Don Filippo Macchi, vicario a Mandello dal 2006 al 2012. |
di Claudio Bottagisi
Da
fine gennaio è in Mozambico e in terra africana si appresta ad avviare una
nuova collaborazione missionaria nella diocesi di Nacala, retta dal vescovo
Alberto Vera Aréjula.
Già
nel 2013, un anno dopo aver lasciato la parrocchia “Sacro Cuore” di Mandello
dove era stato inviato nel 2006 dopo la sua ordinazione, don Filippo Macchi -
in seguito vicario a Maccio di Villaguardia e successivamente a Grosio, in
provincia di Sondrio - aveva motivato la sua scelta e la sua
disponibilità a partire. “Serenamente - aveva spiegato il sacerdote - mi sono
guardato intorno, mi sono guardato dentro e mi sono detto che se non lo faccio
ora non lo farò probabilmente mai più”.
Ad
accompagnare don Filippo, 39 anni, verso la sua nuova destinazione sono stati
il direttore del Centro missionario diocesano, don Alberto Pini, e don
Alessandro Zubiani, compagno di messa dell’ex vicario del “Sacro Cuore” e
parroco di Delebio, parrocchia natale di padre Giorgio Giboli, il missionario
comboniano che li ha accolti al loro arrivo in Africa.
Don Filippo con il vescovo Oscar Cantoni. Sulla destra, i genitori del sacerdote. |
La
diocesi di Nacala dove don Filippo, originario di Gemonio, svolgerà il suo
ministero è una realtà estesa per 26mila chilometri quadrati nel Nord-ovest del
Mozambico, con una popolazione di poco inferiore ai 3 milioni di abitanti, il
41% dei quali di religione cattolica. Le parrocchie sono 24, con meno di 30
preti e poco più di un centinaio tra religiosi e religiose.
Tra
le riflessioni contenute nel sussidio per la Quaresima 2020 predisposto dal
Centro missionario diocesano tre, compresa quella della domenica di Pasqua,
portano la firma proprio di don Filippo. In quella del Giovedì della Settimana
santa il sacerdote scrive: “Vivi ciò che
insegni, raccomanda il vescovo a ogni nuovo diacono. Cristo, sacerdote
eterno ma anche primo diacono della sua Chiesa, prima di sedersi ha fatto il
giro della tavola, si è passato ventiquattro piedi sporchi tra le mani e così
ha dato l’esempio”.
“Ci
ha fatto vedere come si fa - scrive sempre don Filippo - perché lo facessimo
anche noi… Ma noi siamo peccatori, diciamo ma non facciamo, tentiamo ma non
riusciamo, ci abbassiamo in ginocchio ma non fino ai piedi del fratello…
Abbiamo fame e abbiamo bisogno di Lui e ogni giorno torniamo a quella mensa.
Per riprovare, ogni giorno, a camminare al suo passo e così scoprirci santi,
una caduta dopo l’altra”.
Don Filippo con padre Giorgio Giboli (al centro) e don Alberto Pini in Mozambico nell'agosto 2019. |
E
nella riflessione del Venerdì santo don Filippo scrive: “Alle porte di un
santuario nascosto nel cuore dell’Africa, con la tecnica coloniale delle
ceramiche colorate, è stata riprodotta una grande crocifissione. Da una parte
Cristo guarisce e insegna ai discepoli, sullo sfondo la città di Gerusalemme.
Dall’altra, i missionari curano malattie e portano il Vangelo alla gente
africana, ai piedi delle montagne del Nord del Mozambico. Piantati al centro
della storia e del mondo, hanno sembianze nere il Cristo crocifisso, la Madonna
addolorata e il discepolo amato”.
E
più oltre: “Come spesso accade quando ci si congeda, egli affida loro allo
stesso tempo un incarico e una compagnia: preoccupati di lui, servilo e amalo
come un figlio, così lui sarà sempre con te e ti amerà come una madre. E’ anche
un segno di fiducia: non finisce qui, non siete soli, questa famiglia non si
spezzerà”.
Nella
sua testimonianza per la domenica di Pasqua, poi, don Filippo osserva: “Cristo
vive e ti vuole vivo. E’ risorto anche per te, c’è frutto anche per te. Chi ha
ricevuto questa notizia diventa missionario, lo dice e lo grida a tutti. Dal
mattino di Pasqua in poi ogni martire per fede e per amore non è solo, sa come
va a finire, sa che non è finita. E se sei pronto a servire per amore, sei seme
che cade in terra, che muore e produce molto frutto”.
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