Anche
Varenna ha ricordato oggi la liberazione dal nazifascismo con una cerimonia
privata ma particolarmente sentita. La
commemorazione si è svolta con la collaborazione del gruppo comunale di
Protezione civile e della sezione Alpini di Varenna presso la Montagnetta di
Fiumelatte. Lì, il mattino dell’8 gennaio 1945, mentre venivano tradotti alla
questura di Como sei partigiani furono uccisi dagli uomini della
Brigata nera.
A
venire fucilati furono i partigiani Carlo
Bonacina (nato a Lecco il 15 agosto 1921, partigiano della 55.ma Brigata
Garibaldi “F.lli Rosselli”), Ambrogio
Inverni (nato a Bellano il 14 dicembre 1914), Giuseppe Maggi (nato a Lecco il 2 aprile 1924), Virginio Panzeri (nato a Lecco il 1 gennaio
1924), Domenico Pasut (nato a Mandello
Lario il 10 ottobre 1922) e Carlo
Rusconi (nato a Vendrogno il 12 novembre 1920), tutti appartenenti alla 55.ma
Brigata Garibaldi “F.lli Rosselli”.
Nel
suo intervento il sindaco di Varenna, Mauro Manzoni, si è soffermato sul sacrificio di molti per la libertà di tutti,
un sacrificio che si rinnova ancora oggi nei gesti di altruismo e dedizione di
tanti uomini e donne.
Ecco,
di seguito, il testo del suo intervento: “Anche
quest’anno ci ritroviamo alla Montagnetta per celebrare l’anniversario della
Liberazione dal nazifascismo, avvenuta proprio 75 anni fa. Questo luogo ci è
così caro proprio perché qui, l’8 gennaio 1945, sei partigiani originari di
Bellano, Lecco, Mandello e Vendrogno vennero barbaramente uccisi. La Resistenza
si è manifestata anche qui a Varenna e il sangue di questi giovani, ricolmi di
sogni e di ideali, è stato sparso per la libertà di tutti.
Il loro
sacrificio ha consentito a noi tutti di assaporare la piena libertà: il loro
nobile gesto e quello di migliaia di altri come loro, che oggi in tutta Italia
vengono commemorati, hanno gettato le basi per la ricostruzione dell’Italia
repubblicana e democratica.
Il dovere di non
dimenticare, oltre a renderci consapevoli che il prezzo della nostra libertà
viene da lontano e ci è stato donato gratuitamente, ci riempie di orgoglio e ci
sprona a spenderci anche noi per le comunità in cui viviamo.
Quest’anno
viviamo questa giornata in modo particolare. L’emergenza della pandemia da coronavirus
ci ha fatto sperimentare la mancanza di libertà, il doverci limitare nelle
effusioni di affetto, nei movimenti, nei basilari rapporti sociali. In modo
incruento (per fortuna almeno qui a Varenna), abbiamo compreso cosa significhi
essere limitati nella nostra vita quotidiana e costretti da qualcosa di infinitamente
piccolo come un virus a minare ciò che pensavamo scontato e conquistato per
sempre, a doverlo rimettere in discussione, anche se soltanto per un periodo
limitato.
In alcuni versi
di una sua recente poesia Mariangela Gualtieri, intitolata "Nove marzo
duemilaventi", così si esprimeva: "E’ portentoso quello che succede. E c’è
dell’oro, credo, in questo tempo strano. Forse ci sono doni. Pepite d’oro per
noi. Se ci aiutiamo. C’è un molto forte richiamo della specie ora e come specie
adesso deve pensarsi ognuno. Un comune destino ci tiene qui. Lo sapevamo. Ma
non troppo bene. O tutti quanti o nessuno".
L’espressione
“comune destino” usata dalla poetessa la comprendiamo oggi in tutta la sua
forza e verità: abitiamo tutti lo stesso piccolo pianeta, un puntino
nell’Universo e nulla, nel nostro mondo globalizzato, ci dovrebbe apparire
distante da noi, estraneo alle nostre vite. Esempio eloquente è l’emergenza
climatica che presto condizionerà la vita di milioni di persone se non si vorrà
in modo serio imboccare vie virtuose per noi e le generazioni che verranno.
Ora dobbiamo
guarire le ferite, come dopo la Liberazione: un lungo cammino ci attende. Ciò
che accomuna gli uomini di ieri e di oggi è l’aiuto reciproco, il camminare
insieme. “Se ci aiutiamo” troveremo “pepite d’oro” ad attenderci: non solo
l’agognata e giustamente desiderabile ripresa economica, ma i gesti di
altruismo, bontà, dedizione (fino a dare la vita) di tanti uomini e donne
“senza volto” che in questa pandemia hanno fatto brillare più che mai l’umanità
che avevamo dentro.
A tutti i resistenti
di ieri e di oggi, grazie!”.
La
commemorazione è proseguita con le note del Silenzio
e la deposizione della corona presso la lapide che ricorda i partigiani caduti,
per concludersi con una preghiera da parte del parroco di Varenna, don Carlo
Lucini.
La
cerimonia è stata sostenuta anche dall’Anpi provinciale lecchese con una
lettera scritta dal presidente, Enrico Avagnina, e trasmessa in diretta Facebook,
per promuovere ulteriormente la partecipazione di tutta la cittadinanza a
questa ricorrenza.
Nessun commento:
Posta un commento