Maria Beatrice Stasi, direttore generale dell'ASST "Papa Giovanni XXIII" d Bergamo. |
Ha vissuto e sta vivendo tuttora in prima linea
l’emergenza coronavirus. E l’ha vissuta (qui fortunatamente il verbo può essere
coniugato soltanto al passato) anche in prima persona, essendo stata a sua
volta contagiata dal Covid-19.
Maria Beatrice Stasi, dal 1° gennaio dello scorso anno
direttore generale dell’ASST “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo dopo aver
ricoperto dal 2016 al 2018 lo stesso ruolo all’ATS della Montagna a Sondrio ed
essere stata in precedenza direttore generale dell’Azienda ospedaliera
Valtellina e Valchiavenna (dopo esserne stata commissario straordinario e,
prima ancora, direttore amministrativo), quel nemico invisibile che da quasi
due mesi sta cambiando la vita di ogni italiano l’ha conosciuto molto bene. E
l’ha combattuto… sul campo.
Erano i primi giorni di marzo quando lei ha accusato i
primi sintomi. Gli accertamenti del caso, il tampone e la positività. E la
scelta obbligata di isolarsi da tutto e da tutti, familiari compresi. Lei nella
sua abitazione di Calolziocorte - dove vive dal 1984, l’anno delle nozze - suo
marito a Lierna, su quel ramo del lago a cui Maria Beatrice Stasi è rimasta
particolarmente legata avendo vissuto a Mandello Lario con i genitori e i
fratelli Gino, Franco e Nino e la sorella Laura appunto fino all’84.
Niente più trasferte quotidiane a Bergamo per tre
settimane ma spazio allo smart warking, naturalmente alternato alle cure per
guarire dal Covid-19 e poter riprendere la normale attività e tornare… in prima
linea. Proprio come quando, all’inizio della terza decade di febbraio, al “Papa
Giovanni” di Bergamo era stato ricoverato il primo paziente positivo al
coronavirus. Nessuna esitazione. Già il giorno dopo - era il 22 febbraio - Maria
Beatrice Stasi, attiva nel settore della sanità pubblica fin dai primi anni
Novanta, aveva istituito l’unità di crisi. Iniziava la battaglia.
“Certo - dice il direttore generale, madre di un
figlio che vive in California e che lavora alla Apple - eravamo e siamo ancora
oggi in trincea!”. “Nessuno può e deve dimenticare che Bergamo e la sua
provincia sono stati l’epicentro del contagio. Dal 21 febbraio ad oggi i
pazienti Covid ricoverati al “Papa Giovanni” sono stati 1.723 e nei giorni
della massima emergenza abbiamo avuto 110 accessi in Pronto soccorso di
pazienti che necessitavano di ossigeno. Abbiamo trasformato 450 letti per
dedicarli proprio ai pazienti Covid e siamo arrivati ad avere 92 posti di
terapia intensiva occupati da persone contagiate dal virus. E quando si fa
riferimento alla terapia intensiva credo si possa parlare del reparto più
grande in Europa”.
L’ASST del capoluogo orobico guidata da Maria Beatrice
Stasi - che ha costruito gran parte della sua carriera all’Asl di Lecco, dove
ha lavorato dal 1999 al 2009 ricoprendo vari incarichi dirigenziali - ha 4.600
dipendenti e gestisce come detto l’ospedale “Papa Giovanni XXIII” in città,
quello di San Giovanni Bianco in Val Brembana e l’ospedale da campo allestito
temporaneamente dall’Ana alla Fiera di Bergamo, oltre a numerosi servizi
sanitari territoriali: hospice, consultori, Sert, servizi psichiatrici, uffici
invalidi, servizi vaccinali, sanità penitenziaria e medicina dello sport.
“Lo ribadisco, eravamo in trincea”, osserva sempre il
direttore, che però aggiunge: “Sempre dal 21 febbraio ad oggi abbiamo anche
fatto nascere oltre 300 bimbi ed effettuato alcuni trapianti”.
Maria Beatrice Stasi in una foto che la ritrae in famiglia con mamma Giovanna, i fratelli e la sorella. |
Ma come è stata e come viene gestita l’emergenza
coronavirus? “Penso di non sbagliare e di non peccare di presunzione - risponde
- dicendo che è stato fatto tutto ciò che era umanamente possibile fare, pur
tra complesse difficoltà dal punto di vista organizzativo per gestire questa
delicata fase. Torno a dire che per Bergamo e il suo territorio si è trattato
di un’emergenza clamorosa, che non so se sia stata compresa fino in fondo da
tutti. Del resto è pur vero che per avere l’esatta percezione di ciò che stava
accadendo devi essere sul posto. Ed essere, lo ribadisco, in prima linea”.
Ha ricevuto, Maria Beatrice Stasi, le telefonate del
premier Giuseppe Conte, del capo del Dipartimento della Protezione civile,
Angelo Borrelli, e di Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente del
Senato. “C’è stata nei nostri confronti una grande campagna di solidarietà -
afferma sempre il direttore generale - e ad esserci particolarmente vicini con
gesti concreti sono stati, tra gli altri, anche i tifosi dell’Atalanta.
Ma ora che i numeri parlano anche in Lombardia di un
allentamento della morsa del contagio occorre guardare alla cosiddetta “fase
2”. “E per pensare a quando e a come ripartire - non esita a dire Maria
Beatrice Stasi - occorre ascoltare chi si occupa della salute delle persone,
dunque i medici e gli scienziati. Lasciamo che siano loro a decidere e non
diamo retta alle sirene economiche! I dati degli ultimi giorni sono
incoraggianti perché la gente è rimasta a casa, ma è innegabile che la
ripartenza non potrà che essere graduale e che sarà indispensabile, almeno per
un po’, riorganizzare la nostra vita. Poi, più avanti, sarà tempo di bilanci e
di ripensare a ciò che è stato fatto”.
Già, di riavvolgere il nastro e di ricordare quando si
era in trincea. Per sconfiggere il nemico invisibile, il Covid-19.
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