Gianbattista Baronchelli nel giardino della sua casa ad Arzago d'Adda, nella Bergamasca. |
“La
conversione non si può descrivere. Per me è racchiusa in una data, il 4 aprile
2011. Alle 4.30 di quel mattino mia madre è andata in cielo e la mia vita si è
ribaltata. Così oggi auguro a chiunque
di provare quello che io ho vissuto, perché quando hai il Signore hai tutto.
Lui tante volte ci dà dei segni, ma non sempre sappiamo coglierli”. Era il febbraio
2016 e Gianbattista Baronchelli, campione di ciclismo degli anni Settanta e
Ottanta, ospite d’onore di una cena solidale a Casa don Guanella di Lecco, parlava
così di quella che lui stesso non aveva appunto esitato a definire la sua…
conversione. E aggiungeva: “La vera felicità è fare qualcosa per gli altri,
perché ti eleva”.
Nel
suo albo d’oro ci sono più di 90 vittorie. Tra queste il Giro di Lombardia
del 1986 (“Sono partito quando mancavano
due chilometri all’arrivo e non mi hanno più ripreso”, aveva raccontato in
quella stessa serata lecchese), un altro “Lombardia” vinto nel ’77, sei Giri
dell’Appennino e varie classiche del ciclismo italiano tra le quali il Giro del
Piemonte, il Giro dell’Emilia, il Giro del Lazio, la Coppa Placci e il Trofeo
Baracchi in coppia con Francesco Moser, oltre a un indimenticabile secondo
posto ai Mondiali su strada del 1980, unico tra gli azzurri in gara in quella
corsa iridata a tenere il passo di Bernard Hinault fino al penultimo giro,
quando il campione francese staccò tutti arrivando al traguardo con poco più di
un minuto di vantaggio proprio su Baronchelli.
Una
carriera prestigiosa, insomma, coronata da quella che il “Tista” - come da
sempre lo chiamano amici e tifosi - non esita a definire la sua più grande
vittoria, quella conquistata come detto all’alba di quel giorno di inizio
aprile di nove anni fa. “Quando si trova la strada giusta - aveva sottolineato
il campione, nativo di Ceresara in provincia di Mantova, usando una metafora
non a caso legata al mondo dello sport - non bisogna più perderla”.
Gianbattista Baronchelli in maglia rosa al Giro d'Italia. |
Adesso,
nella sua casa ad Arzago d’Adda, poco meno di 2.800 abitanti in provincia di Bergamo,
Baronchelli affronta la “clausura” imposta dall’emergenza sanitaria che si sta
accompagnando su tutto il territorio nazionale ai contagi da Covid-19. E al
centro delle sue riflessioni vi è anche in questo caso la religione. E la
scelta, risalente ormai a oltre un mese e mezzo fa, di impedire ovunque le
celebrazioni eucaristiche e ogni altro rito alla presenza dei fedeli.
“Una
decisione difficile da comprendere - dice l’ex corridore - perché a essere
sincero non riesco a capire come si possa togliere la messa, che è in assoluto
il cibo per lo spirito, e al tempo stesso consentire alle persone di uscire per
andare ad acquistare le sigarette”.
“Non
vorrei - aggiunge - che ai vertici delle gerarchie ecclesiastiche qualcuno
abbia smarrito… la fede. La mia è certamente una provocazione, ma davvero fa
male non potersi accostare ai sacramenti e appunto non poter partecipare di
persona alle celebrazioni liturgiche”.
“Questa
terribile pandemia - osserva sempre Baronchelli - necessita di un vaccino per
essere vinta e la scienza, prima o poi, lo troverà. Ma sono convinto che anche
alla scienza sia indispensabile la fede. Tutto ciò che la ricerca scopre di
fatto esiste già, ma con l’aiuto di Dio determinati risultati si
raggiungerebbero prima e, di conseguenza, si uscirebbe prima da questa
situazione”.
Nonostante
l’emergenza, per Gianbattista Baronchelli (secondo al Giro d’Italia del ’74
alle spalle del “cannibale” Eddy Merckx, terzo alla “corsa rosa” del ’77 e
ancora secondo l’anno successivo) questo è comunque un tempo sereno. “Ho
scoperto, o per meglio dire riscoperto il gusto di vivere a 360 gradi la mia
casa, il mio giardino, i campi, il piacere di stare all’aria aperta. Poi il
bello di potermi dedicare a una serie di lavori tipo togliere i sassi dai campi
e seminarvi il granoturco, per la gioia… dei corvi! E tutto ciò gratuitamente,
solo ed esclusivamente per il piacere di farlo”.
“Nel
giardino di casa - spiega sempre l’ex corridore, che ha lasciato l’attività professionistica
nel 1989 e che in seguito ha continuato per qualche tempo a gareggiare nella
mountain bike - ho fatto lavori molto utili, tipo tinteggiare i muri, togliere
e sistemare il porfido nel piazzale, tagliare l’erba, potare piante e cespugli,
il tutto con il canto degli uccelli per sottofondo in una primavera fin qui
soleggiata”.
Baronchelli a Casa don Guanella di Lecco nel febbraio 2016 con don Agostino Frasson. |
“Vedere
i fiori che sbocciano - aggiunge - le api indaffarate a svolgere il loro prezioso
e addirittura indispensabile lavoro è bellissimo… Non posso tuttavia non
pensare a quelle famiglie che hanno perso un loro caro a causa dell’offensiva
di questo nemico invisibile. E non posso non pregare per loro. Ciò che sta
accadendo, inutile nasconderlo, è peggio di una guerra e gli effetti negativi
li constateremo soltanto negli anni a venire”.
L’ultima
riflessione di Baronchelli è un appello e si lega ancora alla sua grande fede:
“Ridateci per favore l’Eucaristia - chiede l’ex campione - Ridatecela, vi
supplico”.
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