Via Mazzini a Mandello. |
A memoria non ricordo, nel recente passato, una tornata elettorale nella quale non figurasse, all’interno dei diversi programmi elettorali, la promessa di una particolare attenzione e promozione dei vecchi nuclei. La riqualificazione di Molina ne è un tangibile e lodevole esempio, a tal punto che i suoi abitanti si sono costituiti in associazione e promuovono simpatiche e seguite iniziative.
Insomma
Molina “caput mundi”, con buona pace di altre realtà che sono state dimenticate
e mortificate dall’assoluta mancanza di interventi. Mi riferisco - e non a
caso, perché ci abito - a via Mazzini, importante collegamento pedonale
protetto tra via Dante e Maggiana.
Uno
scorcio breve ma che meritava e merita più attenzione. Il suo fondo stradale è
un rattoppo di diversi asfalti a tratti diventati buche, tombini e piastre di
ferro che solo Iddio sa cosa coprono. Per non parlare delle cicche di sigarette
e delle cacche dei cani, testimonianze di una crescente mancanza di senso
civico certamente favorito dalle condizioni di abbandono cui la via viene
lasciata.
Senso
civico che per fortuna non manca a qualche residente, che sempre più spesso
vedo “armato” di secchio e paletta per un utilizzo che non gli competerebbe ma
che gli fa certamente onore.
Uno
scorcio, via Mazzini, dove molti hanno riqualificato le facciate e gli ingressi
delle loro case e che oggi si trovano, unitamente a quanti la percorrono, a
schivare moto e motorini. Sì, perché in assenza di qualsivoglia controllo e pur
in presenza di una chiara se non vistosa segnaletica di divieto di transito, la
via viene percorsa quasi con senso di sfida.
La
presenza di uno storico negozio di fiori e, da qualche anno, anche di un ristorante
testimonia la voglia di “vivere” di via Mazzini, i cui abitanti sperano ancora
in un’attenzione fin qui negata. Ma tra poco si aprirà la campagna
elettorale e allora speriamo che dalle chiacchiere, inevitabili nell’occasione,
si passi finalmente ai fatti.
Anche
Motteno potrebbe veder nascere la propria associazione e così recuperare, con
essa, la sua storia.
Francesco Maria Silverij
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