Don Giuseppe Morstabilini, da sacerdote a infermiere all'ospedale di Busto Arsizio. |
In
aprile, subito dopo Pasqua, avrebbe dovuto partire per lo Zambia e raggiungere in
quella terra nel Sud dell’Africa, al confine con il Mozambico e lo Zimbabwe, la
diocesi di Monze. A fine ottobre 2019 aveva ricevuto in Duomo il mandato di Fidei donum dall’arcivescovo di Milano,
monsignor Mario Delpini, ma il diffondersi dei contagi di Covid-19 l’ha
costretto a modificare i suoi piani e a rivedere, almeno fin tanto che si
protrarrà l’emergenza, i suoi progetti.
Un
colpo di scena imprevedibile e non facile da accettare per lui che l’Africa l’ha
da sempre nel cuore. Don Giuseppe Morstabilini, 44 anni, in quel continente ci
è stato già quattro volte e tutte e quattro le volte in Camerun. Aveva fin qui
vissuto ogni viaggio con gruppi di giovani interessati a conoscere la realtà
della missione e di ritorno aveva scritto: “Bastano poche ore per capire che
vivere lì significa rincorrere ogni giorno una speranza. E il più delle volte
raccogliere una sconfitta”.
“Perché
vado in Africa?”, si chiedeva poi il sacerdote. Che a se stesso, forse prima
che agli altri, dava questa risposta: “Per vocazione”. Aggiungendo: “Potrei
fare tutte le riflessioni che voglio, ma se parto per la missione è perché il
buon Dio mi ha chiamato”.
Don
Giuseppe, nativo di Cassago Brianza, è l’ultimo di undici fratelli e i suoi
genitori sono originari di Gromo, in Alta Val Seriana. Un suo fratello - Mario,
55 anni - è a sua volta sacerdote ad Albizzate, in provincia di Varese, e una
sorella è suor Giovanna, dirigente scolastico dell’Istituto Santa Giovanna
Antida di Mandello.
Partenza
per l’Africa rinviata, si è detto. E allora don Giuseppe, dal 2012 vicario parrocchiale
a Novate Milanese, ha deciso che non poteva rimanere ad aspettare che
l’emergenza coronavirus divenisse un ricordo. Ha ricordato il suo passato di
infermiere che, prima della vocazione e appunto della sua ordinazione
sacerdotale datata 2004, l’aveva visto svolgere un periodo di tirocinio in
ospedale a Merate, per poi essere assunto presso una struttura ospedaliera di
Costa Masnaga.
Ha
chiesto all’arcivescovo Delpini di poter tornare a esercitare quella sua
professione per affiancare i medici e il personale sanitario messi così a dura
prova dalla battaglia contro questo nemico invisibile ma così insidioso.
Il
permesso gli è stato accordato e così da qualche giorno il sacerdote è tornato
a vestire la divisa di infermiere, a indossare guanti e mascherina e ha preso
servizio presso l’ospedale di Busto Arsizio. Una risposta sul campo, la sua, di
fronte alla “chiamata alle armi” dei camici bianchi per la creazione di una
“task force” contro l’epidemia. E così per don Giuseppe il passo da sacerdote a
infermiere è stato incredibilmente breve. Aspettando il giorno della partenza
per la “sua” Africa.
Che vicenda meravigliosa. Mi sono commossa. Il Signore suscita tanto bene nel cuore dei suoi figli,nel cuore di chi lo ama. Grazie
RispondiEliminaAffidiamoci a Gesù che piange e soffre con noi.
RispondiEliminaL'esempio concreto della Vita donata a chi ti sta accanto e soffre !!!
RispondiEliminaGrazie per tutto quello che stai facendo e per quello che farai
EliminaGrazie!!!!!!
RispondiEliminaLa tua missione è ammirevole
Ancora un esempio meraviglioso x i nostri ragazzi, caro Don. L'insegnamento più grande che potevi dare a chi ha già conosciuto la tua fede e il tuo Farsi Prossimo. Ci siamo così rammaricati per la tua partenza, ma ora capiamo che il Signore aveva un disegno più grande per te. Grazie. Daniela, Edo e Tommy.
RispondiEliminaChe Il Signore Ti protegga.pregheremo per Te!
RispondiEliminaI sacrifici per il bene fatto al prossimo il buon Dio li ripaga sempre
RispondiElimina