13 aprile 2020

Una mamma, Emanuele e quell’istituto dove a parlare sono i gesti di affetto e solidarietà

Chiara, mandellese, racconta le giornate di suo figlio quindicenne a “Villa Santa Maria” di Tavernerio
(C.Bott.) Soltanto nella primavera del 2018 da un questionario sulla customer satisfaction sottoposto alle famiglie dei pazienti assistiti dal centro, specializzato nella cura e riabilitazione di bambini e ragazzi affetti da autismo e patologie neuropsichiatriche, era emerso un livello di soddisfazione ancora più alto rispetto a quello, già molto positivo, registrato l’anno precedente. E in quasi la metà dei parametri presi in considerazione per valutare la qualità del servizio si era arrivati a sfiorare il massimo dei voti.
Il riferimento è all’istituto “Villa Santa Maria” di Tavernerio e quella che segue è la significativa testimonianza che ci giunge da Mandello. A inviarcela è Chiara. Un testo dove la speranza e la positività prevalgono sulla paura e sulle legittime preoccupazioni. Ecco, di seguito, la sua riflessione:
Ho un figlio di 15 anni, ma sembra un bimbo di 7. Vive in un istituto a Tavernerio da oltre 2 anni ed è affetto da una malattia genetica rara. Ha un comportamento di tipo autistico, tra le altre complicanze, ma l’istituto che lo ospita è una realtà che funziona molto bene e che da subito ha messo in atto tutte le misure necessarie per salvaguardare la salute, già così precaria, dei piccoli ospiti che abitano lì.
Niente visite esterne, niente uscite nei week-end. Soltanto videochiamate e tutti noi genitori abbiamo da subito, con molta fatica a livello emotivo, assecondato le richieste della direzione sanitaria per non ostacolare in nessun modo il lavoro già assai complicato degli operatori dell’istituto.
Emanuele è un ragazzino che se potesse vivere all’aperto 24 ore al giorno lo farebbe, ha un rapporto di panismo vero con la natura nella quale si mescola e si immerge, in maniera quasi simbiotica. Ha sempre sofferto quando abitava con noi, nelle giornate di maltempo invernale, quando doveva restare in casa  e passava il tempo incollato alla finestra del soggiorno  a osservare la vita al di là di quel vetro....
Chissà cosa prova adesso, lui che non capisce perché il suo livello cognitivo gli impedisce di ragionare, di comprendere, di chiedere... Lui che non mi vede da più di un mese e quando facciamo la videochiamata sorride e dice “Adesso arriva la mamma...”.
Sicuramente gli manchiamo, e nonostante tutto l’amore che riceve dai meravigliosi operatori che lo assistono pensa alle nostre giornate in auto alla ricerca di un treno che passa, di un aereo nel cielo o di un surfista... Per fare al tappa al Mc-Drive e ordinare semplicemente “il solito” ( tanto i ragazzi ci conoscono e sanno cosa vogliamo) prima di fare ritorno all’istituto.
Eppure, nonostante la sua patologia così complicata, so che è abbastanza bravo e che, dopo un periodo iniziale di forte malessere e disagio, ora ha capito che deve anche lui “stare a casa”…
Chiara

Nessun commento:

Posta un commento