Eugenio Finardi durante il suo concerto mandellese dell'aprile 2016. |
(C.Bott.) Un inno a coalizzarsi e al diritto alla
dignità, ma anche un invito a cambiare qualcosa prima che sia davvero troppo
tardi. Nei giorni in cui esce Milano
chiama, il nuovo singolo di Eugenio Finardi, costretto come tutti a fare i conti in questi ultimi
mesi con l’emergenza conseguente alla pandemia da Covid-19, non può non tornare
alla mente il bel concerto che il cantautore milanese tenne quattro anni fa al “De
André” di Mandello, gremito in ogni ordine di posti.
Era
infatti il 22 aprile 2016 e Finardi entusiasmò la platea del
teatro comunale dal primo all’ultimo brano, la conosciutissima Musica
ribelle, seguito peraltro da una serie di bis. Tra Non voglio esser
solo, che aveva aperto il concerto, e la canzone-manifesto contenuta nel
disco Sugo che esattamente 40 anni prima l’aveva consacrato nel
panorama della musica italiana, una serie di brani dal suo album Fibrillante
del 2014, la bellissima Non è nel cuore dall’album Diesel del
’77 e Dolce Italia del 1987.
Poi,
nella seconda parte della serata, altre canzoni contenute in Sugo, tra
cui La radio, Voglio e Oggi ho imparato a volare.
Eugenio
Finardi aveva già suonato e cantato molti anni prima a Mandello. E il cantautore
l’aveva sottolineato prima di dare inizio al concerto. “Me lo ricordo bene
- aveva
detto - perché a casa ho ancora il fazzoletto della Moto Guzzi. Mandello è uno dei miei luoghi del cuore, anche perché
io ho avuto un solo motociclo ed era un Dingo GT della Guzzi”. “Mio padre poi aveva una casa a Madesimo - aveva aggiunto
- e così da qui
passavo ogni volta che salivamo verso la Valchiavenna”.
Un
omaggio a Prince, dopodiché Finardi - oggi sessantasettenne e il cui concerto era stato preceduto
da un’esibizione del chitarrista Franco Giaffreda, docente
alla Project Rock School di Mandello - aveva continuato a raccontarsi in musica
e a regalare emozioni.
Finardi sul palco del "De André" di Mandello. |
Milano chiama è un brano
carico di energia, permeato da un mix di poesia, rabbia e ironia. “Dopo i primi
difficili giorni, quando si è capito che l’isolamento sarebbe stato lungo e
straniante - ha avuto modo di dichiarare Finardi - mi sono messo a studiare il
software e, dopo mille errori e cento videochiamate, sono finalmente riuscito a
registrare in maniera decente la traccia vocale”.
“Mai
come in questo momento - sono sempre parole dell’affermato cantautore - siamo
costretti a restare in quiete, ascoltando questo oceano di silenzio. Questo
brano è un canto di battaglia e di speranza per ripartire con ancora più forza
e lottare perché tutto non sia più come prima”.
La bandana della Moto Guzzi gliela regalò mia moglie Alida che ha lavorato li per 33 anni.
RispondiEliminaRicordo che presentò un libro e ci raccontò che col Dingo andò fino all ' isola di Wight