Il vescovo di Como, monsignor Oscar Cantoni. |
“Cari fratelli e sorelle, vi raggiungo, la più parte
di voi nelle vostre abitazioni, in una situazione insolita, determinatasi all’improvviso
nel nostro ambiente a causa del coronavirus e con grande rincrescimento, dal
momento che non possiamo essere convocati per la liturgia nelle nostre comunità
parrocchiali. Della
nostra chiesa in questo particolare momento dovremmo avvertire una profonda
nostalgia, che dice il nostro legame a una comunità di fede, fatta di persone
concrete che oggi, più sensibilmente che in altre occasioni, riconosciamo come
la nostra famiglia. Di
solito i cristiani accorrono numerosi, il primo giorno di Quaresima, nelle
chiese per l’imposizione delle ceneri, un segno che non ha perso il suo
significato pregnante anche nel nostro ambiente di vita. Questa sera celebriamo
a porte chiuse nella nostra cattedrale, ma siamo vicini, gli uni gli altri, con
un affetto solidale, soprattutto con le persone più provate. Anche a nome di
tutti i nostri sacerdoti vi esprimo affetto, vicinanza e solidarietà”.
Inizia così l’omelìa del vescovo di Como, monsignor
Oscar Cantoni, nella messa del Mercoledì delle Ceneri, primo giorno di
Quaresima.
“Anche se in forma un po’ atipica -
aggiunge il prelato - l’appello alla penitenza, alla preghiera e alle opere di
carità che ci rivolge la liturgia di questo Mercoledì delle ceneri è comunque
sempre attuale, è valido ovunque noi ci troviamo, perché scuote le coscienze di
ciascuno e tutti sono chiamati a aderirvi in modo personale. La conversione al Dio vivente è
innanzitutto un appello individuale e tuttavia è anche
un richiamo comunitario. E’ tutta la comunità cristiana invitata a convertirsi,
cioè a diventare quello che è chiamata a essere: sposa santa del Signore, senza
macchia né rughe. Lo diventerà nella misura in cui ciascuno di noi si sarà
impegnato a vivere secondo il Vangelo, in maggiore fedeltà e coerenza con Gesù,
nostro maestro e modello di vita”.
Poi
altre riflessioni: “Siamo chiamati
alla preghiera. Questa sosta forzata nelle nostre case è un’occasione in più
per fare della nostra famiglia una piccola chiesa domestica. Oggi non ci sono
scuse da addurre. C’è il tempo necessario per rivolgersi verso l’alto, pregare
insieme, magari con il Rosario o con i testi della parola di Dio del giorno e
pensare a Dio, troppe volte dimenticato, per imparare a vivere da figli, nella
consapevolezza che Egli è sempre con noi, veglia su di noi con amore paterno,
anche in occasioni limite, come quella che oggi attraversiamo”.
“Siamo invitati in secondo luogo all’elemosina
- aggiunge monsignor Cantoni - ossia a curvarci sugli altri, a prendercene
cura, vivendo relazioni belle e vere, a iniziare dai nostri familiari, condividendo
i pesi e le sofferenze. Troviamo il tempo per guardare i volti dei nostri
figli, bambini e giovani, come i volti degli anziani che sono tra noi. Facciamo
della nostra famiglia, nella nostra abitazione, una
scuola di amore, un esercizio di gratitudine per il dono della vita e per il
tanto bene ricevuto. Senza dimenticare quanti stanno peggio di noi, magari
interessandoci dei nostri vicini”.
E
un’ultima considerazione: “Infine la
Quaresima ci impone con il digiuno di guardarci dentro, per liberarci dalle
troppe cose a cui siamo tanto attaccati ma che ci distolgono dall’essenziale,
da tante realtà che ci inducono a vivere per ciò che passa, per ciò che è
effimero e si scioglie come una bolla di sapone, per ciò che è mondano e
anestetizza il cuore. Dovremmo fare tesoro della lezione che proviene da questi
giorni difficili per tutti e vincere il demone della sfiducia e della
rassegnazione per fissare lo sguardo su ciò che resta.
Dio, anche in questo frangente, non si stanca e non
si stancherà di darci una mano. Ritorniamo
quindi al Signore, prendiamo la via dell’amore e abbracceremo la vita che non
tramonta”.
Nessun commento:
Posta un commento