specifica,
ossia appunto il motocarro. Eppure, come si leggeva in premessa e come si
potrebbe dire anche oggi, “quel validissimo strumento di lavoro non è ancora
andato definitivamente in pensione perché non pochi esemplari continuano a
svolgere egregiamente il loro compito”.
Giuseppe Moioli, Mandello 2011. |
Il
volume, alla cui realizzazione aveva collaborato l’Archivio comunale della
memoria locale di Mandello, propone numerose fotografie d’epoca di un mezzo
che, a partire dal 1928, ha contribuito a semplificare, alleggerire e snellire
i compiti di molti lavoratori, sostituendo in taluni casi la trazione… animale.
“Dall’epoca
dell’impresa coloniale d’Etiopia a quella della seconda guerra mondiale - si
affermava in premessa - dunque all’incirca da metà anni Trenta a metà anni Quaranta,
faranno la loro comparsa anche modelli destinati a impieghi militari e, dopo la
fine del conflitto, il motocarro sarà prodotto in diverse varianti ancora per
un buon numero di anni”.
Le tre ruote
d’oro - Storia del motocarro Guzzi si proponeva di far conoscere un mezzo
che ha accompagnato le vicende del Paese nel corso dei decenni, svolgendo in
particolare un ruolo prezioso durante la ricostruzione post-bellica. Il volume
era altresì un omaggio alla vitalità dell’azienda lariana, al prestigio tecnologico
raggiunto dalla stessa in campo internazionale e alla trasformazione operata
nei confronti del territorio.
Spazio allora alla storia del motocarro, seguita dalla
presentazione - con tanto di scheda tecnica - dei vari modelli prodotti dalla
Guzzi, dal mototriciclo tipo 107 al veicolo da montagna 3x3 (o “mulo
meccanico”) realizzato nel 1961 in poco più di 200 esemplari, fino ai prototipi
di motocarri mai entrati in produzione.
Alessandro Compagnoni, Mandello 2008. |
Simpatica
la testimonianza di Adriano Valpolini riportata in una delle pagine conclusive
del volume: “Il motocarro aveva un silenziatore ma faceva comunque rumore -
spiegava il mandellese - quindi c’era anche un piattello. Andavo io alla
“Lafranconi silenziatori” a prenderli a fasci. Il piattello aveva attaccato un
filo che arrivava fin davanti… Una volta si è ammalato il motocarrista della
nostra ditta e mio papà, poco pratico, è andato fino a Milano. Arrivato ad
Arcore è stato fermato da un vigile che gli ha contestato l’inquinamento
acustico! “Perché inquinamento acustico?”, chiese mio padre, che intanto
cercava il “manettino” per chiudere il piattello. Il vigile, vedendolo
trafficare, gli disse: “Se vuol chiudere il tubo di scarico, il manettino è di là”. Il motore dello Sport 15 girava a
un regime molto basso e faceva un rumore particolare, per cui la barzelletta
era questa: lo Sport 15 fa un giro, un colpo di motore a ogni paracarro. Puf,
puf…”.
Significativa,
poi, la considerazione finale degli autori: “Chi ha seguito questo nostro viaggiare
tra ricordi e testimonianze non faticherà a capire perché tra la gente di
Mandello il motocarro fosse considerato quasi come “uno di famiglia”, in quanto
tale da trattare con cura”.
Luigi Alippi, floricoltura Abbadia Lariana 2010. |
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