Carlo Mauri, classe 1930, morto il 31 maggio 1982. |
Così
il lecchese Renato Frigerio, appassionato di alpinismo e in generale di
montagna, introduce il ricordo di Carlo Mauri, classe 1930, del quale oggi ricorre l'anniversario della morte.
In
segno di affettuosa riconoscenza e per l’amicizia che li legava al “Bigio” alcuni
tra i fondatori del gruppo alpinistico lecchese dei Gamma dedicano a Carlo
Mauri il sentito ricordo che di seguito pubblichiamo:
“Tanti
sono ancora i “sopravvissuti” che l’hanno avuto come compagno di arrampicata, o
che ne sono stati semplicemente allievi in ogni senso. A 38 anni dalla
scomparsa, Mauri vive negli occhi e nel cuore dei lecchesi, come fosse soltanto
assente per una delle sue spedizioni di montagna o di esplorazione. Quante
volte ne abbiamo salutato la partenza e poi siamo rimasti a lungo senza sapere più
nulla di lui ma per nulla preoccupati, tanta era l’abitudine di sapere che la
sua lontananza da Lecco si sarebbe conclusa con un rientro vittorioso.
Forse
non ci aspettiamo più di rivederlo, adesso, ma la sua figura e il suo
atteggiamento non sono ancora ricordi sbiaditi per noi che l’abbiamo conosciuto
e amato. E ora che il tempo ha inevitabilmente attutito il dolore per la sua
perdita, ci sembra di rivederlo innanzi a noi ancora più nitidamente e, man
mano che rammentiamo tanti particolari della sua vita e del suo carattere, ci
accorgiamo di conoscerlo anche di più, in modo sempre più profondo.
Un
uomo come lui non può essere dimenticato. Lo si può invece perdere - e lo può
perdere, purtroppo, proprio la sua città - quando i ripetuti ricambi
generazionali avranno preso il sopravvento. Se scriviamo di lui è perché ci
preme che ciò non avvenga, o almeno speriamo che ciò non accada.
Un'immagine della mostra dedicata a Carlo Mauri allestita nel 2013 a Lecco. |
Perdere
a Lecco il ricordo di Carlo Mauri significherebbe impoverire la città. Non sono
tanto le sue tappe di mitico alpinista o di intrepido esploratore a fare di lui
il personaggio che ha affascinato più di una generazione. Mauri si è imposto
per una personalità rara, di quelle che non lasciano indifferente nessuno e che
fanno sentire fortunato chi vi può attingere.
A
lui ci si avvicinava la prima volta con curiosità o con l’ambizione di poter
poi raccontare agli amici: “Ho parlato con il Bigio”. Troppo grande era la sua
fama di alpinista, di conquistatore leggendario della montagna. Ma dopo aver
parlato con lui, soprattutto dopo averlo sentito parlare, ci si rendeva conto
che in lui l’alpinista era soltanto la punta dell’iceberg: quanto c’era dietro
era una forza tutta da scoprire. Dalla sua prorompente carica di simpatia e cordialità
traspariva la sua profonda sensibilità e la sua umanità.
Il
suo racconto di avventurose conquiste era il modo per richiamare a sé e per far
comprendere agli altri che l’obiettivo che contava, nell’affrontare e nel superare
le pareti più strapiombanti e pericolose, non era il risultato atletico in se
stesso ma la gioia di scoprirsi ogni volta diverso. Quando scalare diventava
più difficile, per lui quello era il momento in cui la volontà e la fede divenivano
gli elementi capaci di sovrastare i muscoli e la forza fisica.
Dall’entusiasmo
con cui contagiava chi lo stava ad ascoltare mentre narrava delle sue scalate,
non ci voleva molto a comprendere che per lui l’alpinismo era il mezzo per
realizzarsi e esprimere la carica spirituale che gli esplodeva dentro, come lo
è la musica o la pittura per un artista. E ciò spiega come niente potesse
fermarlo e come mai si adattò alla resa, nemmeno quando gli si abbatterono
addosso le ben note tremende situazioni che avrebbero stroncato chiunque non
fosse stato sorretto da quella luce interiore che lui possedeva.
Questo
spiega anche la sua continua, progressiva maturazione, che gli consentì di
approdare senza problemi a obiettivi nuovi e diversi, costretto da una
disgrazia che lo menomava fisicamente. Ma non fu forse nemmeno una costrizione
quella che a un certo punto lo portò ad aprirsi verso la conoscenza di
un’umanità diversa da quella che è divenuta la nostra, contrassegnata dal progresso
e da una civiltà imposta.
Un’umanità
che trovò subito più vera e più consona al suo animo di eterno ragazzo: e che
lui trovò nei popoli primitivi che andò a conoscere nell’impervia Amazzonia, o
nel deserto dell’Australia, o nei piccoli villaggi che incontrò nel suo lungo
viaggio sulle orme di Marco Polo.
Affascinato,
ne esaltò in modo convinto il permanere intatto delle virtù umane e scoprì in
esse tradizioni e costumi per nulla inferiori ai nostri. La conoscenza, sempre
più approfondita, di quei popoli e di quelle razze gli ispirò sentimenti di
fiducia, di tolleranza, di simpatia e di amore verso l’uomo in genere. Da qui è
breve il passo per arrivare al desiderio e all’impegno personale, perché quei
sentimenti potessero diffondersi senza alcuna limitazione. Lo si legge nelle
pagine del suo diario: “Le barriere tra gli esseri umani sono destinate a
cedere, ma non basta scambiare i prodotti o attraversare le loro terre per
capire i nostri simili. Perché le barriere cadano è necessario capire e per
capire occorre affrontare l’uomo, formatosi in civiltà diverse dalla nostra,
con tolleranza, con amore e desiderio di comprenderlo”.
Disgrazie,
malattie, rinunce forzate sono stati gli “ingredienti” che hanno dominato la
seconda parte della vita di Carlo Mauri. Ancora una volta siamo di fronte a un
aspetto incomprensibile del destino, ma se riteniamo che nella storia dell’uomo
il caso si può scrivere anche a lettere maiuscole allora non ci può sembrare
strano che il “Bigio” abbia accolto anche questo “caso” amaro, accettandolo
senza ribellione e facendone un mezzo per la sua crescita personale.
Chi
più di altri gli è stato vicino fino agli ultimi giorni ha potuto avvertire il
senso quasi sacro di questa crescita, che si manifestava nella sua ampia
apertura verso l’uomo, nella sua ferma fede negli ideali di onestà, di
amicizia, di valorizzazione della cultura, della tradizione, della religione:
proprio quegli ideali che sembrano smarriti nel tempo del trionfo
dell’interesse materiale e del vano apparire.
Di
Carlo Mauri ci rimane l’immagine di un uomo dallo sguardo limpido e forte, aperto
e semplice, come quello rivelato dagli occhi di chi la sua ricchezza l’ha nel
cuore.
Vorremmo
allora che queste righe contribuissero a conservare in tutti i suoi
concittadini il suo prezioso ricordo e costituissero uno stimolo a conoscerlo più
a fondo, per scoprirlo nella sua reale grandezza”.
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